A 24 anni dalluccisione di Mons.
Romero, il 24 marzo 1980, sentiamo le sue parole molto
attuali per il tempo che viviamo.
Davanti alla sofferenza grande della
maggior parte della gente del suo Paese, il Salvador,
piccolo stato dellAmerica centrale, Mons. Romero
comunica a tutti attraverso la sua predicazione le esigenze
di un profondo cambiamento richiesto dal Vangelo.
Mentre il Salvador viveva una situazione
prossima alla guerra civile, con i ricchi da una parte,
arroccati nella difesa dei loro privilegi e lansia
di un cambiamento da parte della stragrande maggioranza
del popolo in condizioni di estrema povertà,
Mons. Romero predica il Vangelo del dialogo e della
pace, invitando tutti a rifiutare ogni mezzo violento
per conseguire una maggiore giustizia sociale.
Egli ha voluto essere sempre il pastore
di tutti, ricchi e poveri, invitando ciascuno a fare
scelte responsabili per il futuro del Paese.
Riportiamo alcune sue riflessioni
sulla violenza e la pace estratte dallomelia del
03 luglio 1977:
Un grande problema per il
nostro mondo di oggi è la pace, costruire un
mondo pieno di pace. La pace non è assenza di
guerra. Non possiamo dire che cè pace quando
non cè guerra. Anche se ci sono Paesi dove
attualmente non cè guerra, dobbiamo dire
che da nessuna parte cè vera pace. La pace
non è equilibrio di due forze contrapposte.
La pace dice il Concilio
è il frutto della giustizia. Questa è
pace. Si avrà pace solo quando si avrà
giustizia
Quando non ci sono più repressioni,
segregazioni, quando tutti gli uomini possono godere
dei loro legittimi diritti, quando cè libertà
e non paura, quando non ci sono popoli soffocati dalle
armi, non ci sono celle dove gemono senza alcuna libertà tanti figli di Dio, quando non ci sono torture, allora
viene la pace.
A Medellín [dove si tenne
una riunione di tutti i vescovi dellAmerica Latina]
si descrisse la situazione dellAmerica Latina
e si giunse a fare questa affermazione che scandalizza
molti: in America Latina cè una situazione
di ingiustizia. Cè una violenza istituzionalizzata
E se lo sviluppo è il nuovo nome della
pace, i popoli che vivono nel sottosviluppo sono una
provocazione continua alla violenza.
Chiunque può far qualcosa
per rendere più giusta la situazione dellAmerica
Latina, pecca contro la pace se non fa quello che sta
nelle sue possibilità. Ma bisogna dire che non
basta la giustizia, ci vuole lamore. La forza
del cristiano è lamore. E lo ripetiamo:
la forza della Chiesa è lamore.
È lamore che ci fa
sentire fratelli. Se non giungiamo a questamore
forte, non possiamo essere veri pacificatori. Non può
essere artefice della pace colui che ha nel cuore risentimenti,
violenza, odio. Deve sapere amare, come ha fatto il
Signore, anche con quelli che lo hanno crocifisso: «Padre,
perdona loro perché non sanno quello che fanno.
Sono schiavi del loro danaro, del loro potere. Se ti
conoscessero ti amerebbero. Per questo, provo compassione
per loro che non conoscono la forza di questo amore
che tu mi hai dato. Dà amore anche a loro Signore».
Quanto sarà più bello il mondo se tutti
sviluppiamo questa forza di amore.
Cè una pace che deve
vivere nel cuore dei discepoli del Signore, la pace
che viene da Dio, ricevuta per mezzo del suo Figlio
che ci ha riconciliati col Padre morendo sulla croce:
è la pace che viene da Dio, la pace di quelli
che abbandonano il peccato e lottano contro le passioni.
È la pace di cui il Signore ha detto: Vi
lascio la mia pace, vi do la mia pace, non come quella
che dà il mondo.
Ma cè la pace che
possono vivere tutti gli uomini di buona volontà,
di quelli che anche senza conoscere Dio, sono capaci
di scoprire questa forza interiore che li fa essere
solidali con chi soffre, portare un po di consolazione
a chi è afflitto, li fa essere capaci di denunciare
le ingiustizie davanti alle ricchezze ingiuste. Questa
è la pace che tutti gli uomini possono vivere
e per la quale possono operare. Tutti abbiamo in noi
la forza di perdonare, di dire no a sentimenti di rancore
che ci si porta dentro per troppo tempo. Basta essere
uomini per sentirsi solidali con il povero, con colui
che non ha nulla e sentire che sono grandi ingiustizie
le disuguaglianze della nostra società.
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