parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 26/04/15

Quarta Domenica di Pasqua /B
 

Letture: Atti 4,8-12; Salmo 117; 1Giovanni 3,1-2; Giovanni 10,11-18.

 

Dal Vangelo di Giovanni capitolo 10, versetti da 11 a 18

11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.

17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».


GESÙ, BUON PASTORE, CI INSEGNA A VIVERE COME LUI

BuonPastore
«Io sono il buon pastore,
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me»

Gesù ci conosce nel profondo,
noi lo conosciamo ancora poco

“Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”: così Gesù si presenta oggi a noi, in questa domenica chiamata appunto del “buon pastore”. Pensiamo all’esperienza che ognuno di noi ha fatto come discepolo nella casa del Signore. Riflettiamo su questo amore fedele, su questa cura attenta che Egli ha avuto ed ha per nostra vita, sul continuo invito a camminare insieme, proprio come fa il pastore quando una pecora si allontana dal gregge, per essere guidati verso “pascoli erbosi” e “acque tranquille” come recita il salmo (Sal 22, 2).

Egli ci conosce nell’intimo, conosce le nostre debolezze, le nostre infedeltà, ma non smette di parlarci con amore, perché ci lasciamo trasformare da lui e conoscerlo come Lui conosce il Padre. “Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me” – egli dice – e noi sappiamo quanto questa nostra conoscenza è ancora tanto distante dalla nostra conoscenza di Lui, per poter dire con San Paolo: “e non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).

Anche perché la conoscenza del Signore non è mai un fatto intellettuale, astratto, ma è incontro, amicizia, servizio. Abbiamo bisogno ogni giorno di imparare a conoscere come Gesù conosce. E quando egli dice “ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche queste io devo guidare” vuole aiutarci a dirigere il nostro sguardo verso quelli che ancora non guardiamo, accanto ai quali ancora non ci fermiamo.

La cultura del mercenario e quella del pastore

Sappiamo quanto questo nostro mondo è pieno di mercenari, quanto è facile vivere da mercenari, attenti molto a sé e poco agli altri, a quelli sono smarriti, stanchi ed indifesi, che arrivano stravolti sulle nostre coste; “e il lupo le rapisce e le disperde” – dice Gesù. C’è un lavoro paziente del Signore, possiamo dire di rieducazione da una cultura da mercenario a pastore che si commuove vedendo quelli che vagano, abbandonati a se stessi. Quante persone sono rapite dai lupi e disperse nelle nostre città, senza qualcuno che si fermi accanto a loro.

“Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” – scrive Paolo nella lettera ai Filippesi (2, 5) – cioè imparate anche voi ad essere pastori, a prendervi cura, andando oltre il vostro sguardo solito. Conversione pastorale significa imparare a vivere la stessa passione del buon pastore che ci ha riuniti, ci ha salvati dalla dispersione e dalla solitudine, dai miraggi di cibi che non soddisfano e di acque che non dissetano. C’è sempre la tentazione di vivere nella casa del Signore pensando a sé, nell’abitudine ai doni ricevuti senza lasciarci muovere dagli stessi sentimenti del “buon pastore”.

“Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto?” – dice Gesù a Filippo (Gv 14, 9). C’è urgenza, c’è bisogno di rispondere a quanto il Signore ha fatto e fa per noi. Dice Giovanni: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!” (1Gv 3,1). E da figli coinvolgiamoci in questa opera di riconciliazione, di riunire dalla dispersione. Egli ci chiama a compiere le stesse opere sue, anzi – egli dice: “chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste” (Gv 14, 12).

Impariamo a vedere con i sentimenti di Gesù

Credere significa entrare nella conoscenza di Dio, nella conoscenza di Gesù, come egli conosce noi, imparare, cioè, ogni giorno di più a vedere come vede lui, a guardare, a lasciarci toccare il cuore e ad andare verso i tanti campi da dissodare, da coltivare.
Quanto in noi c’è ancora del mercenario da convertire: l’indifferenza è atteggiamento da mercenari, guardare solo il proprio orticello è da mercenari; vedere e commuoversi e farsi vicini e ascoltare è da pastori. E pregare dinanzi ai tanti bisogni è da pastori, di chi prende a cuore il dolore di tanti. Cresca in noi quella attenzione “pastorale” che fa di noi una comunità che si lascia condurre dall’amore dove egli ci indica.

Intenzioni di preghiera

1) Signore Gesù, che ci hai offerto l’esempio del vero pastore che dà la vita per il suo gregge, aiutaci ad ascoltare sempre la tua voce, che pone davanti ai nostri occhi l’orizzonte illimitato dell’amore.

2) Ti preghiamo, o Signore, per la Chiesa, per coloro che in essa hanno responsabilità pastorali, perché somiglino a te Buon Pastore e vivano la tua stessa passione d’amore. Proteggi e accompagna sempre Papa Francesco e il nostro vescovo Crescenzio.

3) Signore, ti preghiamo per le folle di questo mondo, smarrite e senza pastore, perché non manchino gli operai per la tua vigna. Aiutaci a convertirci e a vivere la preoccupazione per il tuo gregge.

4) Ti preghiamo, Signore, per tutte le vittime del Mar Mediterraneo e per coloro che fuggono dai propri paesi in cerca di pace, sicurezza, futuro. Aiuta i paesi europei a rifiutare la cultura dell’indifferenza e a prendersi cura delle sofferenze di questi poveri, nostri fratelli.

5) Signore, mentre ricordiamo il centenario della strage degli armeni e di tante comunità cristiane in Medio Oriente, ti preghiamo di proteggere in quelle terre, ancora oggi, tutti i nostri fratelli nella fede. Libera chi è ancora prigioniero in Siria e in Iraq come i vescovi Mar Gregorios Hibrahim, Paul Yazigi e Padre Paolo Dall’Oglio. Conforta e consola quanti sono stati colpiti dal terremoto nel Nepal.