parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 20/03/11

2ª Domenica di Quaresima/A

   

Letture: Genesi 12,1-4; Salmo 32;   2Timoteo 1,8b-10; Matteo 17,1-9

 


"Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo"

Dal Vangelo di Matteo capitolo 17 versetti da 1 a 9

1Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.

2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».

5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».

6All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete».

8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».

camminiamo con il signore verso la pasqua

Camminiamo verso un mondo liberato dalla prigionia del presente

Abbiamo iniziato il cammino che ci conduce a celebrare un’altra Pasqua. Non avvenga di arrivarci con un passo lento, distratti dalle nostre cose, camminando verso qualcosa che crediamo già di conoscere, di aver già vissuto tante volte e che andiamo solo a ripetere.

C’è un vasto mondo intorno a noi che vive una pesante prigionia nel presente, incapace di alzare lo sguardo verso un oltre che non riesce nemmeno a vedere. E per questo vive in modo stanco, invecchiato, a volte spaventato, malato di anemia di speranza.

È la paura di un mondo vecchio, incapace di un sogno comune, incapace di fare comunità, di essere un noi. E noi viviamo in questo mondo, respiriamo quest’aria pesante, ma veniamo raggiunti da una voce che ci parla, la stessa voce che sentì Abramo (Gen. 12, 1-2):

Vàttene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione.

Dio parla a noi come parlò ad Abramo

Abramo poteva ritenersi soddisfatto di quello che era riuscito a realizzare, aveva accumulato non pochi beni, anche se non aveva una discendenza. Quella parola che il Signore gli rivolge, giunge inaspettata, quando ormai non era più un giovane, aveva settantacinque anni – dice la Genesi. E lui ascolta e accoglie quell’invito, e parte. Intraprende un viaggio senza sapere bene dove era diretto, si fida di quella parola e così si salva da una vita che sarebbe rimasta rinchiusa in quel suo presente che non aveva un futuro.

La Parola di Dio di libera dalla prigionia del presente, ci guarisce dalla malattia tanto diffusa oggi, una forte anemia di speranza, che non dà gioia perché è senza futuro.

Durante il cammino di questi quaranta giorni, la tappa di oggi ci porta a salire con Gesù sul monte. Ogni settimana, la liturgia è salire con Gesù sul monte santo. E qui si ripete e si rinnova questa visione di cui non ancora riusciamo a comprenderne la portata e il valore. C’è sempre il rischio di una presenza fisica scontata, senza salire interiormente verso questo monte alto.

L’esperienza dei discepoli sul monte

Qui siamo chiamati a contemplare il Signore che si rivela a noi, ci rivela la speranza a cui siamo chiamati. Quella metamorfosi raccontata da Matteo e dagli altri due sinottici, con piccole differenze di dettagli, ci mostra Gesù che cambia d’aspetto, con il volto che diventa luminoso come il sole e le sue vesti diventano bianche e splendenti.
È l’immagine che anticipa certamente la luce della Pasqua, della resurrezione, ma anche della trasformazione che il Signore vuole operare per ciascuno di noi. Mosè ed Elia che appaiono accanto a Gesù e conversano con lui, parlano del compimento della vita di Gesù. Matteo non lo dice, ma è Luca che ce lo specifica (Lc. 9,31): “e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme”.

Sia Mosè che Elia erano anch’essi stati su un monte santo, l’Oreb. Mosè era morto prima di entrare nella terra promessa, Elia invece era stato rapito su un carro di fuoco come da un turbine. Ora, per Gesù, stavano per compiersi gli avvenimenti della Pasqua. Avvenimenti di cui poco prima egli aveva parlato con i discepoli (Mt. 16, 21-22) – “egli cominciò a spiegare che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno” – ma ricordiamo bene che Pietro non voleva credere e accettare quelle parole.

Chiamati a vivere per qualcosa di grande

Anche ora Pietro, impulsivo e imprevidente ma coraggioso, si intromette nella conversazione e dice: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. È un tentativo di impedire la discesa, rimanere sul monte. Riemerge in lui, forse in maniera non del tutto consapevole, la tentazione di un messianismo terreno. Non riesce ancora a comprendere il senso di quella benedizione che Dio aveva annunciato ad Abramo.

