parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo
Predicazione del 16/07/06
15ª domenica dopo Pentecoste /B
   
Letture: Amos 7,12-15; Salmo 84; Efesini 1,3-14; Marco 6, 7-13 .

Festa di Santa Maria del Monte Carmelo


Gesù chiamò i Dodici e incominciò a mandarli a due a due

Dal Vangelo di Marco capitolo 6 versetti da 7 a 13

7Allora Gesù chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi.

8E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; 9ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche.

10E diceva loro: «Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo. 11Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro».

12E partiti, predicavano che la gente si convertisse, 13scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.

Chiamati dal Signore a comunicare il suo vangelo

Siamo tutti chiamati e mandati

“Gesù chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due”. Così inizia il brano del Vangelo di Marco che ascoltiamo in questa domenica. Gesù li chiamò e li mandò. In questi due verbi (chiamare e mandare) si può dire che è racchiusa tutta l’identità del discepolo e di ogni comunità cristiana. Queste parole, infatti, con quel che esse significano, non sono riservate a gruppi particolari o a persone privilegiate. Tutti i cristiani sono chiamati e inviati a comunicare il Vangelo al mondo.

Il Concilio Vaticano II chiama con estrema chiarezza questa missione affidata a tutta la Chiesa: “la Chiesa peregrinante è per sua natura missionaria... e ad ogni discepolo di Cristo incombe il dovere di diffondere, per quanto gli è possibile, la fede”. Il cristiano è anzitutto un chiamato, un convocato da Dio. Questo significa che non si diviene cristiani per autonoma scelta; lo si diventa in risposta (ovviamente libera) ad una chiamata che viene prima della nostra scelta. Perché c’è un amore che sta prima della nostra risposta. Paolo, nel bellissimo brano con cui inizia la Lettera agli Efesini, ce lo ricorda: “In Cristo, il Padre ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà” (Ef 1, 4-6).

Scegliere di rispondere a quanto il Signore ci chiama a compiere

Tutta la tradizione del Primo Testamento, da Abramo in poi, pone Dio all’origine di ogni chiamata; l’iniziativa di avviare la storia della salvezza del popolo d’Israele è tutta del Signore. “Abramo, chiamato da Dio, obbedì”, scrive l’autore della Lettera agli Ebrei (11, 8), indicando ad ogni cristiano il paradigma della fede. Nelle narrazioni delle vocazioni profetiche emerge sempre il primato della chiamata divina. Emblematica è la vicenda di Amos. Non fu lui a scegliere. E neppure fu lui ad andare. Il Signore lo prese (“Il Signore mi prese di dietro al bestiame”) e lo scaraventò in un aspro confronto con le ingiustizie del potere politico. Dovette scontrarsi persino con le fredde considerazioni del “cappellano di corte”, il sacerdote Amasia, che lo esortava, come spesso accade, ad un’egoistica prudenza.

Amos ribatte al sacerdote che alla radice delle sue parole non c’è una scelta personale legata a particolari prospettive. È Dio stesso che lo ha spinto alla missione profetica: “Non ero profeta, né figlio di profeta; ero un pastore e un raccoglitore di sicomòri; il Signore mi prese di dietro al bestiame e il Signore mi disse: Va’, profetizza in mezzo al mio popolo Israele” (Am 7,14-15). Potremmo dire che ognuno di noi era (e spesso lo siamo ancora) raccoglitore di sicomori sono i frutti di un albero). E non di rado, nonostante la chiamata che Dio ci fa ogni giorno, ogni domenica, noi restiamo a coltivare i nostri personali sicomòri.

È urgente comunicare il Vangelo a tutti

Ma il Signore continua a chiamarci, e non una volta sola, strappandoci da un destino triste e scialbo. La chiamata è sempre per svolgere il servizio di comunicare, con le parole e con la vita, il Vangelo di Gesù sino agli estremi confini della terra. E qui ciascuno può trovare la propria santità.

Tutte le chiamate del Signore sono un invito ad accogliere la missione che fa sempre andare oltre se stessi, oltre i confini che ciascuno si traccia per la propria vita. È anzi naturale per ciascuno di noi tracciare limiti, possibilmente chiari e definitivi, tra sé e gli altri, tra quello che riteniamo possibile fare e quello che pensiamo non lo sia. Tale istinto a tracciare confini nasce dalla paura: vogliamo cioè essere tranquilli e certi, evitando l’ignoto e ciò che non ci è familiare.

