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"Signore,
aumenta la nostra fede"
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dal
Vangelo di Luca cap. 17, versetti 5-10
5Gli apostoli dissero al Signore: 6"Aumenta la nostra fede!".
Il Signore rispose: "Se aveste fede quanto un granellino di
senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato
nel mare, ed esso vi ascolterebbe.
7Chi
di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà
quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? 8Non
gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la
veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo
mangerai e berrai anche tu? 9Si riterrà obbligato verso il
suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
10Così
anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato
ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo
fare".
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AVERE
FEDE È CREDERE NELLA FORZA DEBOLE
DELLA PAROLA DI DIO
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Non confidare nelle proprie forze
Dice il profeta Abacuc: "ho davanti rapina e violenza e ci
sono liti e si muovono contese" (1,3).
Ci troviamo spesso
davanti a fatti violenti che sconcertano, disorientano, a volte
spingono verso una accettazione passiva, una rassegnazione di fronte
alla realtà. Ma noi cristiani abbiamo una forza che ci fa
vivere e ci rende capaci di intervenire nella realtà.
Un uomo che confida
nelle sue forze è difficile che scopra questa forza. L'uomo
moderno confida molto nelle sue forze, ripone la fiducia nei suoi
mezzi, nei mezzi della tecnica, della scienza. Ma scopre che tutto
questo, sebbene riesca a farlo progredire nelle condizioni di vita,
non riesce a rendere la vita fra gli uomini più umana e fraterna.
Spesso si legge la
storia della Chiesa con sapienza umana e non si riesce a comprendere
che essa non è storia di forze e capacità terrene
che si sono imposte, quanto l'azione di Dio che ha operato attraverso
degli uomini di fede.
La Chiesa sin dagli
inizi e attraverso i secoli, in modi e in luoghi differenti si è
lasciata guidare dalla forza buona del Signore. E quando questo
non è accaduto, ciò è dipeso dalla debolezza
e dal peccato degli uomini.
La
forza che viene dalla fede nella Parola
L'apostolo Paolo
che senza alcun mezzo si mette a girare il mondo allora conosciuto
è mosso dalla fede in quella Parola che ha ricevuto. Dove
arriva comincia a comunicare la notizia del vangelo. E tanti si
sono lasciati attrarre al Signore per mezzo della sua parola debole.
Paolo sperimenta
che proprio quando è più debole, sente che in lui
agisce la forza che viene dal Signore: "Mi compiaccio quindi
delle infermità, degli oltraggi, delle necessità,
delle persecuzioni, delle angustie, a motivo di Cristo; perché
quando sono debole, allora sono forte" (2 Corinzi 12,10).
Quando un giorno
gli apostoli dicono al Signore: "Aumenta la nostra fede!"
Gesù risponde che non è un problema di quantità,
quanto piuttosto di avere una fede vera, anche se è piccola:
"Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire
a questo gelso: sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi
ascolterebbe" (Luca 17,6). Gesù vuole dirci che niente
è impossibile alla fede. Una fede molto piccola - come un
granello di senapa - è già efficace, purché
sia una fede autentica.
Le parole che subito
dopo troviamo nel Vangelo, ci aiutano a comprendere che cosa significa
aver fede, credere.
L'umile
obbedienza dinanzi alle esigenze di Dio
C'è bisogno
di lavorare nella Chiesa, nella comunità. "La messe
è molta - dice Gesù - ma gli operai sono pochi".
Ma spesso il nostro lavorare, prestarci, è come inficiato
da una voglia di protagonismo, di essere approvati. Questo atteggiamento
del cuore rende poco fecondi la Parola e il servizio che ci vengono
affidati. Dice Gesù: "quando avrete fatto tutto quello
che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo
fatto quanto dovevamo fare" (v.10).
Per comprendere col
cuore questa parola occorre mettere un freno alla tentazione di
vantarci, di "darci delle arie", imparare l'umile obbedienza
dinanzi alle esigenze di Dio.
Spesso noi leggiamo
i frutti che il Signore ci fa raccogliere nell'aiutare gli altri
a conoscere il Vangelo come qualcosa che esprime la nostra bravura,
le nostre capacità. Ma quante volte abbiamo sperimentato
che proprio quando ci siamo lasciati semplicemente guidare dal Signore,
allora abbiamo comunicato qualcosa che non veniva da noi.
"Non
siate timidi, ma forti nella fede e nell'amore"
Per questo, dinanzi
alle difficoltà, ai problemi di questo mondo che sembrano
superarci, la comunità dei discepoli sente di poter dire
una parola non sua, di poter invitare a ritrovarsi insieme per leggere
e comprendere i fatti e gli avvenimenti con la luce che viene dal
Signore e dalla sua Parola.
Più volte
Paolo riprende le parole del profeta Abacuc: "il giusto vivrà
per la sua fede" (Romani 1,17; Galati 3,11). Le opere di giustizia
nascono dalla fede. La fede può spostare le montagne, può
sradicare gli alberi, può toccare i cuori degli uomini. È
la fede che ci mette in movimento, che ci fa operare con fiducia
e ci fa compiere dei passi che da soli non avremmo mai fatto.
Quando siamo timidi
nel comunicare agli altri quello che il Signore ci fa vivere, quando
ci dimentichiamo o diciamo di non essere capaci, forse dobbiamo
interrogarci sulla nostra fede impedita dai lacci del voler essere
protagonisti, di stare troppo davanti a noi stessi.
Oggi sentiamo rivolte
a noi le parole che l'apostolo rivolge al discepolo Timoteo: "ti
ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te
Dio
non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e
di saggezza" (2 Timoteo 1,6-7).
La fede autentica,
anche se piccola, ci fa parlare del Signore, della pace, dello spirito
di comprensione e di dialogo, ci fa muovere insieme come comunità
e ci fa operare cose buone per noi e per questo mondo.
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