|
Giudizio
universale (Giotto)
|
|
|
dal
Vangelo di Matteo, capitolo 24 versetti 37-44
37Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta
del Figlio dell'uomo.
38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano
e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè
entrò nell'arca, 39e non si accorsero di nulla finché
venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà
anche alla venuta del Figlio dell'uomo.
40Allora
due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato.
41Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra
lasciata.
42Vegliate
dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro
verrà. 43Questo considerate: se il padrone di casa sapesse
in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe
scassinare la casa.
44Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che
non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà.
|
OPERIAMO
PERCHE' SORGA UN'ALBA DI PACE
|
|
Operai
di pace in un tempo difficile
Inizia
oggi il tempo di Avvento, che non è solo un periodo di preparazione
al Natale, ma anche l'occasione per riflettere sul senso della storia
personale, della storia di questo mondo e della Chiesa a cui noi
apparteniamo.
Nel
cuore di tanti uomini e di tante donne c'è il desiderio forte
di un mondo che viva in pace, tanti popoli vivono come piegati dalla
paura, dalla guerra e dalle conseguenze terribili che ogni guerra
porta con sé: case crollate, mancanza di cibo e vestiti,
mancanza di medicine. Essi sono in attesa che sui loro paesi sorga
il giorno di inizio di un tempo di pace.
Ma
ci sono anche gli uomini della guerra; e ci sono soprattutto tanti
cuori che odiano, che desiderano vendetta, che preparano violenze.
Tutti condanniamo il terrorismo, forse non tutti condanniamo la
violenza e la guerra; non sono pochi quelli che credono nella soluzione
violenta.
Un
altro massacro nella notte fra questo sabato e domenica nel cuore
di Gerusalemme, la città dove Gesù è entrato
mite ed umile, cavalcando un asinello e subendo una ingiusta morte
in croce. Gesù e tutto il Vangelo ci insegnano che la via
della pace non passa per quella della violenza.
Attentati
e risposte continue dure e violente costituiscono una spirale che
aggiunge violenza a violenza, ritorsione a ritorsione. È
difficile che questa strada violenta possa portare alla pace.
Il
Signore verrà alla fine della storia
Le
pagine della Scrittura proclamate in questa prima domenica di Avvento
ci dicono con chiarezza che questo tempo e la storia degli uomini
non è come una strada senza sbocco; vivere non è andare
verso l'ignoto. Alla fine di questa storia il Signore verrà
di nuovo e allora tutti saremo giudicati. La storia degli uomini
va verso l'incontro col Signore.
L'evangelista
Matteo - che sarà il nostro compagno di viaggio lungo tutto
quest'anno - parla alla comunità cristiana, davanti ai recenti
avvenimenti della guerra fra romani e giudei che avevano portato
all'assedio di Gerusalemme e alla distruzione del Tempio (anni 70
d.C.). Questi fatti violenti chiamano la comunità alla riflessione
e alla vigilanza, perché non si addormenti su se stessa,
ma viva e cammini alla luce del Signore.
Come
non sentirci anche noi interpellati in questo tempo di violenze
e di guerre?
Per
noi vivere è camminare verso il Signore, preparare la sua
venuta. "Non vivete - dice Gesù ai discepoli
- come quelli che ai tempi di Noè; quando questi preparava
l'arca davanti al pericolo incombente del diluvio, essi continuavano
a vivere come sempre: mangiavano e bevevano, prendevano moglie e
marito, senza comprendere quello che stava per accadere".
Il
profeta Isaia che sogna la pace in un tempo difficile
Oggi
c'è bisogno di pace, ma sono ancora troppo pochi gli operai
di pace. Il profeta Isaia, un uomo di Dio vissuto a Gerusalemme
nella seconda parte del settimo secolo prima di Cristo, accoglie
la Parola di Dio, mentre anch'egli vive in un tempo difficile: situazioni
di ingiustizia e di violenze soprattutto nei confronti dei poveri,
assieme a guerre e distruzioni.
