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La Parola e la vita - Napoli

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la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 16/06/24

Domenica 11ª del Tempo Ordinario
 
 

Letture: Ezechiele 17, 22-24; Salmo 91; 2Corinzi 5, 6-10; Marco 4, 26-34.

 

dal Vangelo di Marco 04, 26-34

26Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».

30Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».

33Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.


LA FORZA NASCOSTA DELLA PAROLA DI DIO


«Il regno di Dio è come un granello di senape
che è il più piccolo di tutti i semi.
Ma poi cresce e diventa il più grande
di tutte le piante dell'orto».

Il Regno di Dio paragonato a un seme che cresce

La liturgia che celebriamo ci coinvolge in un dinamismo che incide nella nostra vita, un dinamismo che viene dalla Parola di Dio che il Signore semina in noi. Il vangelo di oggi ci presenta due piccole parabole che raccontano la crescita del seme, una crescita che provoca la nostra cultura del rendimento, della produttività e dell’efficienza.

In questo tempo vediamo che c’è un impoverimento delle relazioni, stiamo passando da “una società delle credenze” ad “una società di opinioni”, dove ognuno ha il proprio parere sulla vita. In questa realtà si cala la Parola di Dio. Attraverso queste due parabole Gesù ci parla del suo Regno, di come viene e come opera in mezzo a noi. Ci parla di un contadino che mette un seme nel terreno e di quello che succede al seme, mentre il contadino continua a fare le sue cose. Ma senza che lui intervenga c’è qualcosa che accade al seme: una vita che sboccia, che cresce e che porta frutto. Come avviene tutto questo, il contadino non lo sa.

La forza del seme della Parola di Dio

La seconda parabola sottolinea gli inizi apparentemente insignificanti e il magnifico risultato finale: «il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga ... subito dopo arriva la mietitura». E così alla fine il contadino, da seminatore diventa mietitore.

Con queste immagini Gesù vuole parlarci di quello che avviene quando il seme della Parola di Dio viene seminato in noi e di quando noi stessi comunichiamo ad altri la Parola che abbiamo ricevuto. La Parola di Dio è come quel piccolo seme, che ha una forza in sé e cerca solo un terreno che lo accolga e lo lasci agire. E anche i piccoli gesti di amore verso gli altri che noi possiamo compiere hanno una forza in sé.

Seminare gesti di amore ovunque

Sono i piccoli gesti di amore gratuito, li possiamo chiamare “semi di umanità”, di quella umanità che manifesta l’immagine di Dio: un gesto amichevole, un sorriso accogliente a chi è solo, un segno di vicinanza a chi comincia a disperare. Sono piccoli semi del regno di Dio che tutti possiamo seminare nella nostra società, dove ogni giorno ci sono notizie di guerre, di odi, violenze.

Questo mondo ha bisogno che venga il regno di Dio. Gesù nella sua predicazione si rivolge a tutti, egli ci prova con tutti e noi da lui impariamo a fare altrettanto: egli andava per le strade, nelle città e nei villaggi, parlava alle folle, a quelli ben disposti e anche a quelli indisposti, sempre pronti ad accusarlo. Da queste due piccole parabole emerge la fiducia di Gesù: egli si rivolge a tutti, anche a quelli che sono fuori.

Siamo chiamati ad essere anche noi seminatori

Siamo chiamati a seminare semi buoni nelle diverse situazioni e luoghi, con la fiducia del contadino della parabola. Ricordiamo la parabola del seminatore, che sembra un po’ sbadato: semina sulla strada, sul terreno pietroso, fra le spine e sul terreno buono. Noi abbiamo un tesoro ricevuto da Dio e siamo anche noi seminatori: seminiamo il seme ricevuto ricevuto. Anche noi non sappiamo che cosa avverrà nelle persone, nella loro mente e nel loro cuore. Ma sappiamo che ciò che è stato seminato ha una sua forza e darà il frutto a suo tempo, se trova un terreno accogliente.

Non disprezziamo il piccolo seme della Parola di Dio, «non disprezziamo gli umili inizi», come dice il profeta Zaccaria (Zac 4,10). E papa Gregorio Magno commenta: «Perciò se vediamo un uomo che tende verso l’ideale con l’anima ancora debole non lo si disprezzi, mai, perché il grano di Dio comincia con l’essere erba per poi diventare chicco maturo» (Omelie su Ezechiele II, 3,5-6).

Da seminatori a raccoglitori

Gesù ci comunica interesse, curiosità, passione per questo nostro mondo. Riflettiamo su quanto avviene al minuscolo granello di senape. Anche se gli inizi sono apparentemente insignificanti, il seme è destinato a diventare un albero; e poi aggiungetevi l’immagine degli uccelli che «vengono a fare il nido alla sua ombra» (v.32). Quanti piccoli, quante persone sole, hanno trovato riparo. Beati i piccoli, i poveri in spirito, gli umili – dice Gesù.

«Il più piccolo di tutti i semi sulla terra» riguarda non solo la prima predicazione di Gesù, ma tutta la sua missione. Questa piccolezza la ritroviamo anche nella predicazione della Chiesa di ieri e di oggi. E la sua portata non conosce limiti. Ma sappiamo che se è il seminatore che dona il seme, la fruttuosità dipende dalla qualità dell’accoglienza, dell’accoglienza di ciascuno di noi.

Intenzioni di preghiera

1) Perché, con rinnovata speranza, camminiamo per le strade degli uomini, comunichiamo il Vangelo, certi che il Signore farà germogliare e giungere a maturità il seme gettato.

2) Per Papa Francesco, per il nostro vescovo Domenico e per tutta la Chiesa perché, nata da un piccolo seme, sia capace di accogliere all’ombra dei suoi rami tutti, soprattutto coloro che sono affaticati e oppressi.

3) Per noi, perché non temiamo di essere piccolo seme gettato nel mondo, ma sappiamo accogliere e confortare chi cerca ristoro e speranza dal male, dalla violenza, dall’abbandono.

4) Perché il Signore, che abbraccia sempre le folle stanche di questo mondo, allontani la malattia, liberi dalla fame, renda la libertà ai prigionieri, giustizia agli oppressi e soprattutto pace a chi è nella guerra. Per l’Ucraina, per Gaza, per il Sudan, per ogni paese in cui si combatte.

5) Per i poveri, gli anziani, gli ammalati e per quanti soffrono nel corpo e nello spirito, affinché trovino sempre nella Parola del Signore la sorgente della loro consolazione e la ragione della loro speranza. Perché viviamo l’amicizia e la compagnia vero balsamo per ogni tristezza.