parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli
la Bibbia
Vangelo festivo
Predicazione del 18/05/03
5ª domenica di Pasqua - anno B
 

Letture: Atti 9,26-31; Salmo 21; 1 Giovanni 3,18-24; Giovanni 15, 1-8.

Io sono la vite, voi i tralci

dal Vangelo di Giovanni, capitolo 15, versetti 1-8.

Gesù disse ai suoi discepoli: 1"Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato.

4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.

6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato.

8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli".

IL SEGRETO DI UNA VITA FRUTTUOSA

La Pasqua che continua

Celebriamo oggi la quinta domenica di Pasqua. Sì, perché ogni domenica è Pasqua, ogni domenica facciamo memoria della Pasqua del Signore. E l'incontro col Signore nella santa Liturgia ci unisce a Lui e fra di noi.

Ma come si vive uniti veramente al Signore e fra di noi? Le parole del Vangelo ci vogliono aiutare a comprendere e a vivere questa unione profonda e vitale che viene dal Signore.

Tante volte noi abbiamo l'idea che il rapporto col Signore sia legato solo a certi momenti, a certi atti religiosi che compiamo. Il rapporto col Signore è una unione nel profondo del nostro essere.

La vita nuova che viene dal Signore

Gesù ci parla con l'immagine della vite e dei tralci. La vite, lo sappiamo, è quella che produce l'uva da cui si ricava anche il vino. Essa non si presenta come un albero rigoglioso, robusto, forte. È una pianta che si presenta debole. In questa immagine noi vediamo l'immagine stessa del Signore che è venuto in mezzo a noi non con la forza e la potenza, ma nella debolezza della nostra umanità. Egli si è fatto come noi, uomo debole, che prova la fame, la sete, la stanchezza.

Ma questo albero esile ha in sé una linfa, una energia di vita che dal tronco passa ai rami e fa produrre fiori e frutti. Gesù viene in mezzo a noi debole, povero, ma forte della forza dell'amore che discende da Dio. E ci comunica la sua linfa vitale, la vita stessa di Dio, questo amore che viene dal Padre suo.

Gesù è la vera vita, in mezzo a tante false vite

Tanti cercano la vita nella ricchezza, nella forza fisica, negli onori, nel successo. Tanti sono quelli che si sentono pieni di vita perché hanno molti soldi; o perché hanno un fisico robusto, forte, bello.

Ma tutto questo non è vera forza, non è vera vita. Gesù dice: "io sono la vera vite". Cioè: sono io colui che ha la vera vita, quella che non finisce, quella che nessuno vi può togliere; quella che non appassisce col tempo, con gli anni. La linfa vitale di Gesù è piena di compassione, di tenerezza per noi, per ciascun uomo. È una vita che si commuove sugli altri, che non lascia sole le persone quando diventano deboli, fragili. È una vita veramente umana, che ci rende tutti più umani.

Gesù ci fa conoscere la vera vita. Ma per questo c'è bisogno di essere uniti a lui: "Rimanete in me e io in voi" dice Gesù. E poi ripete un po' più avanti: "Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me".

Uniti e solidali invece che individualisti

Che pensieri provocano in noi queste parole, noi che vogliamo essere indipendenti, che viviamo in un tempo in cui si esalta l'individualismo; e questo ci porta a volerci autogestire, a credere tanto nelle nostre capacità, a credere tanto di poter fare da soli?

Queste parole del Signore ci fanno comprendere che essere cristiani non è limitarsi a dei gesti religiosi, a dei momenti isolati di partecipazione religiosa. Essere cristiani significa vivere uniti al Signore, sempre. Così come i rami della vite sono sempre uniti al tronco della vite. E se si staccano, seccano. Viene meno, cioè, quella linfa, che è la vita dello Spirito di Gesù comunicato a noi; quella vita che fa nascere in noi i suoi stessi sentimenti.

Tante volte sperimentiamo quanto è difficile andare d'accordo fra di noi, nell'ambito della stessa comunità religiosa; non riusciamo a vivere da fratelli che si comprendono, si aiutano, si perdonano, si aprono ai bisogni di quelli che sono più poveri.

L'unione coi fratelli è strettamente legata all'unione col Signore

Questo ci rimanda al nostro legame col Signore, al rapporto costante che abbiamo o non abbiamo con lui. Chi è unito al Signore nella mente e nel cuore, è unito anche ai suoi fratelli, diventa capace di comprendere, di perdonare; si sente solidale anche con i fratelli lontani, con quelli dei paesi più poveri. Non dimentichiamo che Gesù si è identificato con i più poveri dicendo: questi sono i miei fratelli più piccoli; e ogni cosa che fate loro, l'avete fatta a me; ogni cosa che negate loro l'avete negata a me.

Se noi restiamo saldamente innestati nel Signore, cominciamo a sentire scorrere in noi questa linfa di vita nuova, cominciamo a comprendere e vivere la stessa vita del Signore. Proprio come avviene per i tralci che, uniti alla vite, da essa ricevono la linfa che fa germogliare e fruttificare.

"Chi rimane in me e io in lui - dice il Signore - fa molto frutto". Noi non siamo fatti per una vita monotona che va avanti tante volte stancamente. Non siamo fatti per coltivare l'orticello della nostra vita, isolati dagli altri. Il nostro cuore è fatto per un respiro più largo, aspira ad un amore che non conosce confini, aspira all'amore, quello di Gesù, che è un amore universale.

Tanti discepoli del Signore hanno sperimentato questa vita larga, sono vissuti nella gioia di una vita ricca dell'amore del Signore. E tanti, anche oggi vivono questa vita col Signore. È una vita che fa essere nella gioia.

La Parola di Dio viene a purificare, a togliere ciò che impedisce la vita vera

E perché questa gioia cresca, sia sempre maggiore, c'è bisogno di accettare un lavoro che la Parola del Signore compie su di noi. Dice Gesù: "Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto". La potatura serve a tagliare dei rami che appesantiscono solamente, che danneggiano lo sviluppo della vite, che ostacolano la crescita dei fiori e dei frutti.

La Parola del Signore, quando l'accogliamo, viene a fare questo lavoro di potatura dentro il nostro cuore: c'è bisogno di togliere tante forme di egoismo che fanno pensare solo a noi stessi; c'è poi bisogno di sciogliere la freddezza di cuore che lascia distanti e insensibili di fronte a chi soffre e ha bisogno di aiuto; abbandonare i pensieri violenti … quando a volte non diventano parole e gesti violenti; i pensieri malevoli … quante volte ci troviamo a pensar male degli altri, anche di persone che ci sono vicine … mentre sappiamo che Gesù ha detto: "non giudicate, siate misericordiosi, perdonate … perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?" … e tante volte ci sono le invidie, i risentimenti che nascono dall'orgoglio.

Tutto questo va potato, va tagliato, perché la nostra vita col Signore e assieme ai fratelli, ai poveri, possa svilupparsi, crescere senza impedimenti, senza rallentamenti.

Conserviamo queste parole del Signore nel nostro cuore, meditiamole come faceva Maria la madre di Gesù e la nostra vita porterà certamente molto frutto e noi saremo veri discepoli del Signore, lodando Dio e comunicando vita e pace a tanti.