fra
la classe ricca appoggiata dai militari e i guerriglieri
di sinistra che reclamavano diritti per il popolo in miseria.
In
questa difficile situazione, Mons. Romero ha scelto di
annunciare il Vangelo in maniera semplice e diretta, stare
dalla parte dei poveri, ma nel contempo dialogare con
tutti perché si sentiva il pastore di tutto il
suo popolo.
Erano
fatti pressoché quotidiani sequestri di persone,
uccisioni di catechisti, sparizioni di persone. In questo
clima si assisteva a violenza da ambedue le parti.
Mons.
Romero ha rifiutato sempre ogni violenza, da qualunque
parte provenisse. La scelta di stare dalla parte dei più
deboli e poveri è stata trasformata o vista da
alcuni come scelta politica di sinistra o come accettazione
di metodi violenti.
Mons.
Romero afferma pubblicamente in una sua omelia radiotrasmessa:
"Stiamo con quelli che subiscono torture. Il Signore
dia loro la forza e che sappiano perdonare. La violenza,
da qualunque parte viene si trasforma in oltraggio, è
riprovata da Dio nostro signore, non la può benedire".
E
ancora in un'altra omelia:
"La Chiesa ci provoca perché predica questo
regno di amore, di libertà che inizia dalla libertà
dal peccato. Altrimenti viene la violenza e la violenza
come ha detto il papa non è ne evangelica ne cristiana.
Il cristianesimo non giustifica mai la violenza.
C'è una violenza istituzionalizzata e una violenza
di risposta. Gesù non approva né la prima
né la seconda violenza. Il Figlio dell'uomo non
è venuto a perdere ma a salvare.
La violenza cui ci chiama il Signore è quella su
noi stessi: il distacco da tutto. La violenza da fare
a se stessi è quella di non essere mai contenti
in mezzo alle mediocrità della vita. È la
violenza per superarsi, per essere migliori".
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