C’è sempre la tentazione di ridurre alla nostra comprensione, al nostro sguardo limitato quello a cui il Signore ci ha chiamati e che già abbiamo cominciato a vivere.

Ma – come era avvenuto per Mosè quando una nube coprì la tenda del convegno (Es. 40,34) – ora una nube luminosa copre i discepoli, per dire che non c’è più bisogno di una tenda perché la manifestazione del Signore prende dimora nel cuore dei discepoli.

Non abbiate paura

C’è una reazione di paura dei discepoli, il timore di essere totalmente immersi in qualcosa che ci prende, ci riempie e ci trasforma. È la paura di lasciarsi andare, di prendere troppo sul serio il Vangelo. Ma il Vangelo è una cosa seria e ci chiede di prenderlo sul serio. Paolo esorta il discepolo Timoteo: “Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia”.

La necessità della passione era già prefigurata nella vicenda del figlio di Abramo – Isacco – che Dio chiede di sacrificare, come anche attraverso i profeti, quando Isaia parla del Servo di Jahvé. C’è bisogno di ascoltare quanto il Signore ci annuncia. È una parola che ai discepoli giunge da Dio stesso: “Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”.

Alla reazione di paura, di grande timore dei discepoli, segue l’incoraggiamento di Gesù che li tocca con la mano e dice loro: non temete. Le stesse parole il Signore le rivolge oggi a noi: “Alzatevi e non temete”. Non temete di lasciarvi avvolgere dalla presenza di Dio, non temete di perdervi stando con me. Io farò di voi un grande popolo e tanti altri si aggiungeranno a voi e cammineranno con voi. È l’annuncio di un futuro che noi, da soli, mai avremmo sperato né immaginato, che è salvezza per noi e per questo mondo impaurito e smarrito.

Anche i nostri volti siano luminosi, perché abbiamo conversato con Dio

Quando Mosè scese dal monte Sinai – leggiamo nel libro dell’Esodo (34,29) – “non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui”. Entriamo senza timori e remore in questa comunione con Dio, godiamo di poter conversare con Dio, di stare alla sua presenza – nella liturgia, durante la preghiera comune e quando chiudiamo la porta della nostra stanza e stare dinanzi a lui con la Bibbia fra le mani.

E possa accadere anche a ciascuno di noi, tornando in mezzo agli altri, di avere ogni volta un volto sempre più luminoso, che comunica gioia, per il fatto di aver conversato con Dio.

Intenzioni di preghiera

  • O Signore, con Abramo noi ti preghiamo: aiutaci a scoprirci figli del tuo amore, a confidare, anche nelle difficoltà, nella tua paternità provvidente. Accresci la nostra fede e sostienici lungo il cammino quaresimale perché possiamo morire a noi stessi e al nostro peccato per rinascere con te ad una nuova vita.
  • O Signore Gesù, che oggi ci conduci sul monte Tabor e ci mostri la tua gloria, aiutaci a tenere fisso lo sguardo su di te nella nostra vita quotidiana, perché niente ci possa separare dal tuo amore. Rendici capaci di testimoniare agli altri la speranza che hai messo nei nostri cuori.
  • Ti preghiamo, o Signore, per il Papa Benedetto, per il nostro vescovo Crescenzio e per tutta la Santa Chiesa, perché sempre e ovunque testimoni con coraggio la fede in Gesù, unico salvatore del mondo.
  • Ti preghiamo o Signore di accogliere le invocazioni che lungo questa settimana sono state affidate alla nostra preghiera e che a te presentiamo. Proteggi l’incolumità di chi è già sopravvissuto alla grande catastrofe in Giappone. Fa’ che questo popolo possa risollevarsi e ricominciare a guardare al futuro con speranza.
  • Ti preghiamo Signore, per tutti coloro che vivono la difficile prova della guerra, della violenza, dell’inimicizia e ti invochiamo perché nel buio di queste condizioni, possa sorgere presto la luce della tua pace.