parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 25/07/10

17ª domenica del tempo Ordinario/C

   

Letture: Genesi 18,20-32; Salmo 137; Colossesi 2,12-14; Luca 11,1-13

Memoria dell’apostolo Giacomo figlio di Zebedeo. Fu il primo dei Dodici a subire il martirio, il suo corpo è venerato a Compostela


"Signore insegnaci a pregare"

Dal Vangelo di Luca capitolo 11 versetti da 1 a 13

1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».

2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; 3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, 4e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione».

5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.

10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?

13Se voi dunque,che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

la forza debole della preghiera

 

Spesso nei Vangeli si narra di Gesù che si ritira in luoghi solitari per pregare. Talvolta è lui stesso a comunicarlo ai discepoli, come quella sera drammatica nell’orto degli Ulivi: “Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare”, disse ai tre più intimi (Mt 26,36).

Non c’è dubbio che gli apostoli rimanevano toccati dal suo modo di pregare. Un giorno - riferisce Luca - al termine della preghiera uno dei discepoli si avvicinò e gli chiese: “Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli” (Lc 11,1). Forse si potrebbe specificare la domanda in questo modo: “Signore, insegnaci a pregare come preghi tu”. Infatti, ogni profeta (compreso Giovanni) insegnava ai propri seguaci un metodo di preghiera.

I discepoli di Gesù, colpiti dal modo di pregare del loro Maestro, dal suo ritirarsi in un luogo solitario e soprattutto da come si rivolgeva a Dio, insistettero perché insegnasse loro a pregare allo stesso modo. C’era un senso di confidenza e di fiducia nella preghiera del loro Maestro che li stupiva.

Non avevano visto mai nessuno pregare in quel modo, con tale confidenza e tale fiducia. Oggi, assieme ai discepoli. anche noi diciamo: “Signore, insegnaci a pregare!”. Non è la richiesta di un generico insegnamento sulla preghiera. È la stessa domanda dei discepoli di allora, ossia di partecipare al suo modo di parlare con Dio, di stare alla sua presenza, di colloquiare con lui in modo così confidente tanto da chiamarlo “padre”.

Gesù risponde subito anche a noi: “Quando pregate, dite Padre”, abbà, papà. Sappiamo lo sconcerto che tale parola provocava in un ambiente ove neppure si osava chiamare Dio con il suo nome. Gesù spinge a chiamare “papà” il Signore che ha creato il cielo e la terra. Ogni distanza viene così abbattuta; Dio non è più lontano, è padre di tutti e ognuno può rivolgersi direttamente a lui senza bisogno di mediatori. Era una vera e propria rivoluzione della religiosità.

Nella parola “padre, papà” , Gesù ci svela il mistero stesso del Dio di Gesù, del nostro Dio: da una parte la fiducia e la confidenza del figlio verso il Padre; dall’altra la tenerezza protettrice del Padre verso ognuno di noi. Ritorna, in certo modo, l’amicizia delle origini, quando Dio passeggiava nel giardino con Adamo ed Eva. Nella preghiera, in effetti, conta la confidenza e l’immediatezza del rapporto con Dio. Il problema non è né il luogo, né le parole, ma il cuore, l’interiorità, l’amicizia con Dio.

Fu così anche per Abramo, nostro padre nella fede. Esemplare e suggestivo è il dialogo che egli instaura con Dio quando intercede per salvare Sòdoma, caduta nella dissoluzione e nel disordine. Dio dice a se stesso: “Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare?” (Gen 18,17). In altri termini: “Non posso nascondere a un amico le mie intenzioni”. L’amicizia di Dio è trasparente, sincera. Si avvicina per primo ad Abramo e gli confida: “Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave” (v. 20). Ma Abramo si mise davanti a Dio, “gli si avvicinò”, dice la Scrittura. C’è bisogno di avvicinarci a Dio e presentargli i drammi, i problemi, le speranze di tanti. E Abramo iniziò la lunga intercessione: “Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città” (v. 23). Il Signore risponde: “Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo”. E Abramo: “forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?”. Dio risponde: “Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque”. E Abramo: “Forse là se ne troveranno quaranta”. E così sino a dieci.

Di fronte a questa drammatica preghiera vengono in mente le tante città e i tanti paesi sconvolti dalla guerra e dall’ingiustizia, dalla fame e dalla violenza: tutti hanno bisogno di un Abramo che interceda per loro. C’è bisogno di tanti amici di Dio, che con insistenza preghino perché le nostre città si salvino, perché il Vangelo tocchi il cuore degli uomini. Le voci di tali amici giungono sino all’orecchio di Dio, che è amico degli uomini. Egli non sembra fare altro che essere attento alla voce degli amici.

Gesù lo sottolinea con due esempi limite, tratti dalla vita quotidiana. L’amico che arriva a mezzanotte, e il padre che non darà mai una serpe al figlio che gli chiede un pesce. E conclude: “Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!” (Lc 11,13). È un modo per dire la disponibilità senza limiti di Dio nel venire incontro alla nostra preghiera. Non sono determinanti le parole; contano il cuore, la fiducia e quindi l’insistenza e la perseveranza nella preghiera.

L’inefficacia della preghiera non dipende da Dio, ma dalla nostra poca fiducia in lui. Chiediamo e ci sarà dato, cerchiamo e troveremo, bussiamo al cuore di Dio, come fece Abramo, e il Signore volgerà il suo sguardo verso di noi.

Intenzioni di preghiera

  • O Signore, noi ti preghiamo, in questa stagione rinnova in noi l’ascolto della tua Parola. Liberaci dagli affanni e dalle preoccupazioni che non ci permettono di lasciarle portare frutto in noi. Allarga il nostro cuore e la nostra mente perché sempre più ci poniamo di fronte a te, affidandoti i nostri fratelli e il mondo intero che subisce violenze.
  • Ti preghiamo o Signore per il papa Benedetto, per il nostro vescovo Crescenzio e per tutta la Santa Chiesa, perché sappia comunicare al mondo il Vangelo della salvezza, nutrendosi ogni giorno della parola del suo Maestro.
  • Ti preghiamo, o Signore, per chi è straniero, per gli immigrati, per i profughi perché possano trovare sostegno e solidarietà attraverso frateeli che offrano loro aiuto e amicizia.
  • O Signore, noi ti presentiamo le invocazioni che sono state affidate, alla nostra preghiera: ti preghiamo particolarmente per coloro che sono malati e che cercano la guarigione: liberali dal male, dona loro la tua salvezza.
  • Ti preghiamo, o Signore, per chi in questo periodo estivo è più solo, per gli anziani, per i carcerati, per i poveri. Veglia sulla loro vita e fa’ che tutti trovino conforto e consolazione.