parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli
la Bibbia
Vangelo festivo
Predicazione del 25/12/02
Natale del Signore Gesù- anno B
 

Letture: Isaia 9,1-3.5-6; Salmo 95; Tito 2, 11-14; Luca 2, 1-20.


"Oggi vi è nato un salvatore"

dal Vangelo di Luca, capitolo 2, versetti 1-20.

1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio.

3Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. 4Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, 5per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta.

6Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.

8C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce.

Essi furono presi da grande spavento, 10ma l'angelo disse loro: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia". 13E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
14"Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama".

15Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: "Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere". 16Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. 19Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.

20I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.

SALIAMO VERSO LA GROTTA A VEDERE IL SIGNORE

Una notte diversa dalle altre

"Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce". Sono le parole del profeta Isaia (9,1) che annunciano quello che è accaduto nella notte di Natale. Una notte diversa dalle altre; una notte che riunisce attorno a un bambino appena nato.

Il vangelo di Luca scrive di quella notte: "C'erano nella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge" (2,8). Sono parole che potremmo applicare anche alla nostra vita. Anche noi, infatti, siamo intenti "alle nostre greggi", alle "nostre cose", siano esse consolanti o dure, semplici o complesse, liete o dolorose. Certo ognuno ha, nel segreto del cuore, forse un problema, un'angoscia, una domanda, magari una preghiera.

Un angelo parla anche a noi

Nella notte di Natale, come allora ai pastori, anche a noi appare un angelo; si presenta davanti a noi e ci dice: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore" (vv. 10-11).

La Chiesa, che ci riunisce nella santa liturgia, ci fa ascoltare questa voce; per alcuni risuona più forte, per altri meno e per altri può affondare in ricordi lontani. Quello che conta è che questa notte tutti siamo usciti dalle nostre case per venire qui. Ma il nostro cammino non è terminato entrando in chiesa. C'è bisogno che il nostro cammino continui ancora. Il Natale non è dietro l'angolo, non è a portata di mano come vorrebbero farci credere gli addobbi e le luci.

Saliamo anche noi a Betlemme

Il vangelo, parlando del viaggio di Maria e di Giuseppe, lo presenta come un cammino in salita: "Anche Giuseppe, che era della casa di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea a Gerusalemme" (v. 4). Questo sta a dire che il Natale non è scontato; che non è scontato comprendere quello che accade nella notte di Natale. Anzi, c'è il rischio di essere sviati. Abbiamo bisogno di uscire dalle nostre case, magari di notte, come fece Nicodemo. Ed è necessario avere un cuore attento, vigile e pronto ad ascoltare la parola evangelica. Anche noi dobbiamo "salire" verso Betlemme, "salire" verso quella grotta.

La liturgia di Natale ci fa salire verso quella grotta ove possiamo vedere il Signore. L'angelo anche a noi nella notte di questo mondo ripete quello che disse ai pastori: "Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (v. 12). E noi vogliamo vedere il Signore, come hanno fatto quei pastori. Si! Vogliamo vedere Gesù. È un bambino avvolto in fasce. È piccolo e indifeso, eppure è il nostro salvatore.

La salvezza da un bambino?

Davvero ci sembra impossibile. Come può un bambino essere il Salvatore? Ecco perché non è scontato il Natale. E non è scontato soprattutto per noi che siamo abituati a esaltare la forza e dare credito solo alla potenza.

Come è possibile credere che quel piccolo bambino, nato per di più in una stalla, sia colui che salva il mondo? Come è possibile crederlo di fronte ai gravi problemi del mondo? L'impossibilità sembra ancora più evidente se si pensa a come finirà quel bambino.

Nell'icona della Natività si presenta unito il mistero della nascita e quello della morte di Gesù: la culla è un piccolo sarcofago, le fasce sono come le bende del sepolcro e la montagna è il Calvario. Eppure è qui la nostra salvezza: in questo bambino fragile, debole e indifeso.

II mistero del Natale viene a dirci che non siamo condannati a essere forti e potenti secondo il mondo per venire salvati. Certo suona strano alle nostre orecchie, perché la nostra mentalità poco riconosce i segni evangelici della salvezza. Questo è accaduto anche alla città di Betlemme.

Una città che non sa accogliere

Noi ricordiamo l'accaduto con il presepe e ci commuoviamo. Ma in quella scena si rivela la cruda realtà di una città che non sa accogliere due giovani stranieri, come lo erano Maria e Giuseppe. Gli uomini non sanno trovare loro un posto; tutto è occupato e Gesù deve nascere fuori, in una stalla.

È una storia tanto antica, eppure tanto attuale. Ma è giusto commuoversi, non per la fredda indifferenza di Betlemme e nostra; è giusto commuoversi per il grande amore di Dio. Egli è venuto anche se noi non lo abbiamo riconosciuto, come scrive Giovanni nel suo prologo: "Venne tra i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto" (v. 1,11). Non se ne è andato via neppure quando gli abbiamo sbattuto la porta in faccia. Per questo è giusto commuoversi e venire a vedere questo bambino. È davvero grande; è davvero diverso.

Quel bambino ci commuove e noi ci stringiamo a lui

Viene allora anche a noi quel desiderio forte di Francesco d'Assisi quando nel lontano Natale del 1223 disse: "Voglio vedere Gesù". E inventò il presepe vivente. Racconta una tradizione che Francesco strinse fra le sue braccia un piccolo neonato venuto dal cielo. La fragilità di quel bambino toccò il cuore di Francesco e commosse tutti i contadini che erano accorsi. Così furono toccati nel cuore i primi pastori di Betlemme. Essi, forse rozzi e abbrutiti dal lavoro, riconobbero in quel bambino l'amore del Signore che si era avvicinato a loro. Se Gesù fosse nato in un palazzo non lo avrebbero incontrato.

Quel bambino ora è davanti ai nostri occhi perché anche noi ci commuoviamo e, come quei pastori, come Francesco d'Assisi, lo abbracciamo, ce lo stringiamo al cuore perché resti sempre con noi.