parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 06/01/11

Epifania del Signore/A

   

Letture: Isaia 60,1-6; Salmo 71; Efesini 3,2-3.5-6; Matteo 2,1-12.

 


"Entrati in casa videro il bambino con Maria sua madre, si prostarono e lo adorarono"

Dal Vangelo di Matteo capitolo 2 versetti da 1 a 12

1 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».

3All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

6E tu, Betlemme,terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele».

7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».

9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima.

11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

portiamo anche noi i nostri doni al signore

È vero anche oggi – come scrive Isaia – che “la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli”. Sono le tenebre dell’odio che si riversa sui cristiani d’Oriente, è la nebbia che avvolge la vecchia Europa che non vede oltre il presente. Quando ci sono le tenebre o la nebbia fitta, si resta fermi perché non si vede oltre: non si vede oltre se stessi, oltre le proprie cose da difendere.

Ma la luce di Betlemme splende nelle tenebre, raggiunge popoli lontani, raggiunge i Magi. Splende perché è “la luce vera”, quella “che illumina il mondo”, le tenebre non possono vincerla.

Questa luce risplende in piccoli villaggi del Malawi, del Mozambico, in tanti luoghi irrilevanti per i media di questo mondo. Ha raggiunto le poveri carceri disperse nel continente africano. Ma l’abbiamo vista anche in questi giorni nella nostra città. L’abbiamo vista anche accompagnando dei nostri fratelli che hanno concluso il loro pellegrinaggio terreno; l’abbiamo vista risplendere nella loro storia vissuta assieme a noi.

Noi siamo piccoli, come piccola era Betlemme e lo è ancora oggi, dove i cristiani vivono come in terra straniera. Ma il profeta ci ricorda: “non sei davvero l’ultima delle città principali: da te uscirà infatti un capo che sarà il pastore del mio popolo”.

Gesù è venuto a nascere anche qui, come in tanti altri luoghi, Betlemme si è moltiplicata e in tanti luoghi, da ogni parte sono venuti a cercare questo bambino che è Cristo Signore.

Un bambino che è pastore di un popolo? Isaia dice: “un germoglio, un virgulto germoglierà, il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà” (11,1-6).

Riscoprire il bambino che è in ognuno di noi per poter riconoscere e adorare come i magi quel bambino di Betlemme.

Accoglierlo cioè con la semplicità di un bambino, con l’ingenuità del bambino e fidarsi e affidarsi.

È tempo di contemplare con lo stupore di un bambino quando sgrana gli occhi e sorride e gioisce. Dobbiamo imparare a credere come un bambino al sogno del Signore come fece Giuseppe.

L’invito del profeta – “àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” – è l’invito ad uscire dal nostro realismo triste, che poggia sulle nostre forze limitate, proprio di chi è prigioniero del proprio io; è l’invito a guardare e riconoscere l’opera del Signore, la ricchezza di amore e di grazia che il Signore ha riversato su di noi.

Quanti sono venuti in questi giorni attirati dalla luce che viene dal Signore e si è posata su di noi. Non pensiamo solo a quelli che abbiamo visto con i nostri occhi. C’è tutto un elenco dei vari luoghi dove si sono celebrati i pranzi di Natale. Sappiamo bene di risplendere di una luce che non è nostra.

Non possiamo imprigionare questa luce. Gesù dice: “non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, per coprirla con un vaso, ma si pone sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa”. Rompiamo la gabbia delle nostre abitudini, abbandoniamo la prigionia dei nostri pensieri rassegnati. Guardiamo questo popolo di persone, le più diverse, che si sono messe in cammino in cerca di quel bambino. Contempliamo questa processione con gli occhi nuovi che il Signore dona a tutti quelli che lo hanno accolto.

Come i magi che dopo aver visto e adorato il bambino non ripercorrono la stessa strada di prima, riprendiamo il cammino ma per un’altra strada, quella che il Signore indica a coloro che ascoltano la sua Parola, la meditano nel proprio cuore.

Siamo stati esortati ad entrare nel nuovo anno con un passo nuovo, col passo dei magi, col passo dei pastori che ora vivono mossi da quella gioia che viene dal bambino, da quella forza insospettata da quel bambino debole ma che ha il Signore.

Abbiamo poco da offrire, ma anche noi abbiamo il nostro oro, il nostro incenso e la nostra mirra. Ci è stato ricordato dal papa quando è venuto alla mensa della Comunità: i poveri sono il nostro tesoro, il tesoro della Chiesa. E noi abbiamo tanto oro. Avviamo l’incenso, è la preghiera che sale al Signore.

L’incenso per elevare nuvole al cielo ha bisogno di venire a contatto col fuoco: la Parola di Dio deve toccare il nostro cuore e allora la nostra preghiera si innalza al Signore, quando la ascoltiamo insieme e quando la prendiamo fra le mani nel silenzio della nostra camera.

E la mirra è il profumo della conoscenza del Signore quando la comunichiamo agli altri, come scrive Paolo (2Cor.2,15): “siano rese grazie a Dio, il quale diffonde ovunque per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza”. La mirra siamo noi stessi quando ci lasciamo trasfigurare dal Signore e diventiamo il profumo di Cristo, come ancora scrive Paolo: “noi siamo dinanzi a Dio il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per quelli che si perdono”.

Diventiamo sempre più ricchi dell’oro prezioso che sono i poveri, dilatiamo il tempo della preghiera e diventeremo sempre più il buon profumo di Cristo che si spande, che possa raggiungere sempre più tanti che ancora non lo conoscono

Intenzioni di preghiera

O Signore, mentre facciamo memoria della tua manifestazione davanti al mondo, ti chiediamo la grazia di prendere parte alla tua missione, per vivere, servendo il vangelo, la responsabilità di rendere il mondo più vicino a te.

O Signore, principe della pace, dona al mondo, agitato da tanti conflitti e divisioni, di conoscere la tua pace.

Ti preghiamo Padre per il Papa Benedetto, per il nostro vescovo Crescenzio e per tutta la Chiesa perché indichi al mondo intero la stella luminosa del mattino, Gesù Cristo Signore.

Come i Magi, ci inginocchiamo innanzi a Te o Signore Gesù, per presentarti le invocazioni che sono state a noi affidate. Ti preghiamo per tutti i bambini, soprattutto per quelli più poveri, malati, soli e chiediamo al Bambino di Betlemme di proteggere la loro vita e di aiutarli con la sua benedizione a crescere come lui in età, sapienza e grazia.

Ti preghiamo o Signore per i cristiani d’Oriente sottoposti a minacce, attentati, intimidazioni. Proteggi la loro vita, sostieni la loro fede e dona a tutti i tuoi figli nel mondo il desiderio di unità perché nell’amore reciproco rendano una testimonianza piena nel tuo nome.za e per tutti i malati. Tu che sei la salute delle anime nostre salva anche le nostre fragili membra.