parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo
Predicazione del 18/04/04
Domenica 2ª di Pasqua - anno C
 

Letture bibliche: Atti 5,12-16; Salmo 117; Apocalisse 1,9-13.17-19; Giovanni 20, 19-31.

 

"Non essere più incredulo ma credente"

Dal Vangelo di Giovanni,
capitolo 20 versetti da 19 a 31.

19La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”.

20Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”.

22Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; 23a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”.

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. 27Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. 28Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. 29Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”.

30Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. 31Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

CREDIAMO NEL SIGNORE RISORTO
E OPERIAMO CON LA FORZA DEL SUO SPIRITO

Chiamati a risorgere con Cristo e vivere del suo amore

Questo giorno, il primo dopo il sabato, è diventato per noi il giorno più importante della settimana, è diventato il giorno del Signore. Perché questo è il giorno della sua resurrezione. E noi che abbiamo appena celebrato la Pasqua, ogni domenica facciamo memoria della sua resurrezione.

Fare memoria della resurrezione significa ricevere ogni volta l’annuncio della resurrezione, la chiamata a vivere la vita nuova col Cristo risorto. Significa sperare, sognare e operare per la resurrezione di tanti che giacciono nel buio di una vita pesante, schiacciati da pesi che da soli non sono in grado di rimuovere.

Gesù viene in mezzo a noi senza risentimenti, senza condanne. Proprio come fece con i primi discepoli, a Gerusalemme. Stavano a porte chiuse, dice il Vangelo, “erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei” (Giovanni 20,19). In quelle porte chiuse, in quella paura c’è rassegnazione, c’è poca fede nel credere che le parole di Gesù si sarebbero realizzate.

Siamo davanti ad un amore che fatichiamo a comprendere in profondità

Ma Gesù è colui che è pronto a dare pace, a comunicare pace. Quelle ferite nelle mani e nel costato non sono solo i segni della passione e crocifissione. Sono molto di più i segni di un amore che non si è fermato davanti alla morte, non si è rassegnato davanti all’abbandono dei discepoli.

I discepoli sono contenti nel vedere il Signore, provano gioia perché hanno visto il Signore. Devono ancora giungere a vivere una gioia più profonda, quella di trovarsi dinanzi ad un amore grande, paziente, che non smette di cercarli, di parlare loro, di dar loro fiducia. Un amore che sono chiamati a vivere in prima persona.

La passione e morte di Gesù manifestano la violenza degli uomini che si abbatte sui propri simili, che colpisce tanti innocenti che non si possono difendere; manifestano la forza del male che continua ad operare nel nostro mondo.

È urgente diffondere nel mondo la forze del bene, la forza di questo amore che è più forte della violenza e della morte stessa. Gesù ripete ai discepoli: “Pace a voi!”. E poi aggiunge: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Giovanni 20,21).

A noi deboli e peccatori viene comunicato il suo Spirito di amore

Ma questi discepoli non sono quelli che sono fuggiti davanti alle guardie venute ad arrestarlo? Non sono quelli che lo hanno abbandonato lasciandolo solo? È proprio a loro che affida un compito grande: continuare a compiere quello che egli ha iniziato, a partire dalla loro città fino a giungere agli estremi confini della terra.

Il soffio che raggiunge i discepoli è il soffio della vita stessa di Dio, del suo Spirito di amore. Con la forza di questo Spirito i discepoli del Signore diventano capaci di portare riconciliazione, di smuovere i cuori, rendere vicini quelli che erano lontani.

Per mezzo di persone deboli e peccatrici lo Spirito di amore di Dio si diffonde fra gli uomini. I discepoli del Signore sono portatori dello Spirito di amore, di pace, di fraternità. Essi possono diffondere questo amore che perdona, che riconcilia, che disarma dall’odio e dalla violenza.

È una responsabilità grande e bella quella che il Signore dà ai suoi discepoli di ogni tempo, in ogni parte del mondo. Noi siamo portatori di questo amore grande che può cambiare il cuore degli uomini, la faccia della terra.

Abbandonarsi all’amore del Signore, con fiducia grande

Per accogliere lo Spirito di vita che viene da Dio, lo stesso Spirito che ha richiamato il Signore Gesù dalle tenebre della morte, c’è bisogno di essere umili, fiduciosi, liberandoci dalla rassegnazione e dal protagonismo.

Tommaso non crede alla notizia che gli danno i suoi fratelli: perché è rassegnato, sfiduciato; soprattutto perché crede solo in quello che tocca e sperimenta egli stesso direttamente, crede a quello che lui tocca con le sue mani. Questo è il protagonismo che ci tiene prigionieri e non ci fa aprire alla fede.

E ancora una volta l’amore sconfinato e paziente del Signore si manifesta e raggiunge Tommaso: “perché mi hai veduto, hai creduto … non essere più incredulo, ma credente!” (vv.27-29). Siamo poco credenti, crediamo poco che le parole del Signore possono smuovere le montagne, possono sciogliere i cuori più duri, possono fare miracoli.

Noi possiamo incidere nella vita di questo mondo se i nostri cuori diventano cuori che credono profondamente. Questa fede vince il male, comunica amore, non si rassegna di fronte al male che ci sovrasta. Cristo è risorto e ci fa risorgere con Lui. Basta abbandonarsi.

Con i segni della sua passione, della passione dei tanti che vengono colpiti e condannati, egli ripete anche a noi: “Non essere incredulo, ma credente”.

Che anche in questo tempo cresca il numero degli uomini e delle donne che credono nel Signore, il numero di quelli che quanto hanno visto e conosciuto lo comunica agli altri, perché anch’essi possano credere e seguire il Signore.