|
il
fariseo e il pubblicano
|
|
|
dal
Vangelo di Luca cap. 18, versetti 9-14
9Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser
giusti e disprezzavano gli altri: 10"Due uomini salirono al
tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.
11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé:
O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti,
adulteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte
la settimana e pago le decime di quanto possiedo.
13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno
alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio,
abbi pietà di me peccatore.
14Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza
dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi
si umilia sarà esaltato".
|
PREGANDO
DIO IMPARIAMO DA LUI
A GUARDARE GLI UOMINI
|
|
La vicinanza che Dio ci insegna
Il
Vangelo di oggi ci fa fermare su questi due uomini che ci presenta
Gesù, fotografati mentre stanno pregando: un fariseo e un
pubblicano, cioè un pio ebreo osservante della legge di Dio
e un peccatore amico dei romani che avevano occupato la Palestina.
Nella
preghiera del primo vediamo un uomo che conta sulle proprie opere
buone e non ha pietà e comprensione verso quel peccatore
che prega più indietro; nella preghiera del secondo che sta
a distanza, confuso e con un po' di vergogna vediamo un uomo che
implora misericordia da Dio.
Quante
preghiere in questi giorni salgono al Signore da ogni parte della
terra! Fra queste ci sono grida di aiuto provenienti soprattutto
da chi ha subito violenza, da chi vive in preda alla paura e al
terrore, da chi fugge dalle terre dove c'è la guerra, come
in Afghanistan, in Medio Oriente. C'è odio e violenza in
tanti angoli del mondo. E questo odio provoca lutti, dolori, distruzione.
Dalla
parola di Gesù impariamo a non compiacerci di noi stessi
ma a scrutare lo sguardo misericordioso di Dio verso quel peccatore
che si batte il petto. A lui il Signore guarda con compassione e
misericordia. La parola con cui Gesù conclude la parabola
è scandalosa e sconcertante per noi, come è sconcertante
l'amore di Dio verso i peccatori che Gesù ci fa conoscere.
Il
fariseo sta pregando davanti a Dio, eppure ne è tanto lontano,
perché quel Dio a cui si rivolge è tanto vicino a
quell'uomo che egli disprezza e da cui si tiene a distanza.
Una
mentalità che il Signore converte mentre preghiamo
Penso
che quando ci presentiamo a Dio nella preghiera, ci portiamo tutta
una visione di noi stessi, dei fratelli che camminano con noi nella
via del Vangelo e degli uomini e donne di questo mondo - vicini
e lontani - , una visione che il Vangelo di oggi ci invita a verificare
e a convertire.
È
questo il senso del nostro ritornare continuamente all'ascolto della
parola di Gesù. Consegnandoci umilmente al Signore, come
quel peccatore della parabola che si affida a Dio e implora misericordia,
noi gli permettiamo di agire all'interno dei nostri cuori, lasciando
che lentamente i nostri pensieri e i nostri sguardi seguano i pensieri
e gli sguardi di Dio.
È
bella questa rieducazione della mente e del cuore che il Signore
ha intrapreso con noi e che passa attraverso l'ascolto della sua
Parola, la riflessione su di essa; e sui tanti incontri che il Signore
ci fa vivere a cominciare da quelli con i nostri amici più
poveri.
Ma
c'è bisogno di verificare come quest'opera del Signore penetra
in ciascuno e ci trasforma. Vanno rivisitati i nostri incontri con
i poveri, i pensieri che abbiamo su di loro; i nostri sguardi su
questo mondo, su quello che accade, sugli stranieri che vivono nella
nostra terra, su quelli che vivono una religione diversa dalla nostra:
vanno verificati alla luce di questa risposta di Gesù alla
fine della parabola che anche a noi appare sconcertante e scandalosa.
Lo
sguardo e i pensieri di quel fariseo che sta davanti al Signore
mettono in luce una sua distanza dagli altri uomini, una distanza
da colmare; quella distanza che in Dio è una vicinanza, è
l'amore suo verso i lontani e gli oppressi.
La
nostra preghiera insistente per la pace, per i profughi, per gli
anziani, per i malati, per i condannati a morte, colma la distanza
fatta di estraneità verso questi fratelli che soffrono e
ci avvicina a loro.
Che
ognuno di noi aprendosi alla misericordia del Signore sperimenti
la sua giustizia fatta di amore, di perdono, di comprensione e possa
sentire come vera per sé la parola di Gesù: "Io
vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza
dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi
si umilia sarà esaltato".
|