Il
vescovo di tutti |
Lunedì,
24 marzo 1980, alle ore 18.25, mentre sta celebrando l’Eucarestia
nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza, Mons.
Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, viene
colpito a morte nel momento in cui alza il calice dell’offertorio.
Chi
è stato Mons. Romero e perché è stato ucciso?
Il
Salvador è una piccola nazione del Centro America di circa
21.000 mq, con poco più di 6 milioni di abitanti, confinante
con il Guatemala, l’Honduras e il Nicaragua.
Conquistato
dagli spagnoli nel 1525, il Salvador diviene indipendente
nel 1821.
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Le divisioni che troviamo nella società salvadoregna trovano
la loro radice nell’esproprio delle terre prima da parte
degli spagnoli nel 1525 e successivamente nel 1880 quando
per creare grossi latifondi per la coltivazione del caffè,
tutte le terre sono finite nelle mani di un piccolo gruppo
di famiglie.
Vari
tentativi di riforma agraria, fino a quello del 1979,
non sono mai giunti in porto. La maggior parte della popolazione
viveva e vive in condizioni di forte povertà e questo
ha generato situazioni di tensione e di ribellione. Si
ricorda il massacro del 1933, di oltre 30.000 indios che
volevano recuperare le terre sottratte loro ai tempi della
creazione dei latifondi.
Dal
1950, a fronte dei grandi proprietari di terre, nascono
nuovi gruppi che tentano di aprire una nuova strada per
la rinascita del paese: 1. giovani imprenditori che desiderano
avviare l’industria moderna; 2. Intellettuali, professionisti
e tecnici che fanno capo all’università più importante
del paese; 3. Gruppi di estrazione popolare che iniziano
una lotta per cambiare la struttura sociale e politica
del paese, alcuni attraverso una pressione sociale, altri
attraverso la lotta armata.
La
Chiesa, presente nel paese sin dagli inizi della sua storia,
è vista come istituzione chiamata a sostenere la devozione
religiosa e insegnare i valori etici e morali. Tutto quello
che va oltre questi compiti è riservato allo Stato.
In
questa situazione - che negli anni ‘70 diventa incandescente
con forti repressioni nei confronti di chiunque si oppone,
in qualsiasi modo, all’ordine costituito - viene a collocarsi
la figura e l’azione di Mons. Romero.
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Romero
bambino
(in basso a sinistra)
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Nato
nel 1917 a Ciudad Barrios nella repubblica del Salvador, entra
a 12 anni in seminario.
Viene a Roma nel 1937 per continuare gli studi all’Università
Gregoriana.
Non riesce a completare il dottorato a causa della 2ª guerra
mondiale che lo costringe a ritornare nel suo paese, dopo
essere stato ordinato sacerdote a Roma nel 1942. |
Romero
giovane sacerdote
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Inizia
la sua azione pastorale come parroco in un piccolo centro
della diocesi di San Miguel; viene nominato poi segretario
della Conferenza Episcopale, eletto vescovo ausiliare della
diocesi di San Salvador, è rettore del Seminario
maggiore; nominato vescovo della diocesi di Santa Maria,
viene eletto Arcivescovo della capitale nel 1977.
Sin
dai primi anni di sacerdozio è stato da tutti conosciuto
come uomo di preghiera, disponibile verso tutti, con un
amore particolare verso i poveri. Ama stare in mezzo alla
gente, ascoltare tutti quelli che si rivolgono a lui.
Proviene
da una famiglia povera e conosce bene quanto sia difficile
per il suo popolo riuscire a vivere, troppo spesso riuscire
a sopravvivere. Si ricorda che, ancora giovane sacerdote,
vedendo dei bambini che per la strada facevano i “pulitori
di scarpe” per portare qualche spicciolo a casa, organizza
una piccola mensa per dare loro una minestra calda.
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Il Concilio Vaticano II (1963-1965) chiede a tutta la Chiesa
di ripensare il proprio modo di essere nel mondo e di comunicare
il Vangelo. Mons. Romero, cresciuto con una solida formazione
tradizionale, avverte la necessità di rinnovarsi e rinnovare
la Chiesa alla luce del Concilio.
Come
condurre la sua Chiesa ad abbracciare il Concilio in una
situazione di gravi tensioni e conflitti sociali? Romero
cerca di essere amico di tutti, di dialogare con tutti;
ma non può restare a guardare davanti alle sofferenze e
alla miseria di gran parte della popolazione.
Che
fare davanti alle uccisioni di tanti contadini, di sacerdoti
che stavano vicino al popolo? E che dire dei metodi violenti
usati dai gruppi di sinistra che erano frattanto nati nel
paese?
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Mons. Romero sceglie di radicarsi saldamente nella parola
delle Scritture, nella parola del Papa, negli insegnamenti
dei documenti conciliari e nelle mediazioni che le assemblee
dei vescovi latinoamericani hanno ricercato e sancito negli
incontri di Medellin e Puebla.
In un paese dove non c’è libertà e informazione sui fatti,
la voce di Mons. Romero, attraverso le sue omelie, diventa
un orientamento per tutti.
Spiegare
il Vangelo, leggerlo alla luce della parola del Papa, del
Magistero, del Concilio, calandolo nella situazione grave
del paese: questo è quello che ha fatto mons. Romero dal
1977 al 1980.
Nelle
sue omelie troviamo l’attuazione del Concilio e una linea
pastorale che vuole traghettare la Chiesa da un impegno
solo sacramentale a una presenza nella società secondo il
comportamento e le parole del Signore Gesù, come viene descritto
nei Vangeli.
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Ripensare la fede e la vita della Chiesa a partire dalla
Parola di Dio. Nessuna indulgenza nei confronti di ideologie
terrene, apertura nei confronti di tutti, sempre alla ricerca
di quello che può portare alla pacificazione del suo popolo,
di tutto il suo popolo: intellettuali, ricchi, contadini,
poveri.
Così
si può sintetizzare la vita e l’azione di mons. Romero.
La
sua azione viene strumentalizzata da alcuni, attaccata da
altri. Mons. Romero, in acque molto agitate, davanti a massacri
di sacerdoti e contadini, resta il pastore, colui che si
sente chiamato a parlare sempre in modo chiaro e coraggioso,
sempre alla ricerca della riconciliazione e del bene per
tutto il suo popolo.
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stanzetta
di mons. Romero
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tomba
di mons. Romero |
In attesa della voce ufficiale della Chiesa, molti vescovi
dell’America Latina hanno visto mons. Romero come segno
di speranza e di profezia, uomo che ha saputo annunciare
il vangelo, insistendo a tempo opportuno e importuno per
difendere i poveri, la verità e la giustizia.
La
sua vita e le sue parole ci chiamano a conversione. Egli
è vissuto povero come il Signore Gesù, per servire e non
per essere servito.
L’esempio
della sua vita ci aiuta a combattere la schiavitù del peccato,
radice di ogni ingiustizia e discriminazione e favorirà
la comunione e la solidarietà fra gli uomini, i popoli;
ci aiuterà a vincere la seduzione del materialismo e l’anticultura
della morte.
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