parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo
Predicazione del 26/10/03
domenica 30ª tempo ordinario - anno B
 

Letture: Geremia 31, 7-9; Salmo 125; Ebrei 5, 1-6; Marco 10, 46-52.

Ricordo dello storico incontro di Assisi (1986), a cui Giovanni Paolo II invitò rappresentanti di tutte le fedi cristiane e delle grandi religioni mondiali per pregare per la pace. Preghiera per i credenti di tutte le religioni.

"Signore, che io riabbia la vista!"

Dal Vangelo di Marco, capitolo 10, versetti da 46 a 52

46E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare.

47Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».

48Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».

49Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!».

E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!».

50Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.

51Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!».

52E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato».

E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.

la fede di un povero, bartimeo

Il nostro rapporto personale col Signore

Noi siamo persone che abbiamo già conosciuto Gesù, quasi tutti sin da quando eravamo bambini. Siamo cresciuti nella religione cattolica, crediamo in Gesù, lo preghiamo, partecipiamo ai momenti di preghiera, alla celebrazione festiva della Domenica; noi stiamo con Lui.

Il racconto evangelico di oggi ci aiuta a riflettere sul nostro rapporto col Signore: come stiamo accanto a Lui? Come camminiamo con Lui? Come rispondiamo quando egli si rivolge a noi, ci chiama? E come rispondiamo alle persone che ci chiedono della nostra fede, ci interpellano?

L’incontro con un cieco, Bartimeo

Nell’episodio evangelico di oggi Gesù non è solo: si trova assieme ai suoi discepoli con i quali è giunto nella città di Gerico, poco distante da Gerusalemme verso cui erano diretti. C’è con loro anche numerosa gente che si interessa di Gesù.

Ma Gesù non rimane fermo a Gerico, dopo qualche giorno riprende il cammino. Mentre si mette in viaggio, sulla strada, ai margini c’è un mendicante, un uomo cieco per terra che chiede l’elemosina. Che c’è di strano? Un povero? Ma di poveri ce ne sono tanti, lo sappiamo. C’è come un’abitudine ai poveri. I poveri si sa che ci sono. C’è un modo passivo, rassegnato di fronte a questa realtà.

Di questo mendicante cieco ci viene detto il nome, si chiama Bartimeo, che significa figlio di Timeo. Quest’uomo non ci vede, sta con la mano stesa; ma sente rumore di tanti passi, c’è molta gente. E chiede, vuole sapere. Qualcuno gli dice che è Gesù di Nazaret che sta passando. Nessuno gli spiega di più. Danno una risposta vera, ma senza sentire il bisogno di dirgli qualcosa di più. Forse perché stanno con Gesù ma in modo abitudinario, in maniera scontata, senza credere che Gesù è colui che ci può cambiare la vita.

Il grido del povero

Ma bastano le poche indicazioni ricevute perché il cieco incominci a gridare ad alta voce, riconoscendo Gesù come Messia e chiedendo aiuto: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Lo invoca con questo titolo perché gli ebrei sapevano che il Messia sarebbe stato un discendente del re Davide. Il suo è un grido di aiuto, esprime il desiderio forte di uscire dalla sua condizione e crede che quell’uomo che passa possa aiutarlo.

Che cosa pensano quelli che lo sentono gridare? Che quel gridare è fuori luogo, che è meglio se sta zitto, le sue grida disturbano. I poveri non debbono disturbare. Ma Bartimeo non si rassegna. Più gli dicono di star zitto e più si mette a gridare forte, fino a farsi sentire da Gesù.

I poveri non debbono disturbare

Oggi molte volte si cerca di far tacere i poveri, di non vederli, di passare oltre; tante volte si allontanano anche i propri familiari quando diventano troppo vecchi e malati per non vederli; si vorrebbe che questi stranieri che sbarcano in Italia non venissero, ci lasciassero in pace; non ci interessa sapere perché essi rischiano anche di morire viaggiando in condizioni di grave pericolo … la loro situazione nelle terre dove vivono è terribile … dove c’è la guerra, dove c’è la siccità, dove c’è violenza e oppressione, dove manca il cibo e si vedono i propri figli morire per fame.

Ma si vorrebbe che queste persone non venissero a disturbarci.

