parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 07/04/13

2a Domenica di Pasqua/C
   

Letture: Atti 5,12-16; Salmo 117; Apocalisse 1,9-13.17-19; Giovanni 20, 19-31.

 


«Mio Signore e mio Dio.»

Dal Vangelo di Giovanni 20,19-31

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».

22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!».

27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!».

28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

UNA CHIESA GIOVANE, APERTA, VICINA A TUTTI.

Il significato della «domenica in albis»

Questa domenica dopo la Pasqua viene detta «domenica in albis» - abbreviazione di «dominica in albis deponendis» - e fa riferimento alla chiesa dei primi tempi, quando coloro che chiedevano di diventare cristiani, ricevevano il battesimo dopo una lunga preparazione spirituale e pratica, nella liturgia della notte di Pasqua.

Erano adulti quelli che chiedevano il battesimo e quella notte ricevevano una veste bianca lunga che – come segno della nuova vita – portavano per tutta la settimana di Pasqua e la deponevano proprio in questa domenica, detta perciò «in albis deponendis» cioè domenica nella quale essi deponevano quelle vesti bianche.

Questo titolo «domenica in albis» ci fa pensare oggi al bisogno di tanti, di una Chiesa più vera, più evangelica, dove i cristiani – pur vivendo in mezzo agli altri, lavorando come tutti, avendo una famiglia come gli altri, vestendosi come tutti - si differenziano per il loro modo di pensare, di agire rispetto al comportamento di tutti gli altri. Una differenza nel vivere insieme, nell’accogliere gli altri, nell’avvicinarsi a coloro che sono lasciati da parte o sono rifiutati.

Una Chiesa di minoranza, ma viva ed attrattiva

Una Chiesa così, la Chiesa delle origini del cristianesimo, pur essendo minoranza rispetto a tutto il popolo, stupiva molti. Stupiva per i segni che compiva, per l’aiuto ai poveri. «Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli» - ci racconta il libro degli Atti. La comunità dei primi cristiani era un segno visibile di una vita di comunione, di gioia, di compassione e partecipazione al dolore di chi era bisognoso, malato o dimenticato.

E così la comunità cresceva: «sempre più venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze …». Tutto questo, assieme alla simpatia di tanti nei confronti di papa Francesco, fa pensare al bisogno di una rinascita della Chiesa, di una nuova giovinezza, di una primavera della Chiesa, in un tempo come il nostro nel quale, soprattutto nella vecchia Europa – Italia compresa – l’immagine della Chiesa si è andata un po’ appannando.

Aprire la nostra vita agli altri, specie ai tanti feriti della vita

Di fronte a tutto questo il Vangelo di oggi ci parla direttamente, rivolgendosi a ciascuno e nello stesso tempo a tutti noi. Il primo giorno della settimana – la domenica – i discepoli si trovavano insieme, «mentre erano chiuse le porte dove si trovavano». Le porte chiuse sono una immagine efficace del nostro modo di credere: gli altri, i dolori e le domande degli altri, sono fuori della nostra vita e dei nostri pensieri, nel senso che non ci coinvolgono.

Gesù che viene in mezzo a loro, si fa presente anche in mezzo a noi: con le sue parole e col segno dell’Eucaristia, facendosi nostro cibo spirituale. Ma si mostra con le ferite della passione, nelle mani e sul fianco. Sono le ferite del suo corpo risorto, ma sono le ferite del suo corpo che rappresenta tutti gli uomini.

La gioia vivendo insieme con la forza dello Spirito Santo

C’è gioia nei discepoli al vedere il Signore. Ma è una gioia che chiama a un coinvolgimento: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo, il potere di perdonare i peccati, di riconciliare gli uomini».
Ma questa gioia e questo potere si ricevono stando insieme, vivendo in comunione gli uni con gli altri. Infatti Tommaso – uno dei dodici – non era con loro e non crede alle parole dei discepoli. Da soli, la fede diventa più difficile da vivere, diventa qualcosa di soggettivo. E questo ci fa pensare al modello di religiosità oggi prevalente, quello individualistico, legato alla specificità della singola persona.

L’incontro con i poveri apre alla comunione

Quando Gesù ritorna di nuovo – otto giorni dopo, dice il Vangelo, e questo ci fa pensare al nostro incontro settimanale col Signore – allora egli dice a Tommaso: «metti qui il tuo dito e guarda le mie mani, tendi la tua mano e mettila nel mio costato». L’incontro col dolore dei tanti che soffrono ci fa capire la necessità di essere con gli altri fratelli e sorelle, la necessità della comunione, anche per trovare i modi per affrontare i tanti che sono emarginati, creando e inventando modo per sanare le tante ferite delle persone in difficoltà.

Così comincia una vita nuova, continua l’esperienza delle prime comunità, nel tempo di oggi, con nuovi segni rispetto alle domande e alle necessità di tanti. Questi segni di misericordia, di tenerezza, di vicinanza e di ascolto, aiutano a credere, ad avvicinare coloro che sono lontani e che cercano risposte alle loro domande.

È il volto di una Chiesa senza appesantimenti, giovane nel cuore, evangelica, attrattiva, che è in grado di cambiare il mondo.

Intenzioni di preghiera

  • O Gesù, nostro Signore e nostro Dio, guarisci l’incredulità del nostro cuore e donaci la fede per comunicare la tua Resurrezione oltre i confini e le barriere che pone l’amore per noi stessi.
  • Ti preghiamo, o Signore, per la nostra comunità, perché dopo la Pasqua si rafforzi nell’unità e nella comunione di sentimenti, cresca perseverante nella preghiera e nella condivisione della speranza che viene dalla tua Resurrezione.
  • Ti preghiamo, o Signore, per il Papa Francesco, per il nostro vescovo Crescenzio e per tutta la Santa Chiesa, perché sappia comunicare al mondo la bella notizia della misericordia di Dio estesa a tutti gli uomini.
  • Ascolta, o Signore, le invocazioni che ti presentiamo al termine di questa settimana. Ti preghiamo per chi dubita, per chi è incredulo, per coloro che cercano con amore la verità, perché la Pasqua susciti in ogni cuore il desiderio di avvicinarsi a te e tutti riconoscano che non c’è altro nome in cui sia la salvezza.
  • Ti preghiamo, o Signore, tu che hai vinto la morte e con la tua Resurrezione doni la vita, ascolta la nostra preghiera per il mondo intero, per la pace tra i popoli, per la prosperità di tutte le terre, perché il male sia vinto e la violenza non domini più sugli uomini.