«Qual'è il più grande comandamento??»
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Dal Vangelo di Matteo, capitolo 22, versetti da 34 a 40
34I farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso.
40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
UNA LINGUA CHE TUTTI POSSIAMO APPRENDERE: LA LINGUA DELL’AMORE
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La chiave di tutto
Il Vangelo di oggi ci parla oggi di alcuni farisei che si avvicinano a Gesù per chiedergli quale sia il più grande comandamento della Legge di Dio. Lo fanno non per lasciarsi istruire da lui, ma – dice il Vangelo - «per metterlo alla prova». E Gesù, pur conoscendo le loro intenzioni malevoli, non si sottrae e risponde dicendo che la chiave di tutto per la nostra vita è l’amore: non solo l’amore verso Dio ma anche l’amore al prossimo.
La novità del vangelo non sta nel fatto di ricordare i due precetti principali già noti nell’Antico Testamento, amare Dio con tutte le nostre forze e amare il prossimo come se stessi; la novità sta nel collegarli strettamente fino ad unificarli.
Il “divorzio” operato dai cristiani
È possibile amare Dio senza amare gli altri? Tanti pensano di sì. Un grande teologo, Olivier Clement, ha detto che i cristiani, nel tempo, hanno operato un divorzio fra il sacramento dell’altare e il sacramento del povero, hanno separato – cioè – l’amore di Dio dall’amore al prossimo.
Eppure le Scritture sante ce lo ricordano in modo molto chiaro. Scrive San Giovanni nella sua prima lettera: «Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20). Durante l’ultima cena, poche ore prima di essere arrestato, Gesù ci ha lasciato queste parole come suo testamento: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).
L’amore di Dio conduce ad amare gli altri
La strada per arrivare a Dio passa necessariamente per quella che porta agli uomini. L’incontro con l’amore di Dio conduce ad incontrare gli altri con amore. E in questi “altri” al primo posto troviamo i poveri. Insomma l’amore è la chiave della nostra vita e la lingua da apprendere è la lingua dell’amore. Una lingua dell’amore che si fa vita di amore.
Nell’antico libro dei Proverbi che fa parte della Bibbia troviamo l’affermazione: «È meglio un piatto di verdura con l'amore che un bue grasso con l'odio» (Pro 15,17). Le disposizioni circa l’ospitalità e l’accoglienza, che troviamo già nella prima parte della Bibbia – l’Antico Testamento – si collocano in questo orizzonte: ospitare gli stranieri, soccorrere l’orfano e la vedova. Dio si mette dalla parte dei deboli e li difende.
Gesù ci ha fatto conosce l’unità dei due comandamenti
E le parole e le azioni di Gesù non fanno che manifestare questa unità, fino ad arrivare a identificarsi lui stesso con le persone più povere: «tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli – l’affamato, l’assetato, lo straniero, il malato, il carcerato – tutto questo l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).
Le conseguenze di questo allontanamento dall’amore come chiave e pilastro della nostra vita sono sotto i nostri occhi e dentro la vita di ciascuno di noi. E anche la frattura tra l’amore verso Dio e l’amore verso gli altri, primariamente verso i poveri, rendono falsa e vana la nostra fede.
Una lingua che tutti possono apprendere e praticare
La lingua dell’amore la possono apprendere coloro che credono come coloro che non credono; è una lingua che si può parlare nelle diverse culture e nelle diverse religioni. L’intuizione di papa Giovanni Paolo II di convocare ad Assisi esponenti di tutte le religioni, nasce dalla consapevolezza che nella diversità di culture e religioni differenti, noi possiamo ritrovarci nell’amore, vivere e rispettarci da fratelli, senza confondere le proprie identità. Proprio domani ricorre l’anniversario di quel gesto profetico del 27 ottobre 1986.
Da quell’evento sono nati nuovi rapporti fra i cristiani delle diverse chiese (cattolici, ortodossi ed evangelici) e fra i cristiani e le altre religioni (ebrei, musulmani, buddisti, induisti). L’amore come bussola della nostra vita, come scelta quotidiana, può trasformare le nostre città, i nostri quartieri, togliendo terreno ai mali che inquinano la vita degli uomini: l’indifferenza, le divisioni, i rancori, le violenze, le discriminazioni.
Diffondiamo la lingua di Dio
Applichiamoci ogni giorno per apprendere ed esercitarci nella lingua dell’amore in parole ed opere, secondo l’invito dell’apostolo Pietro: «siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili» (1Pt 3,8).
Per mezzo nostro questa lingua – possiamo chiamarla la lingua di Dio – si diffonda sempre più dappertutto: a casa, nei luoghi di lavoro, nel quartiere, ovunque noi ci troviamo.
Intenzioni di preghiera
- 1) O Signore, insegnaci a parlare con tutti la lingua dell’amore, per poter incontrare ogni uomo e ogni donna, per vincere ogni radice di estraneità e di indifferenza.
- 2) Proteggi, o Signore, il papa Francesco, il nostro vescovo Crescenzio e sostieni tutta la Chiesa, perché fedele al Vangelo, aiuti gli uomini a vivere il comandamento dell’amore come unica legge della propria vita.
- 3) Mentre ci accingiamo a ricordare la preghiera interreligiosa di Assisi del 1986, ti preghiamo o Signore, aiutaci a custodire lo Spirito di Assisi perché le religioni nella preghiera, nel dialogo e nell’amicizia sappiano indicare al mondo le vie della pace.
- 4) O Signore, accogli le invocazioni che sono state a noi affidate lungo questa settimana. Guarda dall’alto della tua misericordia e trasforma il cuore e la mente di chi cerca il male. Che la tua pace scenda su questo mondo ferito dalla violenza, dalla guerra e dalla divisione tra i popoli. Rendi la libertà a chi è ancora sequestrato in Siria e in Iraq, come i vescovi Mar Gregorios Hibraim, Paul Yazigi e Padre Paolo Dell’Oglio.
- 5) O Signore, che ascolti il grido di chi è più debole, degli orfani, delle vedove, di chi è straniero, aiutaci ad avere la tua stessa compassione e ad andare incontro ai poveri con animo generoso.
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