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"Colui
che mangia di me
vivrà per me"
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dal
Vangelo di Giovanni, capitolo 6, versetti 51-58.
51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia
di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò
è la mia carne per la vita del mondo».
52Allora
i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come
può costui darci la sua carne da mangiare?».
53Gesù
disse: «In verità, in verità vi dico:
se non mangiate la carne del Figlio dell`uomo e non bevete
il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54Chi mangia la
mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo
risusciterò nell`ultimo giorno.
55Perché
la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in
me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato
me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia
di me vivrà per me.
58Questo
è il pane disceso dal cielo, non come quello che
mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo
pane vivrà in eterno».
LA
VITA NUOVA CON IL SIGNORE
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Una
vita nuova
Continuando
a leggere il capitolo sesto del Vangelo di Giovanni, scopriamo
sempre più quanto è grande la pazienza e l'insistenza
del Signore, perché noi conosciamo e viviamo la vita
che viene da Lui. Le parole "chi mangia la mia carne
e beve il mio sangue" (6,54) significano proprio
l'unione profonda al Signore, diventare una sola cosa con
Lui.
I
Giudei continuano a discutere, a rimanere perplessi e titubanti
di fronte a queste parole. Ma Gesù non arretra, insiste,
perché la posta in gioco è molto importante:
è vivere la vita con Lui, ricca di affetto, che dà
gioia, che ci realizza nel profondo.
L'antico
libro dei Proverbi, che ci riporta la sapienza maturata
nei secoli dai figli di Abramo, ci mette davanti parole
che noi sentiamo come un invito ad entrare in questa vita:
"Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che
io ho preparato" (9,5).
Gesù
insiste nel dirci che vivere uniti a lui ci fa entrare in
un altro modo di vivere che ci toglie l'affanno della vita,
ci fa vivere una vita larga e piena di affetti.
La
sua Parola accolta e vissuta, ci porta poco a poco a vivere
questa vita.
I
segni belli di una vita con il Signore
Gesù
prega. E noi impariamo a pregare con Lui: con i Salmi, meditando
la sua Parola.
Gesù
vive poveramente, senza preoccuparsi di avere, possedere.
E noi impariamo poco a poco il distacco dalle troppe cose
che finiscono per imprigionarci la vita, i pensieri, gli
affetti.
Gesù
va incontro ai più deboli, ai malati, a chi è
messo da parte. E noi impariamo con Lui a guardarci intorno,
a riconoscere quelli che oggi sono abbandonati, vivono nella
paura della guerra, o mancano del necessario per vivere;
e cominciamo a spendere per loro qualcosa del nostro tempo,
del nostro affetto, dei nostri mezzi materiali.
Gesù
riunisce intorno a sé uomini e donne semplici che
stanno con Lui, camminano con Lui e diventano amici, fratelli
e sorelle. E noi impariamo a diventare fratelli e sorelle
di tutti quelli che il Signore chiama attorno a sé.
La
vita che non finisce
Se
desideriamo "avere in noi la vita
mangiamo
la sua carne e beviamo il suo sangue" - entriamo,
cioè, in questa intimità di vita con Lui che
la sua Parola vissuta genera in noi. Si tratta di imparare
a vivere non più per noi stessi, ma per Lui che vuole
darci la sua vita in abbondanza.
Davanti
a questo invito pressante del Signore, Paolo ci esorta ad
accoglierle quando ci dice: "non comportatevi da
stolti, ma da uomini saggi
non siate sconsiderati,
ma sappiate comprendere la volontà di Dio"
(Efesini 5,15.17)
La
famiglia del Signore nel mondo cresce ogni giorno, assieme
a tutti quelli che camminano con Lui.
Questa
famiglia è come una casa che il Signore è
venuto a costruire in mezzo agli uomini, perché chiunque
ha sete, venga e beva all'acqua pura che disseta per la
vita eterna.
Entriamo
in questa famiglia, viviamo in essa. Il Signore ci libererà
da ogni stoltezza, ci renderà sapienti di fronte
al mondo e ci darà una nuova intelligenza della realtà
in cui viviamo, aprirà il nostro cuore all'incontro
con tanti altri che egli vuole attirare a sé.
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