parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo
Predicazione del 20/07/08
16ª Domenica Tempo Ordinario /A
   

Letture: Sapienza 12,13.16-19; Salmo 85; Romani 8,26-27; Matteo 13,24-43.

Memoria del profeta Elia che fu rapito in cielo e lasciò ad Eliseo il suo mantello.

"Chi ha orecchi intenda"

Dal Vangelo di Matteo capitolo 13, versetto da 24 a 43

Un’altra parabola espose loro così: "Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25 Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26 Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.

27 Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? 28 Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? 29 No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.

30 Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio".31 Un’altra parabola espose loro: "Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo.

32 Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami".33 Un’altra parabola disse loro: "Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti".

34 Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, 35 perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta:Aprirò la mia bocca in parabole,proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.36 Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo".

37 Ed egli rispose: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. 38 Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, 39 e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. 40 Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.

41 Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità 42 e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. 43 Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!.

Rendiamo il nostro cuore terra buona per far crescere il seme del vangelo

Gesù paragona il suo regno ad un seme gettato in un campo, al lievito o al granellino di senapa: tutti si devono perdere per manifestarsi. È il segreto del cielo ma anche quello di una vita bella oggi: senza sacrificio per gli altri, senza smettere di vivere per sé stessi, non c’è gioia e futuro! Il regno di Dio si nasconde nella terra per manifestare il cielo; si unisce all’umano per dare speranza e senso a tutta la vita degli uomini, anche alla morte; si mischia misteriosamente perché tutti possano accoglierlo e farlo crescere. Il regno inizia, non si manifesta subito tutto intero.

In quel seme, il più piccolo tra tutti i semi, quel seme che è il Vangelo da fare scendere nel nostro cuore, c’è già tutto il futuro. Il seme è affidato a noi, ha bisogno della terra, deve crescere e vuole crescere con noi. Dio non si afferma, come qualche volta vorremmo noi, per pigrizia, per paura, perché in fondo schiavi desiderosi di un padrone e non figli che hanno fiducia nel Padre.

La parabola della zizzania è stata forse tra le parole evangeliche decisive in alcuni momenti storici quando maggiormente gli uomini religiosi videro minacciati i diritti della verità e sentirono l’esigenza di difenderli. Si può dire che una lunga vicenda di guerre di religione, condotte da cristiani, abbiano trovato principalmente in questo testo scritturistico un ostacolo capace di indurre riflessioni, ripensamenti e dubbi.

Il padrone del campo, infatti, ha un comportamento assolutamente singolare. Egli si rende conto che un nemico ha seminato la zizzania là dov’egli aveva seminato il seme buono. Eppure, ai servi che gli fanno notare l’accaduto, impedisce di tagliare l’erba cattiva fin dall’inizio.

Questa parabola, così lontana dalla nostra logica e dai nostri comportamenti, fonda una cultura della pace. Oggi che assistiamo al proliferare di tragici conflitti locali e alla facile corsa al bersaglio (quando ci si sente più forti), è necessario riproporre questa parola evangelica per privilegiare, o quantomeno non escludere, il momento del dialogo e delle trattative. Cercare il dialogo non è segno di debolezza e di cedimento; è concedere ad ogni uomo la possibilità di scendere nel profondo del proprio cuore per ritrovare l’impronta di Dio e della sua giustizia. Questo richiede l’intelligenza e, perché no, la furbizia di guardare in faccia il proprio nemico e di riconoscergli la buona fede e lo stesso desiderio sincero di pace. Questo vuol dire superare la logica del nemico.

La parabola non dice che non ci sono nemici. Tutt’altro. Indica però un modo diverso di trattarli: piuttosto che la mietitura violenta, che rischia di strappare anche la pianta buona, è da preferire la paziente selezione ed attesa. È una grande saggezza che contiene una forza incredibile.

Il padrone ha pazienza e fiducia nel giudizio finale, che sarà proprio sull’amore. Per questo ci libera dai nostri giudizi definitivi. Gesù ama la nostra terra sempre, anche se piena di zizzania, non perfetta. Non si lascia condizionare dalla delusione o paralizzare dalle difficoltà. Anche un solo frutto buono dona senso ed eternità a tutto il campo. Per questo Gesù insegna ad amare anche quando conosciamo il male in noi e nell’altro, quando vediamo la pagliuzza o la trave, quando rimaniamo delusi perché non siamo o non è come avremmo voluto.

Dio, infatti, ha reso i suoi figli “pieni di dolce speranza”, perché concede dopo i peccati la possibilità di pentirsi. Il Signore non smette mai di darci fiducia. Perché l’inferno è la vita che finisce con sé, è la paura dell’amore, il rifiuto dell’amicizia. Il cielo, il regno di Dio, è quel seme più piccolo che cresce e diventa, come sempre l’amore vero, riparo per altri.

È il lievito che si perde nella pasta, che proprio perché non vive per se stesso può fare fermentare tutta la pasta. Che sia così anche nella nostra vita, perché trovi compimento nei frutti dell’amore.

Intenzioni di preghiera:

  • O Signore che sei misericordioso e paziente e giudichi tutti con mitezza, abbi pietà di noi, perdona il nostro peccato e aiutaci a vivere con la consapevolezza di essere liberi dal male perché perdonati e amati.
  • Ti preghiamo o Signore per la Chiesa, piccolo granello di senapa nel campo del mondo: donale la forza del tuo Spirito perché sia speranza per l’umanità intera e testimoni la presenza del tuo Regno nel mondo. Proteggi e sostieni il Papa Benedetto, il nostro vescovo Crescenzio, e tutti i giovani che partecipano alla Giornata Mondiale della gioventù.
  • Ti preghiamo o Signore per ciascuno di noi perché alla luce della tua Parola sappiamo riconoscere la nostra debolezza ma anche la grandezza del tuo amore che cresce nel cuore e nella mente di uomini e donne che hai chiamato ad essere tuoi discepoli.
  • Accogli o Signore le invocazioni che ti presentiamo e che sono state affidate alla nostra preghiera. Tu che sei medico e liberatore guarisci chi è malato e chi si affida alla tua misericordia.
  • Ti preghiamo o Signore per la nostra Comunità, proteggila da ogni male e sostienila nel suo servizio in ogni parte del mondo perché sappia avere compassione verso ogni debolezza e fragilità e coltivi nella speranza la pazienza e la benevolenza verso tutti.