“Rallegratevi voi tutti che amate il Signore”
La liturgia di oggi ci invita a gioire per l’avvicinarsi della Pasqua con le parole del profeta Isaia: “Rallegrati Gerusalemme, e voi tutti che l’amate riunitevi”. È la gioia di poter celebrare l’amore del Signore che dona la sua vita per noi e il dono di poter conoscere e comprendere più profondamente questo amore.
L’episodio del cieco guarito da Gesù ci chiama a fermarci sulla nostra condizione di donne e uomini che vivono credendo di vedere, mentre in realtà siamo profondamente ciechi. La nostra non è tanto una cecità materiale, bensì una cecità del cuore, che non ci fa vedere la realtà vera di noi stessi, e di quello che è dinanzi a noi.
Ma questa nostra cecità interiore non è una condanna, bensì la realtà da cui il Signore parte per condurci a ricevere la sua luce e vedere e camminare con questa luce. Mentre noi siamo mendicanti di briciole di vita, il Signore si fa accanto a noi, ci tocca con la sua Parola e dice di andare al luogo dove si attinge l’acqua della vita. Così comprendiamo il senso della comunità, della Chiesa del Signore: colei che ci accoglie e ci aiuta a vedere con la forza del Signore. E la Parola del Signore diventa luce per noi.
Il Signore in cammino verso la Pasqua di resurrezione, si ferma sempre accanto ai tanti mendicanti che giacciono ai bordi delle strade degli uomini. E la sua Parola diventa l’inizio di una nuova vita.
Testimoniare la fede in mezzo all’incredulità di tanti
Ma come vediamo dettagliatamente nel racconto, il mondo che circonda quell’uomo guarito si rifiuta di riconoscere la forza che viene dal Signore; discute e chiede ripetutamente non per accogliere questa vita, ma per continuare ad affermare le proprie ragioni, dentro la logica tanto diffusa che ruota attorno a se stessi.
Quest’uomo a cui il Signore apre gli occhi non si ferma dinanzi a chi non vuole vedere e credere. Risponde, spiega, testimonia quello che il Signore ha operato in Lui e che tutti – se sono senza pregiudizi - possono riconoscere. Man mano la sua consapevolezza si rafforza fino a giungere alla professione di fede nel Signore quando si ritrova nuovamente dinanzi a Lui, dopo essere cacciato malamente via dai farisei: “Tu credi nel Figlio dell’uomo? … Io credo, Signore”.
Il dono della Parola che abbiamo ricevuto e che opera in noi diventa responsabilità di testimoniare, comunicare, spiegare a tutti quello che il Signore fa per il cambiamento del cuore e della vita di chi lo ascolta e crede in Lui. “Nessuno accende una lampada – dice Gesù – e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce” (Luca 8,16).
La luce del Signore illumina tante vite, risplende sul volto di tanti che sono liberati dall’oppressione, che sono consolati; sul volto e nel cuore di tanti che trovano parole vere per la loro vita. In un mondo dove le tenebre sono tante, e in alcuni luoghi sono tenebre fitte, noi vediamo tanti fasci di luce che discendono dal Signore, che diventano tante luci di volti umani che a loro volta portano luce e comunicano luce dove c’è buio. E noi stessi siamo luce per tanti che cercavano a tentoni e cercano la fonte della luce che abbiamo ricevuto.
Il discepolo vive continuamente in ascolto delle parole del Signore
Ma la storia di Samuele e di tutti i profeti, di tutti i discepoli del Signore, ci dice che bisogna essere sempre in ascolto di Lui perché la sua Parola sia lampada ai nostri passi. Il cristiano, il popolo cristiano, la comunità, ogni comunità sono coloro che per vedere prendono la luce dalle parole del Signore.
Il Signore parla a Samuele. Ed egli lo ascolta. E poi: “Samuele fece quello che il Signore gli aveva ordinato”. Ma questo ascolto deve essere continuo per poter camminare ogni giorno come figli della luce e comportarci coerentemente. Perché ci sono tante piccole luci di questo mondo che possono confonderci, a volte abbagliarci. Quando a Samuele viene presentato il giovane figlio di Iesse, di bello aspetto e di imponente statura, Eliab, al profeta viene il dubbio che possa essere lui il prescelto del Signore per guidare il suo popolo.
Ma Samuele non si fida di se stesso, non smette di ascoltare il Signore che parla al cuore, nel silenzio delle nostre voci e dei tanti rumori. Nel silenzio e nell’intimità il Signore continua a parlare a Samuele: “Non guardare al suo aspetto né all’imponenza della sua statura. Io l’ho scartato, perché io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore”.
Un ascolto che apre gli occhi e cambia il cuore
È proprio questo continuo ascolto che libera dalla cecità, mentre noi crediamo di vedere, ragionando secondo le apparenze. E ci dona occhi nuovi, una vista che parte dal cuore e giunge al cuore degli altri. Il segreto del cristiano, della vita di ogni comunità cristiana sta in questo dialogo fra il Signore e noi da in interrompere mai, anzi da intensificare.
Poniamoci dinanzi al Signore, in questo tempo più che mai, e diciamogli, come il giovane Samuele: “Parla o Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1 Samuele 3,10). Intensifichiamo il nostro dialogo con Lui in questi giorni della Quaresima, per giungere ai giorni santi della Pasqua col cuore aperto e disponibile. E poter vedere e comprendere quello che il Signore ha operato e continua ad operare per la resurrezione di ciascuno di noi e di questo mondo, perché il suo Spirito di vita circoli nella vita della comunità senza intoppi e resistenze.
E si comunichi in maniera larga attraverso i nostri gesti, le nostre parole che partono da cuori guariti dalla concentrazione su noi stessi che rende ciechi e trasformati in cuori di carne che sentono e fanno vedere con gli occhi stessi di Dio.
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