parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli
la Bibbia
Vangelo festivo
Predicazione del 14/09/03
domenica 24ª tempo ordinario - anno B
Esaltazione della Santa Croce
 

Letture: Numeri 21, 4-9; Salmo 77; Filippesi 2,6-11; Giovanni 3,13-17.

"Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me"

dal Vangelo di Giovanni, capitolo 3, versetti 14-17.

Gesù disse a Nicodemo:

“Nessuno è mai salito al cielo, fuorchè il Figlio dell`uomo che è disceso dal cielo.

14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.

17Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.”

LA CROCE: MANIFESTAZIONE
DELL’IMMENSO AMORE DI DIO PER NOI

La salvezza viene dalla Croce

La mattina di Pasqua alcune donne, andando al sepolcro, videro un giovane che disse loro: "Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui" (Marco 16,6). E l'apostolo Paolo dice: "Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani, ma per coloro che sono chiamati, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini" (1 Corinzi 1,23-25).

Oggi, con tutta la Chiesa e particolarmente con la Chiesa di Oriente, celebriamo la festa della santa Croce. La croce, segno di orrore, strumento di supplizio e di condanna a morte, per noi è diventato il segno della salvezza, il luogo dove l'amore smisurato di Dio si è manifestato fino al punto estremo. "Dio ha tanto amato il mondo - leggiamo nel vangelo di Giovanni (3,16) - da dare il suo unico figlio perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna".

Nell'entrare solennemente per la celebrazione eucaristica domenicale la croce sta avanti e precede. Ed è bella la tradizione diffusa nelle Chiese d'Oriente di avere la croce a due facce, nell'una c'è l'immagine del crocifisso e nell'altra quella del risorto.

La festa di oggi ricorda il 14 settembre del 335, quando una folla numerosa di fedeli si raccolse a Gerusalemme per la Dedicazione della Basilica del santo Sepolcro restaurata da Costantino; si ricordò in quella celebrazione anche il ritrovamento del legno della Croce. Da allora, ogni anno, viene celebrata questa memoria a Gerusalemme e il sacerdote celebrante alzando la croce la mostra verso i quattro punti cardinali, ad indicare l'universalità della salvezza. E questa celebrazione si è estesa dall'Oriente fino a tutte le Chiese.

L'immenso amore di Dio si manifesta fin sulla croce

La Croce ci parla del grande mistero di amore di Dio che si manifesta fino alla morte del figlio sul patibolo della Croce.

La Croce ci mette davanti al mistero del dolore, dell'ingiustizia, della sofferenza, della morte: di fronte ad essa noi ci smarriamo, la nostra mente non comprende, ci viene quasi di ribellarci. Gesù stesso ha vissuto le ore della sua passione conoscendo la paura, l'abbandono dei suoi amici e ha gridato dalla Croce al Padre con le parole del Salmo 21: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".

Ma da allora nessuno è più solo nel dolore, nella malattia: "egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori" (Isaia 53,4). Dopo che Lui è passato attraverso la Passione e la morte, ogni uomo non è più solo nemmeno di fronte alla morte. Dalla Croce è venuta una luce, una forza che a chi ha fede è dato di conoscere. È la forza che hanno sperimentato i martiri, i tanti deportati nei campi di concentramento o nei gulag.

Tanti hanno sofferto e hanno dato la vita: sono i martiri per la fede che in tanti anche nel corso del secolo XX, hanno testimoniato il loro amore al Signore e agli uomini. La forza della nostra fede si radica nel sangue dei martiri, a partire dal primo che ha dato se stesso per noi, Gesù Crocifisso.

Il Crocifisso ci guarisce dal male e ci salva

La prima lettura della Liturgia ci ricorda la vicenda occorsa al popolo d'Israele mentre era nel deserto, quando molti morirono per il morso di serpenti velenosi. Tale vicenda non è estranea alla condizione di tanti popoli di oggi. Di serpenti velenosi se ne aggirano molti anche nel nostro mondo e spesso sono gli stessi uomini a mordere velenosamente e non di rado mortalmente altri uomini.

Mosè innalzò un serpente di bronzo; chi lo avrebbe guardato non sarebbe morto. Era in verità una prefigurazione della croce. L'evangelista Giovanni lo scrive esplicitamente: "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna sia innalzato il Figlio dell'uomo" e poi aggiunge, quasi a ricalcare la scena biblica: "Volgeranno gli occhi a colui che hanno trafitto" (Giovanni 19,37).

Ma come è possibile esaltare uno strumento di supplizio, al punto da riservargli un giorno di festa? È come se oggi festeggiassimo la sedia elettrica e ne ponessimo immagini ovunque e la portassimo d'oro appesa al collo. Purtroppo l'abitudine all'immagine della croce ci ha fatto perdere quel senso di crudeltà che essa rappresenta, non pensiamo più che era tra gli strumenti di supplizio più duri. Ma perdendo questo senso non comprendiamo neppure fino a che punto è giunto l'amore del crocifisso.

Oggi la Chiesa nell'esaltare la Santa Croce vuole in verità esaltare appunto l'indicibile amore del crocifisso. Egli per amore "spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo"; per amore "umiliò se stesso, facendosi obbediente sino alla morte e alla morte di croce". Tutti, da sotto la croce gli gridavano: "Salva te stesso!". Ma come poteva salvare se stesso se egli mai aveva vissuto per sé? Anzi il suo vangelo era esattamente l'opposto: "non sono venuto per essere servito ma per servire", potremmo dire cioè: non sono venuto per salvare me stesso, ma gli altri.

Gesù: uno che ha amato gli altri più di se stesso

La croce ci dice che in mezzo a noi c'è uno che ama gli altri più di se stesso; uno che è disposto a dare tutta la sua vita, sino a perderla, per ognuno di noi. Lasciamoci attirare da Lui, dal suo amore che si manifesta fino a dare la vita sulla croce. Gesù aveva detto: "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Giovanni 12,32).

Ai piedi della croce prende corpo la prima comunità, quel piccolo gruppo di donne assieme alla madre e al discepolo Giovanni. Noi ci riconosciamo in questa comunità che ha inizio ai piedi della croce. In essa siamo stati chiamati a vivere.

Quando ci segniamo col segno della croce, quando lo imprimiamo sulla nostra fronte e nella nostra mente, quando lo portiamo al collo, ricordiamo che è il segno della misericordia del Signore che per noi si è lasciato condurre come pecora al macello. Considerate quale prezzo è stato pagato per il vostro riscatto - ci dice Paolo - per vivere liberi dalla schiavitù delle cose di questo mondo: "Siete stati comprati a caro prezzo: non fatevi schiavi degli uomini!" (1Corinzi 7,23).