Gesù è colui che si ferma sentendo questo grido e dice: “Chiamatelo!”. Altro che “Cacciatelo! cacciateli!” come capita di sentire dalla bocca di alcuni. Quel cieco, appena qualcuno gli dice che Gesù lo ha chiamato, si muove come un cieco non dovrebbe muoversi; il Vangelo dice: “gettato via il mantello, balza in piedi e raggiunge da Gesù”.

Viene da domandarci perché noi, quando passa il Signore restiamo a guardare, non alziamo la voce con tutte le forze verso di lui. E se qualcuno ci parla di lui, rispondiamo e ci muoviamo lentamente, a volte mettendo avanti tante scuse e difficoltà.

Lo scatto di Bartimeo

Bartimeo appena gli dicono che Gesù lo chiama, non solo fa uno scatto ma abbandona anche il mantello, che è l’unica cosa che possiede, il mantello, che gli serve per coprirsi, per ripararsi dal freddo durante la notte. Bartimeo abbandona tutto quello che ha, perché ha fiducia in quell’uomo che l’ha chiamato.

Per rispondere a Gesù c’è bisogno di liberarci da tutto ciò che può ostacolarci nel nostro andare verso di Lui.

Quell’uomo ha capito che Gesù è colui che lo può salvare da quella vita grama che conduce ogni giorno. Gesù è l’occasione della sua vita. E corre. Il comportamento di quest’uomo ci tocca, ci fa riflettere, ci invita anche a rendere più vive, immediate, attente e gioiose le nostre celebrazioni eucaristiche, la nostra liturgia festiva. Ogni cosa diventa un segno di questa fiducia con cui noi rispondiamo al Signore: il canto, il modo di leggere, il modo di ascoltare, di muoversi. Tutto dive manifestare questo desiderio di incontrarci con Gesù, un incontro che ci raggiunge interiormente e tocca tutti i nostri pensieri.

Quando si trova davanti a Gesù, c’è un dialogo diretto e immediato. Gesù gli dice: “Che vuoi che io ti faccia?”.

Che cosa chiediamo al Signore

Vi ricordate il vangelo di domenica scorsa, quando Gesù fa la stessa domanda ai due fratelli, Giacomo e Giovanni? “Cosa volete che io faccia per voi?”. Quelli chiedevano un posto davanti agli altri. Chiediamoci: che cosa vogliamo dal Signore? A volte desideriamo apparire, essere primi davanti agli altri.

Quest’uomo si pone in atteggiamento intimo e filiale; non chiama più Gesù “Figlio di Davide”, un titolo ufficiale, un titolo da re, messia. Ma gli dice: “maestro mio, maestruccio mio – un po’ come quando noi diciamo a nostro padre, non padre mio, ma papà, babbuccio mio – caro maestro mio, ridammi la vista!”.

A Gesù noi chiediamo tante cose, per noi per i nostri cari; ma forse dimentichiamo che la prima cosa da chiedere a lui è di farci vedere, veder quello che veramente conta per la nostra vita, di aprirci gli occhi, soprattutto gli occhi del cuore, cioè aprirci il cuore agli altri.

Gesù risponde a quell’uomo: tu credi veramente, va! È la tua fede che ti ha salvato. Per questo dicevo, è importante fermarci a riflettere in silenzio, dentro il nostro cuore, su come ognuno di noi si pone davanti al Signore, che cosa gli chiediamo, se crediamo veramente che egli ci può dare occhi nuovi e cuore nuovo, può fare di noi persone nuove. Sono miracoli che per la nostra fede il Signore può compiere. Senza fede il Signore è come bloccato da noi.

La fede può compiere guarigioni, miracoli

Quest’uomo, guarito dal Signore per la sua fede, non se ne torna a casa sua; Gesù non gli ha chiesto niente, ha detto solo “Va’, la tua fede ti ha salvato”. Ma egli non se ne va. Ha capito che Gesù è tutto per la sua vita. E si mette a camminare con lui, a seguirlo per le strade che percorre Gesù.

Anche noi se viviamo questo incontro con Gesù e ogni liturgia con la fede di quest’uomo, non torniamo a casa rifacendo le cose di sempre, ma ci mettiamo a vivere con Gesù, imparando ad ascoltare, a fermarci come fa lui, a raccogliere il grido di tanti disperati, soli. E Gesù è capace di fare miracoli anche per mezzo nostro.