dal
Vangelo di Luca cap. 14, versetti 1.7-14
1Un sabato era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare
e la gente stava ad osservarlo.
7Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse
loro una parabola: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno,
non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato
più ragguardevole di te 9e colui che ha invitato te e lui
venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare
l`ultimo posto.
10Invece quando sei invitato, và a metterti all`ultimo posto,
perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa
più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.
11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si
umilia sarà esaltato».
12Disse poi a colui che l`aveva invitato: «Quando offri un
pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli,
né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché
anch`essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio.
13Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi,
zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti.
Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
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UN
ALTRO MODO DI PENSARE, DI VEDERE, DI VIVERE
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La
strada del Vangelo
Abbiamo detto più
volte che i cristiani non seguono il comportamento di tutti, ma
guardano sempre al loro Signore, Gesù, che ci comunica un
altro modo di pensare, di vivere.
Ed ogni volta che
ci accostiamo al Vangelo noi conosciamo qualcosa di questo altro
modo di essere, come cristiani, nel mondo. E in questo c'è
una sapienza di cui questo mondo ha bisogno, anche se spesso non
se ne rende conto o non lo sa.
Davanti alle guerre,
a conflitti che durano da decenni - come quello iniziato nella terra
di Gesù sin dalla creazione dello stato di Israele, fra ebrei
e palestinesi - la parola di Gesù ci indica una strada che
porta all'incontro, alla convivenza pacifica, alla giustizia. Davanti
ai forti e ai deboli, Gesù ci invita a fare spazio ai deboli,
non come atto di debolezza, ma come atto di giustizia.
Una
lunga fila nella notte
Nei giorni scorsi,
trovandomi a Barcellona per un incontro internazionale di dialogo
e di preghiera fra esponenti di tutte le religioni, sono stato svegliato
nel cuore della notte da un brusio continuo di persone che parlavano
- pur trovandomi al quinto piano di un albergo. Mi sono affacciato
e ho visto al chiarore delle luci dei lampioni della strada, una
lunga fila di uomini e donne - alcuni in piedi, altri per terra
- che attendevano.
E il brusio è
continuato ininterrotto fino all'alba. Quando sono uscito alle otto
del mattino stavano ancora lì, e ho visto che erano stranieri
in attesa del permesso di soggiorno. Erano cinesi, indiani, marocchini,
peruviani, cileni
Era una file interminabile lungo il marciapiede,
trattenuto da transenne. Alcuni dormivano, altri stavano svegli
col volto stanco.
Gesù ci dice
- nella pagina evangelica di oggi: "Non metterti al primo
posto
Non esaltare te stesso, umiliando gli altri".
Anzi dice più espressamente: "Quando offri un pranzo
o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli,
né i tuoi parenti, né i ricchi vicini
Al contrario,
invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché
non hanno da ricambiarti".
Sono
strane certe parole del Vangelo?
Non pensiamo: "Come
sono strane queste parole di Gesù", piuttosto apriamoci
a questa sapienza nuova per noi, che viene da Dio. Non stiamo sempre
davanti a noi stessi, o davanti a quelli che sono della nostra stessa
condizione sociale. Ma apriamoci a questi poveri della terra.
Spesso chi sta meglio
economicamente preferisce scegliere dei luoghi per abitare dove
non si è infastiditi da questa presenza di tanti poveri che
"turbano la nostra tranquillità". Preferiamo vivere
come in degli spazi più puliti, quasi che questa presenza
dei poveri inquinasse
Ognuno di noi, se
vuole provare a comprendere e a vivere un po' il senso vero del
Vangelo, si interroghi su che cosa possa significare per me, per
te, per ciascuno di noi "invitare alla mia mensa poveri,
storpi, zoppi, ciechi"; che cosa significa diventare una
chiesa, una comunità che apre le orecchie al grido e alle
sofferenze dei poveri, che apre i suoi occhi e soprattutto il cuore
a questa fila interminabile di poveri che si muove da grandi distanze
per venire in Europa per sfuggire alla fame, alla guerra, alle malattie;
e cercare di sopravvivere.
"La
città del Dio vivente"
Nelle parole del
Vangelo di oggi si manifesta il progetto di Dio, il suo sogno su
questo mondo, meno diviso, più giusto, più in pace.
È proprio come ci dice la lettera agli Ebrei: "Voi
vi siete accostati al monte Sion e alla città del Dio vivente,
all'assemblea dei primogeniti".
La città di
Dio non è come quella degli uomini, con i quartieri "bene"
e i quartieri periferici dove vivono i più poveri; le case
belle o le ville da una parte e poveri ambienti degradati da un'altra
parte. Il Vangelo, se lo ascoltiamo col cuore, se lo accogliamo,
opera in noi una rivoluzione profonda, ci fa scendere dai nostri
piedistalli, accorcia le distanze fra noi e i nostri fratelli meno
fortunati. E tutto questo pone le premesse della pace, per un mondo
più umano e più giusto.
Leggiamo nel salmo
67: "Padre degli orfani e difensore delle vedove è
Dio nella sua santa dimora. Ai derelitti Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri".
Mettiamoci dalla
parte di Dio e viviamo, operiamo con Lui.
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