parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli
la Bibbia
Vangelo festivo
Predicazione del 03/11/02
Domenica 31ª del tempo Ordinario - anno A
 

Letture: Malachia 1,14 - 2,2.8-10; Salmo 130; 1 Tessalonicesi 2,7-9.13; Matteo 23, 1-12.


Gesù e gli scribi

dal Vangelo di Matteo, capitolo 23 versetti 12.

1Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: 2«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.

4Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6amano posti d`onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe 7e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì``dalla gente.

8Ma voi non fatevi chiamare "rabbì``, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. 10E non fatevi chiamare "maestrì`, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.

11Il più grande tra voi sia vostro servo; 12chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.

LA VITA DELLA COMUNITÀ DEI DISCEPOLI

Il rischio di dire e non fare

Le parole che Gesù rivolge alla comunità dei discepoli e a tutta la folla - e che rivolge oggi a noi - sono un invito accorato a vivere secondo la sua parola. Parlando degli scribi e dei farisei, il Signore ci apre gli occhi sui rischi della comunità cristiana: essere d'accordo teoricamente con le sue parole ed agire all'opposto - "dicono e non fanno"- , perdersi dietro tante piccole regole trascurando il comandamento dell'amore per tutti, voler prevalere sugli altri, fare le cose per apparire davanti agli altri.

La pagina delle beatitudini ci indirizza per una strada ben diversa: l'umiltà e la purezza di cuore, la mitezza, l'amore per la giustizia e per la pace, la misericordia. È questo il "sentiero della vita" (salmo 15,11) al quale ci indirizza il Signore attraverso le sue parole e i suoi comportamenti.

Gesù è il nostro maestro

I tanti modi di pensare e di agire che osserviamo attorno a noi, i messaggi che ci giungono da varie parti, ci possono confondere. Per questo Gesù ci dice: "Uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli" (Matteo 23,8). Gesù è il nostro maestro. Egli ci parla con amore e si preoccupa di nutrire la nostra mente di pensieri che ci liberano dall'orgoglio, dalla superbia, dalla prepotenza; nutre anche il nostro cuore dandoci sentimenti di misericordia, di comprensione, di amore.

L'evangelista Luca ci racconta che il giorno dell'ultima cena, mentre Gesù è a tavola con i suoi, nasce una discussione tra i discepoli su chi fosse la persona più importante fra di loro. E Gesù interviene dicendo: "Chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve" (Luca 22,26-27).

Comunità e fraternità

Gesù, mentre stiamo accanto a Lui, ci chiama a riconoscerci tutti come fratelli e sorelle. La comunità del Signore è tale se vive la fraternità concretamente, sotto lo sguardo premuroso di Dio nostro Padre. L'amore su cui si fonda la comunità è l'amore del Signore che è arrivato a dare la sua vita per noi, indipendentemente dai nostri meriti. E Gesù ci ha esortato a vivere nel suo amore: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati … Voi siete miei amici se farete ciò che vi comando… Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri" (Giovanni 15,12-17).

Servire gli altri è il frutto dell'amore. Gli orgogliosi sono coloro che amano solo se stessi e per questo restano distaccati e lontani; gli umili sono quelli che amano il Signore dal quale apprendono a farsi vicini agli altri come il buon samaritano. E il Signore Gesù dice: "Chi si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato" (Matteo 23,12).

La fraternità con "i più piccoli"

Imparando dal Signore a vivere come lui, cresce fra di noi la fraternità; e i più piccoli, i deboli, i dimenticati sono "i più piccoli" dei suoi fratelli. A partire di qui nascono i tanti incontri, l'amicizia, l'aiuto concreto con i poveri, i deboli, i malati, gli stranieri. E si intrecciano tante storie belle che rendono noi e questo mondo più umani, più fratelli, più giusti.

Abbiamo vissuto in questi giorni due momenti molto belli di comunione, di amore largo: la festa di tutti i Santi e la memoria di tutti i nostri fratelli defunti. Abbiamo contemplato la casa del Padre, con Gesù e tutti i suoi amici: gli apostoli, i martiri, i santi, i defunti di ogni tempo, i tanti amici che abbiamo conosciuto, accompagnato e che ora vivono nella casa del Padre, nella gioia della sua presenza.

Entrare più profondamente in una storia più larga di noi stessi

La visione di questo popolo immenso "di ogni nazione, razza, popolo e lingua" ci spinge a non restringere la vita al nostro piccolo presente, alle piccole battaglie quotidiane, ma a vivere sempre più intensamente questa storia più larga di noi stessi, nella quale il Signore ci ha introdotti.

Camminiamo con gioia per questa strada larga, guidati dal Signore nostro maestro e sotto lo sguardo amorevole di un Padre buono, il "Padre nostro". Combattiamo la buona battaglia dell'amore, della pace, della fraternità.

Verso la fine della sua vita, l'apostolo Paolo scrivendo al discepolo Timoteo, diceva: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione" (2 Timoteo 4,7-8).

Ringraziamo ancora il Signore che ci riunisce, ci parla, ci guida per strade nuove, larghe e belle e rende la nostra vita sempre più ricca di beni che non invecchiano e di tesori che non si consumano (cfr. Matteo 6,19-20).