parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo
Predicazione del 20/06/04
domenica 12ª Tempo Ordinario - anno C
 

Letture: Zaccaria 12, 10-11; Salmo 62; Galati 3, 26-29; Luca 9, 18-24.

 
"Ma voi chi dite che io sia? "

Dal Vangelo di Luca,
capitolo 9 versetti da 18 a 24.

18Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: "Chi sono io secondo la gente?". 19Essi risposero: "Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto".

20Allora domandò: "Ma voi chi dite che io sia?". Pietro, prendendo la parola, rispose: "Il Cristo di Dio". 21Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno.

22"Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno".

23Poi, a tutti, diceva: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà".

I CRISTIANI CONOSCONO CHI È GESÙ?

Domande su Gesù

Conoscere Gesù: chi oggi conosce Gesù? Noi conosciamo Gesù? Chi è per noi Gesù? Che cosa pensa oggi la gente di Gesù?

Sono domande che emergono dalla pagina evangelica di oggi. Quante idee distorte su Gesù, o visioni parziali di lui. La sua vera identità è sconosciuta a tanti, proprio come accadeva quando Gesù ha vissuto in Palestina. Egli ha parlato, ha operato tanti segni davanti ai discepoli e in mezzo alla gente. Ma che cosa hanno compreso di lui?

Sono domande che Gesù stesso si fa nella preghiera: “si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui”. E chiede ai discepoli, prima: che cosa hanno sentito dalla bocca della gente a suo riguardo; e poi che cosa pensano essi personalmente di lui.

Alla prima domanda rispondono: “Per alcuni sei Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto”. Anche oggi ci sono risposte che comunemente vengono date su Gesù: è colui che fa miracoli, colui che ha parole molto sagge e giuste ma difficili da mettere in pratica, colui a cui ci si rivolge in momenti difficili. In fondo sono risposte che contengono del vero, ma non colgono la vera identità della sua persona.

Una domanda personale fatta a ciascuno di noi

E noi che leggiamo il vangelo, che preghiamo, che vogliamo camminare con lui, che diciamo? Chi è per noi Gesù? Pietro, alla domanda che Gesù rivolge a tutti risponde: “Tu sei il Cristo di Dio”. Cioè: tu vieni da Dio, tu sei intimamente legato a Dio.

Che risposta diamo noi? La risposta vera viene dalla fede in lui, altrimenti si possono vedere tanti frutti del Vangelo, anche miracoli che si compiono davanti ai nostri occhi, ma restiamo a una conoscenza e comprensione superficiale della vera identità di Gesù.

La fede rende capaci di cogliere la novità di Dio che si manifesta in Gesù. La fede ci fa diventare intimi suoi, ci fa diventare donne e uomini spirituali, cioè persone animate e mosse dalle parole di Gesù, che guardano gli altri con gli stessi occhi e sentimenti suoi, che vivono in mezzo agli altri aperti a tutti, avvicinandosi a tutti, senza fare distinzioni e senza giudicare.

Nelle ore della passione e della morte i discepoli di Gesù si sentono vacillare. Non riescono a cogliere i tratti di un amore che continua nella passione, radicato nel rapporto di profonda comunione di Gesù col Padre suo. Essi vedono solo quello che è materiale, terreno; vedono un Gesù debole che viene sopraffatto dai violenti.

La nostra fede in Gesù risorto

La resurrezione di Gesù il terzo giorno farà loro comprendere che Gesù non è stato abbandonato dal Padre suo, che l’amore di Dio è più forte della violenza degli uomini, vince la morte e ci schiude la porta che ci fa entrare nella sfera dell’amore di Dio.

Gesù chiama tutti quelli che vogliono vivere con lui, stare con lui, camminare con lui, a rinnegare se stessi: non si tratta di abdicare a quello che si è, oppure rinunciare ad essere se stessi; si tratta piuttosto di ricevere e vivere la propria vita come un dono di cui non si dispone da padroni, una vita in cui il centro non è più il proprio egocentrismo, ma il dono di sé al Signore e agli altri.

San Gregorio Magno spiegando questa pagina dice:

“Bisogna lasciare noi stessi. Ma che vuol dire lasciar noi stessi? Dove andremo fuori di noi, se lasciamo noi stessi? … Ecco, chi è stato superbo, se convertendosi a Cristo è diventato umile, questi ha lasciato se stesso. Se un avaro ha smesso di bramare ricchezze e lui, che rapiva l’altrui, ha imparato a donare il suo, senza dubbio questi ha lasciato se stesso. È ancora lui, quanto a natura, ma non è più lui, quanto a peccato. … Allora, dunque, possiamo dire che lasciamo noi stessi, quando evitiamo ciò che era il nostro uomo vecchio e ci sforziamo di essere l’uomo nuovo. Riflettiamo su come Paolo aveva rinnegato se stesso, quando diceva: "Non sono più io che vivo" (Gal 2,20). Era finito il persecutore ed era cominciato a vivere l’annunciatore del Vangelo. E aggiunge subito: "Ma vive il Cristo in me"; come se volesse dire: Io sono morto, perché non vivo secondo i desideri terreni, ma essenzialmente non sono morto, perché interiormente io vivo in Cristo. … I semi marciscono in terra, per moltiplicarsi. Mentre sembra che perdano ciò che erano, ricevono ciò che non erano” (Gregorio Magno, Hom., 32, 2).

La nuova identità che viene dal radicarci in Cristo

Proprio l’apostolo Paolo ci spiega che cosa vuole dire quando afferma: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Galati 2,20). Con la fede in Gesù Cristo noi siamo uniti direttamente al Padre, siamo suoi figli “in Cristo Gesù”, partecipiamo al suo modo di essere Figlio del Padre.

È così che vengono meno per noi tutte le differenze di nazionalità, di passato religioso (ero già credente dall’inizio o vengo da una vita lontana da Dio), di posizione sociale, di sesso: “voi vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più Giudeo né Greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3, 27-28).

È questo quello che anima la nostra vita comune, nella comunità del Signore, al di là di tutte le differenze di età, di condizione sociale, di cultura. Questa fraternità concreta che nasce nutrendoci della Parola del Signore ci fa essere un segno intelligibile per tutti di quello che il Signore opera nella nostra vita e aiuta gli altri a comprendere chi è veramente il Signore Gesù: colui che può trasformare la nostra vita, può cambiare questo mondo, può condurre gli uomini alla pace.

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