"Quello che ascoltate all'orecchio, ditelo sui tetti" |
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Dal Vangelo di Matteo, capitolo 10 versetti da 26 a 33
26Gesù disse ai suoi discepoli: Non temete gli uomini, poiché non v’è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato.
27Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.
30Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; 31non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!
32Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.
comunichiamo a tutti
quello che il Signore ci ha fatto conoscere
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La comunità cristiana si raccoglie nella Santa Liturgia
Il nostro ritrovarci insieme nel giorno del Signore, la Domenica, per celebrare la santa liturgia, nasce da quelle “visite” che Gesù fa ai suoi discepoli dopo la sua resurrezione, manifestandosi ad essi vivo: “la sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro … otto giorni i discepoli erano di nuovo in casa, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro …”.
La celebrazione della liturgia manifesta la comunità che si ritrova insieme per accogliere Gesù che viene in mezzo a noi e ci parla, per rafforzare il nostro legame con lui, liberarci dai sensi di paura e di chiusura di fronte al mondo grande che ci circonda e annunciare la sua parola con franchezza e coraggio.
Il mondo si organizza secondo i suoi criteri: del più forte, del pensare al proprio tornaconto, della dimenticanza e del disprezzo dei deboli, che produce tante divisioni e ingiustizie. Il comportamento di tanti finisce spesso per intimorire i discepoli del Signore che vivono dentro questo mondo, ma sono stati chiamati a non vivere più secondo le leggi e la mentalità del mondo.
Vivere nel mondo ma non pensare come il mondo
Nella preghiera che Gesù rivolge al Padre nelle ore che precedono la sua passione, preghiera per i discepoli di tutti i tempi, egli dice: “Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo” (Gv. 17,15-18).
Tante volte ci troviamo dinanzi a comportamenti disumani e ingiusti: lasciare in disparte una persona solo perché ha un colore diverso della pelle, a volte giungere a maltrattarla e umiliarla; abbandonare quelli che non ce la fanno ad andare avanti da soli perché deboli, anziani o malati. Sono molti gli esempi che si possono fare. E tante volte siamo rimasti in silenzio. Magari ricordiamo le parole di Gesù, sentiamo che è ingiusto tacere. Eppure siamo rimasti zitti, unendoci ad altri che come noi non erano d’accordo e sono rimasti passivi e in silenzio.
Non temete queste persone – ci dice Gesù oggi – tutto quello che io vi faccio conoscere non deve rimanere nascosto nel cuore di ciascuno. Molte volte Gesù si era ritrovato con i discepoli in disparte, lontano dalla folla, in momenti intimi vissuti con loro. E aveva parlato a cuore aperto, aveva manifestato loro l’amore del Padre, aveva spiegato quello che aveva compiuto stando in mezzo agli altri. È l’esperienza che facciamo anche noi quando ci riuniamo per la preghiera comune, per riflettere sul Vangelo; è l’incontro bello nella liturgia che chiude e apre ogni nostra settimana.
Non tenere per noi quello che il Signore ci dona
Tutti sappiamo che è una minoranza quella che si raccoglie nel giorno del Signore per ascoltare la sua Parola e celebrare l’Eucaristia. Noi facciamo parte di questa minoranza. E il Signore ci fa ritornare nel mondo, in mezzo agli altri, con la forza che ci libera dal timore, dal rispetto umano, dalla paura di parlare controcorrente rispetto a quello che pensano e operano in molti. “Non li temete, dunque” – dice Gesù. Già il profeta Isaia aveva detto: “Il Signore, lui solo ritenete santo, egli sia l’oggetto del vostro timore” (8,13).
Quello che noi riceviamo dal Signore e abbiamo la grazia di viverlo, non deve rimanere un tesoro nascosto, chiuso. Gesù ci chiama a comunicare a tutti quanto abbiamo udito e conosciuto: “quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti” (Matteo 10, 27). Quello che abbiamo cominciato a vivere deve entrare nel mondo che ci circonda.
Se noi abbiamo ricevuto il Vangelo, è perché quei primi discepoli e tanti altri dopo di loro fino ai nostri giorni, non si sono tirati indietro di fronte all’invito del Signore. E anche noi siamo chiamati oggi a fare altrettanto. Il grido di san Paolo risuona ancora fra noi: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Corinzi 9,16). Non ci fermino ostacoli, paura di incomprensioni o di rifiuti, perché sono tanti che aspettano la parola del Signore, diversa dalle tante parole degli uomini.
Papa Giovanni Paolo II ha scritto: “ci sono quelli che non conoscono realmente Gesù Cristo e molti di loro vivono in Paesi con antiche radici cristiane, dove interi gruppi di battezzati hanno perso il senso vivo della fede o non si considerano più membri della Chiesa, conducendo una vita lontana dal Signore e dal Suo Vangelo (cfr Redemptoris missio, n. 33)
Il profeta Geremia, di cui leggiamo una pagina nella liturgia odierna (Geremia 20,10-13), si è trovato a svolgere il suo ministero profetico in una situazione politica estremamente incerta e in anni di grande instabilità sociale (650 a.C. - 580 a.C. circa). Egli sente il peso di essere un profeta “scomodo”, perseguitato dalla classe politica e dai sacerdoti del Tempio, come un traditore. Eppure egli non cessa di far risuonare la parola del Signore perché “egli è al mio fianco … a Lui ho affidato la mia causa”. Di fronte a un conformismo comodo e facile, noi scegliamo di stare col Signore e di annunciarlo con le parole e con la vita agli altri, anche se questo costa un po’ di fatica.
Il Signore è vicino e accompagna i discepoli nel mondo
Chiunque spende la sua vita per il vangelo riceve le consolazioni del Signore. Sappiamo però che non è stato e non sarà mai semplice per la comunità cristiana predicare il Vangelo della croce e della resurrezione. La legge dell’amore solo per se stessi si insinua in ogni cuore, anche in quello dei discepoli. È allora che si smette di annunciare il Vangelo, la testimonianza diventa fiacca e i cristiani finiscono di essere sale della terra e luce del mondo (vedi Matteo 5, 13-16), o smettono di essere - come dice l’antica lettera a Diogneto - “come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani” (Lettera a Diogneto, VI).
Oggi il Vangelo ci esorta a non avere paura di seguire il Signore e di testimoniarlo con la vita. Il Signore sostiene e accompagna la comunità dei discepoli. Per far comprendere fino a qual punto arriva la conoscenza e la cura che Egli ha dei discepoli ci dice: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!” (Matteo 10, 29-31). Questa attenzione del Padre per le piccole cose ci aiuta a comprendere la sollecitudine, l’attenzione amorevole che egli ha per ciascuno dei suoi discepoli.
Nutriamoci ogni giorno del Vangelo, comunichiamolo nei vari luoghi dove ci troviamo a vivere soprattutto col nostro modo di porci con tutti, manifestando quello che il Signore ci ha fatto comprendere. Il Signore è con noi e ci sostiene. Il pastore evangelico D. Bonhoeffer, morto martire nei campi nazisti, commentando questo brano concludeva: “Siamo nelle mani di Dio. Quindi, non abbiate timore!”.
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