Essere
apostoli
di unità
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La Pasqua che abbiamo celebrato quest'anno è stata la prima
del nuovo secolo. È stata una Pasqua che ci ha fatto comprendere
più profondamente quella unione che c'è tra Gesù,
il Figlio, e il Padre. Il Vangelo di oggi ce lo ripete: "Io
e il Padre siamo una cosa sola" (Giovanni cap.10 v.30).
Noi cristiani siamo chiamati a entrare in questa unità profonda
non solo col Signore, ma anche fra di noi, con gli altri cristiani
delle altre chiese, e con una apertura verso tutti gli uomini. Siamo
chiamati ad essere sempre più apostoli di unità e
di apertura a tutti gli uomini. Siamo chiamati a camminare per la
stessa strada che papa Giovanni Paolo compie in questi giorni, pellegrino
in Grecia e in Siria.
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Abbattere
i muri di
divisione
tra i cristiani
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C'è una storia pesante di divisioni, di
violenze fra i cristiani, che certamente non è nata dal Vangelo,
dalla Parola del Signore. "Le mie pecore ascoltano la mia voce
e io le conosco ed esse mi seguono" - dice Gesù nel
Vangelo di oggi.
E la voce di Gesù non chiama mai allo scontro, al disprezzo,
alla violenza verso i fratelli di altre chiese cristiane, o di altre
confessioni religiose. Ricordiamo la reazione di Gesù quando
Giacomo e Giovanni di fronte al rifiuto dei samaritani di accoglierli
dicono "Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo
e li consumi?: Gesù si voltò e li rimproverò"
(Luca 9, 54-56).
Gesù è venuto per abbattere i muri di inimicizia che
ci sono fra gli uomini, da qualunque parte essi siano stati innalzati.
La Pasqua per noi è compiere col Signore questo passaggio:
dalla contrapposizione all'incontro, al perdono, alla comprensione,
per giungere a quella unione che è il regno di Dio per gli
uomini. Essere discepoli di Gesù significa essere discepoli
dell'amore, camminando in mezzo agli uomini come apostoli e messaggeri
di riconciliazione.
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Amare
come
il Signore ama |
La morte di Gesù in croce non è la
sconfitta dell'amore, ma il punto più alto di un amore che
ci viene donato, che non arretra nemmeno davanti alla morte. Questo
amore ci è stato donato, questo amore dobbiamo manifestare,
di questo amore ha bisogno il mondo.
È un amore che si fa concreto facendosi vicino, invocando perdono,
chiamando alla riconciliazione. È un amore che si fa servizio
ai più poveri, a quelli che subiscono ingiustizia.
Il Vangelo ci porta a operare concretamente: nei prossimi giorni la
nostra comunità parrocchiale si incontrerà con un esponente
della comunità ebraica di Napoli; altre volte abbiamo accolto
e ascoltato esponenti di altre confessioni cristiane nella nostra
chiesa: luterani, ortodossi. Sono gesti e momenti che aiutano a conoscersi,
ad aprirsi, ad abbattere muri di estraneità, se non a volte
di diffidenza.
Dalla Pasqua di Gesù noi siamo condotti per mano ad operare
questo passaggio, questa conversione di cuore verso la riconciliazione.
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Comunicare
il Vangelo
che abbiamo
ricevuto |
Questo Vangelo che abbiamo ricevuto
e riceviamo, va comunicato a tutti quelli che non lo conoscono ancora.
Molti non conoscono il Vangelo, ma una religione cristiana fatta
di regole, che spesso rendono il Vangelo più difficile da
vivere.
Comunichiamo il Vangelo con semplicità, con gioia, perché
questo spirito di amore e di comprensione vicendevole possa diffondersi,
possa contagiare tanti cuori, dare gioia e comunicare gioia a tanti
che sono lontani. Le parole di Isaia che Paolo ripete nel libro
degli Atti sono anche per noi: "Io ti ho posto come luce per
le genti, perché tu porti la salvezza sino all'estremità
della terra" (Atti 13,47).
Anche noi siamo parte di quel popolo grande di ogni razza, popolo
e lingua, di cui ci parla il libro dell'Apocalisse (cap. 7, vers.9)
che in ogni tempo annuncia il regno di Dio, guidato dall'Agnello,
Gesù, buon pastore, che conduce tutti quelli che lo seguono
"alle fonti delle acque della vita".
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padremariano@psgna.org
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