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"Quando
sarò elevato da terra attirerò
tutti a me"
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dal
Vangelo di Giovanni, capitolo 3, versetti 14-17.
Gesù disse a Nicodemo:
Nessuno
è mai salito al cielo, fuorchè il Figlio dell`uomo
che è disceso dal cielo.
14E
come Mosè innalzò il serpente nel deserto,
così bisogna che sia innalzato il Figlio delluomo,
15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
16Dio
infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito,
perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia
la vita eterna.
17Dio
non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo,
ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
LA CROCE: MANIFESTAZIONE
DELLIMMENSO AMORE DI DIO PER NOI
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La salvezza viene dalla
Croce
La mattina di Pasqua alcune
donne, andando al sepolcro, videro un giovane che disse
loro: "Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso.
È risorto, non è qui" (Marco 16,6).
E l'apostolo Paolo dice: "Noi predichiamo Cristo
crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani,
ma per coloro che sono chiamati, predichiamo Cristo potenza
di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è
stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini,
e ciò che è debolezza di Dio è più
forte degli uomini" (1 Corinzi 1,23-25).
Oggi, con tutta la Chiesa
e particolarmente con la Chiesa di Oriente, celebriamo la
festa della santa Croce. La croce, segno di orrore, strumento
di supplizio e di condanna a morte, per noi è diventato
il segno della salvezza, il luogo dove l'amore smisurato
di Dio si è manifestato fino al punto estremo. "Dio
ha tanto amato il mondo - leggiamo nel vangelo di Giovanni
(3,16) - da dare il suo unico figlio perché chiunque
crede in lui abbia la vita eterna".
Nell'entrare solennemente
per la celebrazione eucaristica domenicale la croce sta
avanti e precede. Ed è bella la tradizione diffusa
nelle Chiese d'Oriente di avere la croce a due facce, nell'una
c'è l'immagine del crocifisso e nell'altra quella
del risorto.
La festa di oggi ricorda il
14 settembre del 335, quando una folla numerosa di fedeli
si raccolse a Gerusalemme per la Dedicazione della Basilica
del santo Sepolcro restaurata da Costantino; si ricordò
in quella celebrazione anche il ritrovamento del legno della
Croce. Da allora, ogni anno, viene celebrata questa memoria
a Gerusalemme e il sacerdote celebrante alzando la croce
la mostra verso i quattro punti cardinali, ad indicare l'universalità
della salvezza. E questa celebrazione si è estesa
dall'Oriente fino a tutte le Chiese.
L'immenso amore di Dio si
manifesta fin sulla croce
La Croce ci parla del grande
mistero di amore di Dio che si manifesta fino alla morte
del figlio sul patibolo della Croce.
La Croce ci mette davanti
al mistero del dolore, dell'ingiustizia, della sofferenza,
della morte: di fronte ad essa noi ci smarriamo, la nostra
mente non comprende, ci viene quasi di ribellarci. Gesù
stesso ha vissuto le ore della sua passione conoscendo la
paura, l'abbandono dei suoi amici e ha gridato dalla Croce
al Padre con le parole del Salmo 21: "Dio mio, Dio
mio, perché mi hai abbandonato?".
Ma da allora nessuno è
più solo nel dolore, nella malattia: "egli
si è caricato delle nostre sofferenze, si è
addossato i nostri dolori" (Isaia 53,4). Dopo che
Lui è passato attraverso la Passione e la morte,
ogni uomo non è più solo nemmeno di fronte
alla morte. Dalla Croce è venuta una luce, una forza
che a chi ha fede è dato di conoscere. È la
forza che hanno sperimentato i martiri, i tanti deportati
nei campi di concentramento o nei gulag.
Tanti hanno sofferto e hanno
dato la vita: sono i martiri per la fede che in tanti anche
nel corso del secolo XX, hanno testimoniato il loro amore
al Signore e agli uomini. La forza della nostra fede si
radica nel sangue dei martiri, a partire dal primo che ha
dato se stesso per noi, Gesù Crocifisso.
Il Crocifisso ci guarisce
dal male e ci salva
La prima lettura della Liturgia
ci ricorda la vicenda occorsa al popolo d'Israele mentre
era nel deserto, quando molti morirono per il morso di serpenti
velenosi. Tale vicenda non è estranea alla condizione
di tanti popoli di oggi. Di serpenti velenosi se ne aggirano
molti anche nel nostro mondo e spesso sono gli stessi uomini
a mordere velenosamente e non di rado mortalmente altri
uomini.
Mosè innalzò
un serpente di bronzo; chi lo avrebbe guardato non sarebbe
morto. Era in verità una prefigurazione della croce.
L'evangelista Giovanni lo scrive esplicitamente: "Come
Mosè innalzò il serpente nel deserto, così
bisogna sia innalzato il Figlio dell'uomo" e poi
aggiunge, quasi a ricalcare la scena biblica: "Volgeranno
gli occhi a colui che hanno trafitto" (Giovanni
19,37).
Ma come è possibile
esaltare uno strumento di supplizio, al punto da riservargli
un giorno di festa? È come se oggi festeggiassimo
la sedia elettrica e ne ponessimo immagini ovunque e la
portassimo d'oro appesa al collo. Purtroppo l'abitudine
all'immagine della croce ci ha fatto perdere quel senso
di crudeltà che essa rappresenta, non pensiamo più
che era tra gli strumenti di supplizio più duri.
Ma perdendo questo senso non comprendiamo neppure fino a
che punto è giunto l'amore del crocifisso.
Oggi la Chiesa nell'esaltare
la Santa Croce vuole in verità esaltare appunto l'indicibile
amore del crocifisso. Egli per amore "spogliò
se stesso, assumendo la condizione di servo"; per
amore "umiliò se stesso, facendosi obbediente
sino alla morte e alla morte di croce". Tutti,
da sotto la croce gli gridavano: "Salva te stesso!".
Ma come poteva salvare se stesso se egli mai aveva vissuto
per sé? Anzi il suo vangelo era esattamente l'opposto:
"non sono venuto per essere servito ma per servire",
potremmo dire cioè: non sono venuto per salvare me
stesso, ma gli altri.
Gesù: uno che ha
amato gli altri più di se stesso
La croce ci dice che in mezzo
a noi c'è uno che ama gli altri più di se
stesso; uno che è disposto a dare tutta la sua vita,
sino a perderla, per ognuno di noi. Lasciamoci attirare
da Lui, dal suo amore che si manifesta fino a dare la vita
sulla croce. Gesù aveva detto: "Io, quando
sarò elevato da terra, attirerò tutti a me"
(Giovanni 12,32).
Ai piedi della croce prende
corpo la prima comunità, quel piccolo gruppo di donne
assieme alla madre e al discepolo Giovanni. Noi ci riconosciamo
in questa comunità che ha inizio ai piedi della croce.
In essa siamo stati chiamati a vivere.
Quando ci segniamo col segno
della croce, quando lo imprimiamo sulla nostra fronte e
nella nostra mente, quando lo portiamo al collo, ricordiamo
che è il segno della misericordia del Signore che
per noi si è lasciato condurre come pecora al macello.
Considerate quale prezzo è stato pagato per il vostro
riscatto - ci dice Paolo - per vivere liberi dalla schiavitù
delle cose di questo mondo: "Siete stati comprati
a caro prezzo: non fatevi schiavi degli uomini!"
(1Corinzi 7,23).
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