Paolo giunse a Filippi con Timoteo e Sila intorno agli anni 49/50 (cfr. Atti 16,11-40). La città di Filippi, posta sulla via Ignazia che collegava Occidente e Oriente, era un centro importante ed è la prima città europea visitata da Paolo.
L'apostolo nutre un particolare amore per questa comunità. Dice: "Dio mi è testimone del profondo affetto che nutro per tutti voi nell'amore di Cristo Gesù" (1,8).
Il Vangelo causò non poche difficoltà a Paolo, che fu imprigionato e poi liberato. Paolo conosce bene i membri della comunità, in prevalenza di origine pagana, e li nomina qua e là nella lettera: Lidia, che accolse l'apostolo al suo arrivo a Filippi. Evodia e Sintiche, due donne che l'apostolo esorta a vivere in sintonia, Epafrodito, che visitò Paolo in carcere.
Infatti la lettera, o almeno parte di essa, fu scritta probabilmente durante la prigionia di Paolo ad Efeso o a Roma. Ad ogni passo emerge il rapporto di intenso affetto che lega Paolo ai Filippesi. Nella lettera si sottolinea la centralità del Vangelo, la necessità di rivestirsi dei sentimenti di umiltà e di amore che furono in Gesù Cristo.
L'inno cristologico di Filippesi 2, 6-11 non è solo una professione di fede nel Signore, ma un programma di vita per la comunità. A Filippi non mancavano infatti i problemi: divisioni interne e attacchi esterni. Emerge una grande tensione dell'apostolo verso la perfezione nell'imitazione del Signore, che Paolo comunica con passione e amore ai Filippesi, tanto da esortarli a farsi suoi imitatori (3,17).
Ma su tutto emerge la forza del Vangelo, a cui i Filippesi sono stati fedeli anche in mezzo alle difficoltà. Questo è per l'apostolo motivo di gioia e consolazione.