Un "altro" Natale
Una storia di poveri, non solo di ieri ma anche di oggi

È venuto un altro Natale e di nuovo ricordiamo la storia che avvenne a Betlemme: una piccola famiglia di Nazareth - sotto la spinta di un potere forte, quello romano – deve andare a farsi registrare a Betlemme, suo luogo di origine.

Maria è incinta e mentre si trova a Betlemme si compiono per lei i giorni del parto. Ma quella piccola famiglia non trova un posto nell’albergo.

Così Maria dà alla luce il suo figlio e lo depone in una mangiatoia.

È una storia di poveri, di tanti poveri non solo di ieri ma anche di oggi, che non hanno un posto, non hanno una casa.

Ma forse noi, preoccupati per il nostro futuro, non abbiamo tempo di pensare a tanta povera gente che vaga raminga anche nelle nostre città. Siamo preoccupati per il terrorismo, per le guerre che sembrano non finire mai, per le troppe violenze.

Magari cerchiamo di non pensarci, di stordirci con un po’ di allegria, un po’ di festa; ci viene di rinchiuderci, di pensare solo a noi e alla nostra famiglia.

Ma se ci fermiamo a riflettere, la tradizione del Natale è più che una tradizione: da Betlemme viene una luce, una luce che non

finisce e che dirada le tenebre del nostro cuore.

Quel Dio che si fa uomo, che nasce indifeso e bambino a Betlemme non ha paura di venire in mezzo agli uomini, tante volte inospitali e violenti. Quel bambino porta amore, scaccia le nostre paure e ci fa conoscere la gioia.

In quel bambino con accanto Maria e Giuseppe, attorniato da un gruppo di poveri pastori noi vediamo l’immagine di un mondo nuovo. E questa immagine di pace, di riconciliazione diventa realtà in tante chiese proprio nel giorno di Natale quando, dopo la celebrazione liturgica si aprono per accogliere tanti poveri – anziani soli, stranieri, gente che vive per strada senza una casa – e pranzare insieme nella casa del Signore.

È un segno che possiamo accogliere, su cui riflettere. Segno di una liberazione dall’egoismo e dalla cecità, segno di un’apertura di cuori che è possibile.