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Gesù,
passando, vide
un uomochiamato Matteo
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dal
Vangelo di Matteo, capitolo 9 versetti 9-13.
9Andando
via da Cafarnao, Gesù vide un uomo, seduto al banco
delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: "Seguimi".
Ed egli si alzò e lo seguì.
10Mentre
Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti
pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con
i discepoli.
11Vedendo
ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché
il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?".
12Gesù
li udì e disse: "Non sono i sani che hanno bisogno
del medico, ma i malati. 13Andate dunque e imparate che
cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio.
Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori".
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MATTEO,
DALLA RELIGIONE DEI SOLDI A EVENGELISTA
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Una
famiglia che cresce
La famiglia di Gesù cresce poco a poco. Finora egli
ha chiamato dei pescatori, persone ordinarie. Ora chiama
un pubblicano a far parte della cerchia di amici più
intimi.
Gesù si trova a Cafarnao, un centro importante della
Galilea. Lì ha il suo punto di appoggio, nella casa
di Simon Pietro. Cafarnao ha un ufficio di dogana, perché
di lì passa la strada commerciale e militare che
collega Damasco con il territorio del re Erode Antipa.
Mentre Gesù cammina per strada vede un uomo seduto
al banco delle imposte. Si chiama Matteo: è uno degli
esattori incaricato di raccogliere le tasse che vanno a
impinguare le casse del re Erode o del governatore della
regione. Matteo è l'autore del Vangelo che stiamo
leggendo.
Come esattore, egli appartiene alla odiata classe dei pubblicani,
ritenuti imbroglioni e sfruttatori della gente e della legge.
In più, sono considerati anche impuri, perché
si sporcano le mani con loschi affari pecuniari. Insomma
sono persone da evitare; non si deve avere nessun contatto
con loro. Accomunati agli scomunicati, ai ladri e agli strozzini,
non sono neppure da salutare.
Gesù non "scansa" nessuno
Gesù, appena vede Matteo, gli si avvicina, e invece
di scansarlo si mette a parlare con lui e alla fine gli
rivolge persino in invito: " Seguimi ". Altro
che non avvicinarsi e non dar neppure la mano!
E la reazione del pubblicano è bella: egli, a differenza
di tanti uomini che si ritenevano religiosi e puri, subito
si alza dal suo banco e si mette a seguire Gesù.
Matteo, da peccatore che era, diviene un esempio di come
si segue il Signore. Anzi, col vangelo che porta il suo
nome, è diventato guida di tanti. Anche noi, oggi,
poveramente seguiamo questo antico pubblicano e peccatore
che ci conduce a conoscere il Signore Gesù e il suo
amore per tutti.
Matteo invita subito Gesù a casa sua invitando anche
tanti pubblicani come lui, suoi amici. A tavola vediamo
Gesù con i suoi discepoli, a cui ora si è
aggiunto Matteo e tanti altri che il vangelo chiama "peccatori",
forse persone disprezzate o oscure di Cafarnao. Ci troviamo
davanti a un banchetto strano, composto da questi impuri
pubblicani e da altre persone poco raccomandabili. Gesù
non si vergogna di stare con loro.
Le discussioni dei benpensanti
E questo fa discutere i benpensanti del posto. Immediatamente
alcuni farisei si recano da Gesù, ma si fermano solo
accanto ai suoi discepoli e pongono una domanda, che suona
come rimprovero: "perché il vostro maestro mangia
con i pubblicani e i peccatori?". Secondo loro questa
era una cosa scandalosa e non poteva venire certamente da
Dio
.
Ma Gesù, udita la domanda, interviene direttamente
con poche parole chiare: "non sono i sani che hanno
bisogno del medico, ma i malati". E per aiutare i suoi
interlocutori che sono persone religiose, li rimanda alle
parole del profeta Osea, per dire che egli agisce secondo
Dio, il Padre suo, e non contro Dio: "Andate dunque
e imparate che cosa significhi: misericordia voglio e non
sacrificio".
Gesù continua a chiamare anche oggi persone che vogliono
seguirlo
La famiglia del Signore è composta di persone che
il Signore chiama, come ha fatto con Matteo, e prima ancora
con Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni e come farà
successivamente con Paolo, sulla via di Damasco. E come
continua a fare oggi, nel nostro tempo alle diverse latitudini
in cui egli continua a chiamare.
Ognuno può rispondere alla chiamata del Signore.
Se noi cerchiamo di uscire dall'anonimato della folla, da
un modo di credere in cui si vive per conto proprio anche
la propria fede, il Signore che legge nei cuori, trova il
modo di far giungere il suo invito anche a noi.
Abbiamo bisogno però di uscire da un modo di credere
un po' superficiale, scontato, che non è l'incontro
personale col Signore, dentro una famiglia di fratelli e
sorelle. Dice il profeta Osea: "Il vostro amore è
come una nube del mattino, come la rugiada che all'alba
svanisce
affrettiamoci a conoscere il Signore, la
sua venuta è sicura come l'aurora" (Osea 6,
3-4). Il Signore è paziente e misericordioso, ma
noi siamo raggiunti da un amore che ci chiede di essere
fedeli e concretamente vicini a lui.
Imparare dalla fede e dalla risposta di quelli che ci hanno
preceduti
Paolo ci invita a guardare ad Abramo, il primo di tutti
i credenti, che "ebbe fede sperando contro ogni speranza
e così divenne padre di molti popoli
egli
non vacillò nella fede
" (Romani 4, 18-19).
Pensiamo alla risposta di Abramo quando il Signore gli dice
"parti dalla tua terra e va verso il paese che io ti
indicherò"; pensiamo alla risposta dei primi
discepoli, alla docilità con cui risponde Matteo
il pubblicano, alla gioia di Zaccheo, anch'egli pubblicano,
quando Gesù gli dice "oggi devo fermarmi a casa
tua".
La chiamata del Signore è per la nostra guarigione,
per la liberazione dai tanti pesi che ci opprimono, per
dare un nuovo respiro alla nostra umanità, per camminare
in questo tempo assieme al Signore, invitando con lui altri
uomini e donne che cercano una risposta vera alle domande
di senso e di futuro per la loro vita.
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