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"Effatà"
Aprirci all'amore di Dio"
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dal
Vangelo di Marco, capitolo 7, versetti 31-37.
31Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone,
dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio
della Decàpoli.
32E
gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano.
33E
portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le
dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua;
34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse:
«Effatà» cioè: «Apriti!».
35E
subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della
sua lingua e parlava correttamente.
36E
comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più
egli lo raccomandava, più essi ne parlavano 37e,
pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa;
fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
NON
LASCIAMO IL SIGNORE SOLO
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Il
Signore cammina per le nostre strade
Col mese di settembre abbiamo ripreso a ritrovarci insieme
nella santa liturgia, l'incontro familiare col Signore,
che ci parla, che ci indica la strada da seguire e ci invita
a percorrerla con lui.
Nel
racconto evangelico di oggi - però - c'è un
silenzio circa i discepoli, sui cui torneremo dopo e che
ci fa riflettere.
Gesù
è di ritorno dalla regione di Tiro e va in Galilea
passando per la città di Sidone. Sono regioni dove
abitano i pagani, quelli che non conoscono ancora il Dio
di Israele. Poco prima ha incontrato una donna che chiede
insistentemente aiuto per la sua figlioletta sconvolta da
attacchi convulsivi. E ha guarito questa bambina. Ora gli
presentano un sordomuto e gli chiedono di imporre le mani
su di lui.
Gesù
non ha mai smesso di andare incontro agli uomini, anche
oggi egli continua a camminare per le strade di questo mondo,
e incontra tante persone che invocano, chiedono aiuto, sono
nella sofferenza o nel buio per la loro vita.
In
questo brano non sono menzionati i discepoli di Gesù:
dove sono? Sono rimasti indietro? Se ne stanno un po' in
disparte? Stanno con lui ma fanno solo da spettatori? Non
lo sappiamo, sappiamo solo che il Vangelo in questo episodio
non li nomina. Queste domande circa i discepoli vogliamo
sentirle rivolte a noi.
L'amore
buono del Signore per gli uomini
Noi
abbiamo conosciuto l'amore buono del Signore, egli si è
chinato sulla nostra vita, ci ha toccato, ci ha parlato,
ci ha aperto gli orecchi e ci ha sciolto la lingua. Qualcuno
ci ha aiutato a incontrarlo. Il Signore ha fatto con noi
come con quel sordomuto. E da persone che erano sorde alle
voci che provengono dal di fuori della propria vita, da
persone che non sapevano parlare se non di se stessi solamente,
siamo diventati capaci di vedere attorno a noi e di sentire:
vedere tanti che sono soli, tanti che sono deboli e abbattuti,
tanti che sono amareggiati per le esperienze della vita
o per le prove che si sono abbattute su di loro.
Che
cosa possiamo dire oggi del nostro stare col Signore, del
nostro camminare con lui, noi che lo abbiamo incontrato
e abbiamo sperimentato che egli ci ha aperto le orecchie
e ci ha sciolto la lingua?
Il
Signore continua a camminare per le strade di questa terra
incontro agli uomini.
Dove
stiamo noi? Siamo col Signore? Siamo come quelli del Vangelo
che aiutano questo sordomuto ad arrivare davanti al Signore?
La
forza debole del Vangelo
Oggi
sono in tanti a credere che sognare un mondo diverso, lavorare
per cambiare questo mondo, per difendere i deboli e i poveri,
è inutile o serve a poco. Tanto - dicono - la realtà
rimane sempre quella. E pensano che essere realisti è
una virtù, sognare è invece inutile.Forse
ci lasciamo anche noi sedurre da questo realismo?
L'apostolo
Giacomo ci dice che i discepoli di Gesù non si adattano
alla mentalità di questo mondo. Per il mondo i ricchi
vanno avanti e i poveri rimangono indietro. Per voi - ci
dice l'apostolo - non sia così. "Supponiamo
che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello
d'oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un
povero con un vestito logoro. Se voi guardate a colui che
è vestito splendidamente e gli dite:"Tu siediti
qui comodamente", e al povero dite: "Tu mettiti
in piedi lì", oppure: "Siediti qui ai piedi
del mio sgabello", non fate voi preferenze e non siete
giudici dai giudizi perversi?" (Giacomo 2, 2-4).
E
qui pensiamo alla cura amorevole della comunità lungo
questi anni, per rieducare il nostro cuore, rinnovare la
nostra mentalità. Pensiamo al dono di servire i poveri,
agli incontri con tanti poveri della nostra città,
alle amicizie nate con tanti di loro - anziani soli, anziani
negli istituti, persone che vivono per strada
-.
Il
Signore viene nella nostra vita per cambiarla e cammina
per le strade del mondo con i suoi discepoli per cambiare
questo mondo. Egli è venuto a realizzare il sogno
dei profeti, il sogno del Padre suo, come lo aveva anticipato
il profeta Isaia, vissuto nell'VIII secolo prima di Cristo:
"Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno
gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come
un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché
scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella
steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il
suolo riarso si muterà in sorgenti d'acqua"
(Isaia 5,7).
"Allora
si apriranno gli occhi
allora lo zoppo salterà
come un cervo
": quando è questo "allora"?
Questo "allora" diventa presente, diventa
"ora" quando il Signore si incontra con
la vita di queste persone, quando i discepoli del Signore
aiutano tanti a incontrare il Signore. Ed egli li guarisce.
Annunciare
agli altri la liberazione
Non
lasciamoci scorrere la vita addosso, non ci adattiamo alla
mentalità corrente di questo mondo. Se noi abbiamo
sperimentato nella nostra vita la guarigione che viene dal
Signore, non trascorriamo i mesi e gli anni che ci restano
vivendo come fanno tanti in questo mondo.
Allarghiamo
e non restringiamo lo spazio per il Signore ogni giorno
della nostra settimana, non releghiamo il Signore e il tempo
da spendere con lui in piccoli angoli durante la settimana.
Il
realismo della vita così come è, non è
per noi una virtù, è piuttosto una rassegnazione
triste su di noi e sugli altri. Noi oggi riceviamo di nuovo
la Parola che abbiamo ricevuto, in cui abbiamo creduto e
che desideriamo annunciare agli altri ad alta voce: "Coraggio!
Non temete; ecco il vostro Dio
Egli viene a salvarvi"
(Isaia 35, 4)
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