parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli
la Bibbia
Vangelo festivo
Predicazione del 15/09/02
Domenica 24ª del tempo Ordinario - anno A
 

Letture: Siracide 27,30 - 28,7; Salmo 102; Romani 14, 7-9; Matteo 18, 21-35.


Pietro e Paolo si abbracciano

dal Vangelo di Matteo, capitolo 18 versetti 21-35.

21Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?". 22E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

23A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 24Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. 25Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. 26Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. 27Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.

28Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! 29Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. 30Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.

31Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. 33Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? 34E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello".

COME CRISTIANI SIAMO CHIAMATI A PERDONARE E A DIALOGARE

Saper parlare agli uomini di oggi di perdono, misericordia

La Parola proclamata in questa liturgia ci parla di perdono, di misericordia, di non conservare rancore, ma di perdonare e perdonare con tutto il cuore; dice l'antico libro della saggezza di Israele, il Siracide: "il rancore e l'ira sono un abominio … perdona l'offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati" (Siracide 27,30 e 28,2).

Come possiamo accogliere noi queste parole in un tempo in cui si parla di nuove guerre, si pensa di affrontare i problemi e i conflitti con la forza, di rispondere alla violenza con altra violenza? C'è una tendenza - che sembra accentuarsi negli ultimi tempi - a vivere pensando solo a se stessi, a rinchiudersi di fronte alle spinte di popolo che vengono da fuori, che bussano alle nostre porte spinti dalla disperazione, provenienti dalle regioni più povere del nostro pianeta.

La nostra responsabilità di cristiani nel tempo presente

Come porci, come cristiani, in questa realtà e comunicare un modo diverso di pensare, di vedere e di operare?

Pochi o molti che siano, i credenti per non essere assimilati al pensare comune, alla cultura dominante del ripiegamento su se stessi e della insensibilità, devono attingere alla fonte inesauribile delle Scritture Sante. Per scoprire la vocazione e il compito a cui il Signore chiama in questo tempo, non accontentiamoci di qualche gesto di generosità o della ricezione dei sacramenti. È tempo di lasciarci rinnovare nei pensieri e negli affetti dalla Parola del Signore.

La prima domanda che la pagina evangelica ci pone è quella che riguarda i nostri rapporti vicendevoli, nella misura in cui ci definiamo cristiani. "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello - chiede Pietro a Gesù - se pecca contro di me? Fino a sette volte?".

È una domanda da farci in maniera personale e che chiede di ripensare i nostri rapporti vicendevoli. L'ottica non è quella della rivalsa, della affermazione delle proprie ragioni, ma quella della disponibilità al perdono, con un atteggiamento di cuore paziente e comprensivo, che apprendiamo dal Signore.

"Chi riconosce i propri peccati - dice S. Giovanni Crisostomo (in Matth. 61,5) - sarà più disposto a perdonare al proprio fratello. E non solo a perdonare con la bocca, ma di cuore".

La memoria della propria storia davanti al Signore aiuta ad essere più umani e misericordiosi

E qui viene da farci un'altra domanda: Quale è la consapevolezza che abbiamo della nostra condizione, del nostro debito di fronte al Signore. C'è la coscienza delle nostre debolezze, dei nostri errori, del nostro peccato? E del dono grande che è la Parola del Signore, che apre gli occhi e ci permette di vivere una vita solidale e fraterna?

Quell'uomo - di cui ci parla la parabola raccontata da Gesù - che non sa essere comprensivo verso il proprio compagno per una cifra irrisoria che gli era dovuta, aveva presto dimenticato il gesto immenso di misericordia che gli era stato fatto. La durezza verso gli altri spesso denuncia assenza di memoria.

A partire dalla nostra storia recente, dovremmo ricordare quanti delle generazioni dopo la prima e della seconda guerra mondiale, sono dovuti partire dall'Italia per le condizioni di estrema miseria in cui si viveva, per andare in cerca di paesi che potessero accoglierli e permettere loro una vita più dignitosa e umana. Ma sembra che oggi la memoria si sia accorciata, tante volte capace di ricordare solo quello che abbiamo fatto il giorno prima!

Il perdono dato rende miti, gioiosi e fa crescere nell'amore

Ancora Giovanni Crisostomo, il grande padre della Chiesa bizantina, nel commentare la pagina del vangelo di oggi, parla dei danni che derivano dal rancore: "Se ti ostini nella tua indignazione e nel risentimento, allora sarai tu stesso a riportare il danno: non quello che ti procurerà l'offesa del nemico, ma quello che ti deriverà dal tuo rancore. Infatti chi non sa adirarsi contro coloro che l'offendono, tanto più sarà mite verso gli amici. Chi non si adira né odia, non sa neppure essere triste, ma godrà di gioia e di beni infiniti. Odiando infatti gli altri, noi puniamo noi stessi; e al contrario, benefichiamo noi stessi, amando".

Quante tensioni, quanto nervosismo, quanta insoddisfazione, provocano questo modo di vivere cercando sempre le proprie ragioni da una parte e i torti degli altri dall'altra! E se la logica della contrapposizione, dello scontro diventa il modo di affrontare i tanti problemi di questo mondo, allora vediamo il futuro diventare più oscuro e pieno di pericoli maggiori.

Se vogliamo essere discepoli del Signore, cristiani che aiutano questo mondo ad essere migliore, dobbiamo imparare a pensare, a sentire, a vivere come Dio: "Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro … non condannate e non sarete condannati, perdonate e vi sarà perdonato" (Luca 6, 36-37).

Qualcosa che - pur avendo tanto - ci manca ancora

Se vogliamo crescere nella vita spirituale, ripensiamo alle parole che Gesù rivolge all'uomo ricco. Egli osservava tutti i comandamenti, ma sentiva che gli mancava qualcosa. Gesù gli manifesta che cosa fare perché non gli manchi più niente: "Se tu vuoi essere perfetto, va, vendi i tuoi beni e seguimi" (Matteo 19,21). L'attaccamento ai beni, il vivere secondo la cultura del consumismo ci rende avari, impietosi, come l'uomo della parabola nei confronti del suo compagno.

"Date e vi sarà dato … perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio" (Luca 6, 38). Cerchiamo ogni giorno nella parola del Vangelo l'orientamento per i nostri pensieri, i nostri affetti e per quello che il Signore ci aiuterà a compiere, imparando a camminare con lui anche controcorrente.