parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 16/11/08

33ª Domenica Tempo Ordinario /A
   

Letture: Proverbi 31,10-13.19-20.30-31; Salmo 127; 1 Tessalonicesi 5,1-6; Mt. 25,14-30

 

"A chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza."

Dal Vangelo di Matteo capitolo 25, versetto da 14 a 30

Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.

16 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque.

17 Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.

18 Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.

19 Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. 20 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. 21 Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.

22 Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. 23 Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.

24 Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25 per paura andai a nascondere il talento sotterra: ecco qui il tuo.

26 Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27 avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse.

28 Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29 Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 30 E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.

la ricchezza del regno di dio

La parabola dei talenti inizia parlando di un uomo che prima della partenza convoca i tre dipendenti e consegna loro i suoi beni. La sua fiducia in loro è assoluta, tanto che ad ognuno affida una grossa somma in talenti. Il talento era una enorme somma: corrispondeva a circa 50 chili d’oro. La consistenza del patrimonio fa comprendere l’importanza dell’incarico dato dal padrone ai tre dipendenti. Al primo affida in gestione cinque talenti, al secondo due e al terzo uno. La consegna, come si vede, è personale. Non siamo di fronte ad una piatta omologazione: il padrone rispetta le capacità di ognuno. Tra la partenza e il ritorno del padrone, i tre dipendenti debbono far fruttare quanto è stato consegnato loro.

È chiaro che essi non ne sono i padroni, ma amministratori sì. Infatti al suo ritorno il padrone chiederà loro come hanno amministrato quello che hanno ricevuto. Il primo dipendente raddoppia il capitale “operando con esso” (v. 16); altrettanto fa il secondo (v. 17). Il terzo, invece, fa una buca nel terreno e vi nasconde il talento ricevuto. C’è da notare che il seppellimento del talento non è poi così strano; corrisponde a un dettato della giurisprudenza rabbinica secondo la quale chi, dopo la consegna, sotterra un pegno o un deposito, è liberato da ogni responsabilità.

Al ritorno del padrone, il primo servo si presenta e riceve la lode e la ricompensa. Il secondo si avvicina e anche lui presenta il doppio di quanto aveva ricevuto, ottenendo anche lui una ricompensa. Il terzo si accosta e riconsegna al padrone quell’unico talento che aveva ricevuto. Lo fa premettendo il motivo del suo gesto: aveva paura di un padrone cattivo e voleva quindi assicurarsi secondo la più stretta consuetudine giuridica. Quel talento, quei talenti, sono la vita, non quella astratta ma quella concreta, di tutti i giorni, fatta del rapporto tra noi e il mondo. Tutto ciò è consegnato alla responsabilità di ognuno perché lo faccia fruttare. A ciascuno è dato secondo le sue capacità.

Questo vuol dire che non c’è uguale misura di vita per tutti, ma anche che nessuno è incapace di far fruttare la vita che ha; nessuno può avanzare scuse (la mentalità, il carattere, la stessa malattia e l’indebolimento...) per sottrarsi alla responsabilità di impiegare la propria vita facendola fruttare. Semmai è frequente che la si faccia fruttare solo per se stessi, che la si impieghi solo per il proprio tornaconto, per la propria particolare sicurezza, per la propria tranquillità e basta. È quanto ha ricercato il terzo servo: ha sotterrato il talento per avere “pace e sicurezza”, come scrive l’apostolo nella Lettera ai Tessalonicesi. Il terzo servo aveva dalla sua parte la legge che lo liberava da ogni responsabilità e soprattutto dai rischi dell’impegno.

La parabola avverte che questo servo, in realtà, ha preferito nascondere la sua vita in una buca, in una avara ed egoistica tranquillità. È forse proprio qui la sua paura: paura non tanto nei riguardi del padrone quanto di perdere la propria tranquillità avara. Gesù, con questa parabola, da una parte svela l’ambiguità di colui che si contenta di come è, senza avere alcun desiderio di cambiare, alcuna aspirazione di trasformare la vita e, perché no, alcuna ambizione perché la vita di tutti sia più felice.

Dall’altra mostra che il regno dei cieli inizia quando ognuno di noi, piccolo o grande che sia, forte o debole che sia, non si chiude nell’avarizia e nella grettezza del ripiegamento su se stessi, ma si apre alla vita, all’impegno per cambiare il proprio cuore, al desiderio operoso che la vita dei più deboli sia sollevata, che questo nostro mondo sia più vicino al Vangelo. Sarà così che la nostra vita sarà moltiplicata, la nostra debolezza sarà resa forza, la nostra povertà sarà mutata in ricchezza, la nostra gioia sarà piena: “Bene servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Intenzioni di preghiera:

  • O Signore ti preghiamo per l’Incontro Internazionale per la Pace che si sta svolgendo a Cipro, perché perl’invocazione di tanti uomini e di tante donne che si sono fatti pellegrini, lo Spirito di Assisi soffi con più forza in ogni parte del mondo e particolarmente dove si soffre per le divisioni e la guerra.
  • O Signore liberaci dalla tentazione di sottrarci alla responsabilità di far fruttare i doni che ci hai fatto per pigrizia o per salvaguardare la nostra tranquillità. Risveglia le nostre forze e i nostri cuori per amare te, i fratelli e i poveri.
  • Ti preghiamo o Signore per il Papa Benedetto, per il nostro vescovo Crescenzio e per tutta la tua Chiesa perché a tutti comunichi la beatitudine di camminare sulle tue vie.
  • O Signore ti preghiamo accogli le invocazioni che ti presentiamo e che lungo questa settimana sono state a noi affidate. Insegna agli uomini a condividere i tuoi doni e i beni della terra, a soccorrere chi è nel bisogno e nel dolore, a donare gratuitamente come gratuitamente si è ricevuto.
  • Ti preghiamo o Signore per tutte le nostre comunità sparse nel mondo, guidale, proteggile e riempile del tuo amore.