"Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita"
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Dal Vangelo di Luca capitolo 12, versetti da 13 a 21
13Uno della folla gli disse: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante.
17Egli ragionava tra sé: «Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti?
18Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!».
20Ma Dio gli disse: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?».
21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
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In queste domeniche, che man mano hanno visto non pochi di noi uscire dalle città per le vacanze, il Vangelo di Luca, settimanalmente, ci ha come coinvolti dentro un altro viaggio, quello di Gesù.
Con lui abbiamo attraversato città e villaggi, abbiamo visto l’elogio del centurione pagano che con passione prega per la guarigione del suo servo (non si tratta del figlio o di un familiare, ma – è qui la consolante stranezza – di un servo!); subito dopo ci è apparsa la compassione di Gesù per la vedova che portava al cimitero il suo unico figlio e glielo restituisce vivo. Eppoi la lode dell’amore di quella nota prostituta che non cessa di baciare e profumare i piedi di Gesù, con grande scandalo di tutti.
Viene quindi il momento nel quale Gesù confida ai suoi amici che sarà messo a morte, ma risorgerà. È l’orizzonte finale presente già all’inizio del suo cammino verso Gerusalemme. Un orizzonte segnato dal dramma: ma Gesù non fugge.
Sentiamo anzi l’evangelista dire che “si diresse decisamente” verso la città santa. È il cammino indicato ad ogni discepolo: un cammino di pace, ma anche di lotta; una strada ove sconfiggere la solitudine, ove soccorrere chi è lasciato mezzo morto lungo la strada, ove fermarsi come Maria, la sorella di Marta e di Lazzaro, ai piedi di Gesù.
Ma egli ci rende partecipi della sua figliolanza al punto da sconvolgere la tradizione di pietà ebraica e ci fa chiamare Dio con il nome di Padre. È bene ripercorrere, seppure con brevissimi cenni, i brani evangelici proposti in queste ultime domeniche: fare memoria significa voler bene e comprendere la saggezza che c’è nel seguire Gesù.
Il Vangelo di questa diciottesima domenica ci fa piombare dentro uno dei nodi della vita quotidiana. Si apre con la domanda di due fratelli che chiedono a Gesù di intervenire per una questione di eredità. In effetti quanti parenti, di fronte ai testamenti, si guardano con ostilità, pronti a prevaricare l’uno sull’altro per accaparrarsi la parte migliore!
Gesù rifiuta di intervenire a questo livello. Egli non è maestro di spartizioni. Egli interviene sui cuori non sull’eredità. Per quei due fratelli il vero problema non è nelle cose, ma nei loro cuori pieni di cupidigia. Gesù, rivolgendosi a tutti, dice: “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni”. Come dire che la tranquillità non dipende dai beni, anche se consistenti. Gesù non vuole disprezzare i beni della terra; sa bene quanto sono utili.
Ma chi poggia la ricerca della felicità solo su di essi, sbaglia di grosso; investe falsamente. La parabola che segue ne è l’illustrazione. Il protagonista è un ricco proprietario al quale gli affari sono andati benissimo.
Deve persino costruire altri fabbricati per mettervi l’ingente raccolto. Il problema non è nella produzione della ricchezza, ovviamente, ma nel comportamento del proprietario. Per lui l’accumulo dei beni per sé – e al massimo per la sua famiglia equivale alla tranquillità e alla felicità.
Ma c’è una stoltezza nei suoi calcoli; ha fatto tutti i conti, ma ha omesso quello più importante, l’ora della morte. Ha pensato ai suoi giorni, ma non all’ultimo. E tutti sappiamo bene che con la morte non ci porteremo nulla dietro, se non l’amore e il bene che abbiamo fatto. Dice l’apostolo Paolo, nella Lettera ai Colossesi: “Pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra” (3,2).
Le cose di lassù non sono quelle astratte, sono l’amore e le opere buone che facciamo sulla terra. Queste sono le vere ricchezze che non saranno né consumate né toccate. I beni della terra possono essere utili per il cielo se sono sottomessi all’amore e alla compassione.
Se i nostri beni sono a disposizione dei poveri e dei deboli, essi diventeranno ricchezza vera per il cielo.
Si potrebbe dire che dare i beni ai poveri significa metterli in banca al massimo d’interesse. Chi accumula, non per sé ma per gli altri, arricchisce davanti a Dio, assicura Gesù.
Nel nostro mondo, ove accumulare per sé sembra divenuta l’unica vera regola di vita, questo Vangelo suona di scandalo. In verità è la via più saggia per superare divisioni e scontri, e per costruire una vita più solidale e più felice.
Intenzioni di preghiera
- Signore, liberaci dall’ansia dei beni terreni, dalla cupidigia del possesso e dall’egoismo; insegnaci a ricercare la felicità che viene dall’accogliere la tua presenza nella nostra vita.
- Ti preghiamo, o Signore, per il papa Francesco, per il nostro vescovo Crescenzio e per tutti coloro che sostengono con la loro testimonianza il nostro cammino nella fede.
- O Signore, la tua grazia converta il cuore degli uomini, ci renda tutti più attenti al prossimo e disposti nella carità alla condivisione dei nostri beni.
- Accogli, o Signore, le invocazioni che ci sono state affidate. Ti preghiamo per chi in questo tempo d’estate è più solo: per i malati, per gli anziani e per quanti sono afflitti nell’anima e nel corpo. Sii tu la loro consolazione.
- Ti preghiamo, o Signore, perchè le ferite della guerra, di cui soffrono molti paesi possano essere guarite e perchè la pace, salvezza per ogni popolo, venga presto in Siria. Veglia sulla vita di Mar Gregorios Hibrahim e di Paul Yazigi.
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