La
sua parola - proclamata oggi - giunge sino a noi e ci chiama a guardare
oltre il mondo delle logiche egoiste e violente delle passioni degli
uomini; invita a salire sul monte di Dio, da dove contemplare la
visione di un mondo di pace.
"Verranno
molti popoli e diranno: Venite, saliamo sul monte del Signore
perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi
sentieri" (Isaia 2,3). La liturgia che ci raccoglie nel
giorno del Signore è questo monte alto da dove vediamo orizzonti
di pace e conosciamo le strade che ci fanno camminare verso la pace.
E la comunità dei discepoli del Signore è già
immagine di pace, è la città posta sul monte, come
una luce posta in alto, che indica agli uomini il cammino della
salvezza.
Ascoltando
la parola del Signore vediamo aprirsi orizzonti che, stando in basso,
nell'ordinarietà della nostra vita, non vediamo; e viviamo
senza renderci conto di quello che accade intorno "come
ai tempi di Noè".
Comprendere
le domande del tempo presente
Per
noi c'è il rischio di vivere senza comprendere le domande
del tempo presente e le possibilità che abbiamo di operare
in maniera sapiente per noi e per questo mondo.
Anche
oggi - come ai tempi di Isaia - ci sono troppe spade alzate, troppe
lance, troppe guerre, troppi odi e rancori. Isaia ci svela il sogno
di Dio e ci chiama ad operare per vivere questo sogno. Il sogno
è di vedere popoli che trasformano le loro armi da strumenti
di morte in strumenti di lavoro: "forgeranno le loro spade
in vomeri, le loro lance in falci" (Isaia 2, 4). E invece
di combattersi cammineranno insieme.
"Vegliate
- ci dice il Signore per bocca dell'evangelista Matteo - state
pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo
verrà" (Matteo 24,42). È questo l'atteggiamento
con cui stare in questo mondo, con cui porsi: essere pronti per
il Signore, preparando la strada alla sua venuta.
Lavorare
per la pace è diventato in questo tempo un imperativo urgente:
è come costruire presto un'arca dove gli uomini possano salvarsi,
l'arca della pace.
I
gesti coraggiosi del Papa
Qual
è il senso dell'invito di papa Giovanni Paolo II a fare un
giorno di digiuno il 14 dicembre prossimo, ultimo giorno santo del
mese di digiuno che vivono i musulmani, il Ramadan, se non un gesto
che ci apre il cuore alla fraternità, ai bisogni di quelli
che sono più poveri di noi?
E
l'invito del Papa fatto ai capi religiosi di tutte le confessioni,
di tornare ad Assisi nel prossimo mese di gennaio? Egli li ha invitati
per cercare insieme le vie della pace e diventare più insistenti
nella preghiera perché piova su questa terra la pace che
viene dall'alto.
Non
è questo un invito anche a tutti noi a cercare in tanti modi
concreti le vie della pace? Vivere in pace fra di noi, aprirsi alla
solidarietà con i più poveri, vicini e lontani, educarci
ed educare alla convivenza pacifica: sono strade che ciascuno e
tutti insieme abbiamo già imboccato. Ma il papa ci invita
ad accelerare il passo, moltiplicare i gesti di amicizia e di solidarietà,
crescere nell'unione vicendevole, essere già un annunzio
di pace con la nostra vita.
Cresciamo
nella fraternità, vegliamo perché fra di noi sia vinta
ogni divisione, cresca la comprensione e si diffonda intorno a noi.
"È tempo di svegliarvi dal sonno - ci dice l'apostolo
Paolo - di gettare via le opere delle tenebre e indossare le
armi della luce, di vivere come in pieno giorno" (Romani
13, 11-13).
La
luce che illumina i nostri giorni è la Parola del Signore,
il vangelo di Matteo che vogliamo prendere fra le mani ogni giorno.
Così vivremo nella luce e saremo luce per tanti intorno a
noi.
|