Si rassodano così i confini che dividono gli uomini tra loro: quelli della cultura e delle affinità, dell’età e della classe sociale, della nazione e della appartenenza. E altri ancora. Sono tutti confini che separano gli uni dagli altri e spesso con violenza, ingiustizia e talora anche con la guerra. E comunque portano sempre a sentire l’altro come un avversario, come un nemico. Ciascuno cerca di stare solo con i propri simili, ossia con se stesso.

Con Gesù superiamo i limiti e i particolarismi

Per Gesù non è così. Egli ha lasciato persino il cielo per venire in mezzo a noi, e non perché fossimo giusti, ma perché peccatori. Per questa ragione Gesù non può accettare né limiti né particolarismi. Del resto, anche il Padre che sta nei cieli “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5, 45). L’orizzonte di Gesù è il mondo intero. Nessuno è estraneo alle sue preoccupazioni, neppure il peggiore dei nemici. Per il Signore tutti sono da amare e tutti da salvare. Egli per primo è stato mandato, ed ha obbedito: “andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il Vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità”, scrive Matteo (9,35).

Ancora oggi Gesù non cessa di commuoversi sulle folle stanche e sfinite di questo mondo, in particolare quelle più povere che vagano come pecore senza pastore. E manda i suoi, “due a due”, perché continuino la sua opera di comunicazione del Vangelo. I discepoli di Gesù debbono essere liberi nello spirito e universali nel cuore, particolarmente oggi mentre le distanze tra le persone e i paesi si sono accorciate come non mai e tuttavia crescono a grande velocità nuovi muri e nuovi confini, reclamati dall’individualismo e dal particolarismo di singoli e di gruppi, di etnie e di nazioni. Come Gesù non è venuto a salvare se stesso, così i cristiani non vivono per se stessi ma per salvare gli altri.

Incontro agli uomini con la forza del Vangelo e i sentimenti di misericordia

Gesù invita i suoi discepoli, di ieri e di oggi, a non prendere nulla con sé, né pane né bisaccia né denaro (e ciascuno deve interrogarsi su cos’è oggi per noi il pane, la bisaccia e il denaro). Essi, muniti solamente del bastone del Vangelo e dei sandali della misericordia, debbono percorrere le vie degli uomini predicando la conversione del cuore e guarendo malattie e infermità. Per entrare nelle case degli uomini, ossia nella dimora più intima e delicata ch’è il loro cuore, non occorrono armi particolari.

I discepoli, indifesi e poveri, debbono andare due a due perché la loro prima predicazione sia l’esempio del vicendevole amore. Del resto Gesù aveva detto: “da come vi amerete riconosceranno che siete miei discepoli”. Ricchi pertanto solo della misericordia di Dio e del Vangelo, i cristiani potranno abbattere i muri di divisione e liberare il cuore degli uomini dai limiti e dai pesi che li opprimono. Davanti a tale compito, affascinante e terribile, non possiamo tirarci indietro. E assieme ai discepoli santi, diciamo: “Ecco, Signore, manda me!” (Is 6, 8).

 

  • Intenzioni di preghiera:

  • O Signore tu che ci vuoi discepoli e annunciatori del Vangelo, donaci di accogliere la tua missione, di rendere testimonianza del tuo amore per il mondo con la nostra vita e di comunicare con generosità la tua parola tra gli uomini.
  • Ti preghiamo o Signore per il Papa Benedetto, per il nostro vescovo Crescenzio e per tutta la tua santa Chiesa perché sempre con coraggio e fedeltà viva la sua missione profetica nel mondo.
  • O Signore, tu che ti commuovi sulle folle stanche e sfinite di questo mondo, suscita nel tuo popolo uomini e donne disponibili al servizio del Vangelo e a vivere il tuo amore senza confini.
  • O Signore noi ti presentiamo le invocazioni che sono state affidate lungo questa settimana alla nostra preghiera: ti preghiamo particolarmente per coloro che sono malati e che cercano la guarigione: liberali dal male, dona loro il tuo conforto e la tua salvezza.
  • Fa’ cessare, o Signore, ogni guerra, il livore dell’odio e ogni male: che la pace venga presto in Terra Santa, in Libano e in ogni luogo dove si ode il fragore delle armi.