4ª
domenica - tempo ordinario /c - 28 gennaio 2001 |
san
Gennaro all'Olmo
Napoli |
dal Vangelo di Luca, capitolo 4, versetti 21-30
Gesù prese a dire nella sinagoga: "Oggi si è adempiuta
questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi". Ma
egli rispose: "Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te
stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui,
nella tua patria!". All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò. |
il vangelo apre al mondo |
Ascoltare Gesù oggi significa per noi lasciarci attirare nell’orizzonte vasto del Regno di Dio. Ogni volta che ascoltiamo la Parola di Dio, si avvia un processo di apertura del cuore che spinge oltre noi stessi. Gesù ha letto
le parole del profeta Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me
… per questo mi ha consacrato e mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio, proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista,
rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia…”.
Gesù non si
lascerà imprigionare dai suoi concittadini, che vorrebbero possedere per
loro l’attività che egli ha iniziato a svolgere, farne un proprio monopolio.
|
tendiamo a restringere l'orizzonte del Vangelo |
Stare con Gesù
significa incamminarsi con lui per le vie indicate dal suo amore, vie
senza confini, senza limiti. C’è nei concittadini
di Gesù, ma credo in ognuno di noi, la tendenza a restringere la forza
di apertura insita nella Parola di Dio, a farla diventare qualcosa che
viene risucchiata nell’ambito della propria vita. Viene da pensare alle tante volte in cui le nostre comunità si ripiegano su se stesse, prese dai propri problemi interni e finiscono col rinunciare ad aprirsi al mondo più vasto, iniziando dalle persone più vicine fino a quelle che sono lontane. |
uscire dalle "chiese" |
Deve farci riflettere l’azione di Gesù, che senza escludere la predicazione nelle sinagoghe e nel Tempio di Gerusalemme, si è svolta prevalentemente per le strade e nelle piazze, nelle case, avvicinando persone che difficilmente si sarebbero recate “in chiesa”. Gesù è stato il “pastore pellegrino”. Egli afferma che l’inviato di Dio, il profeta, non può limitare la propria azione dentro i confini del proprio piccolo mondo, non è chiamato a rimanere in casa sua. Per questo cita due esempi presi dalla storia dei profeti Elia (primo libro dei Re 17, 7-16) ed Eliseo (secondo libro dei Re 5, 1-27): l’aiuto dato a due stranieri, una donna (la vedova di Sarepta vicino a Sidone, durante un periodo di siccità) e un uomo (Naaman, il Siro lebbroso). Il Vangelo, che è liberazione dei prigionieri, degli oppressi, deve raggiungere ogni donna e ogni uomo. Gesù non può limitare la propria azione ai suoi paesani, agli ebrei, ma deve rivolgersi anche al mondo che è fuori da questi confini. Questo lo ha ben capito l’apostolo Paolo quando afferma: “guai a me se non predicassi il vangelo!” (1ª lettera ai Corinzi cap. 9, vers. 16). |
il coraggio di aprirsi |
La reazione
dei presenti alla predicazione di Gesù ci fa vedere lo spirito di conservazione
e di chiusura che è anche nel nostro cuore e che tante volte finisce per
imprigionare l’impulso universale del Vangelo: “tutti furono pieni
di sdegno, si levarono e lo cacciarono fuori della città” (Luca 4,
28-29). L’ultimo Concilio,
il Vaticano II (Roma 1962-1965), ha chiamato la Chiesa a risvegliarsi,
ad andare incontro al mondo, a far uscire il Vangelo dalle chiese e portarlo
fuori. |
il Vangelo genera all'amore |
Non lasciamo che il Signore passi oltre noi, come avvenne a Nazaret: “egli passando in mezzo a loro, se ne andò”. La parola del Vangelo accenda in noi il fuoco della carità, dell’amore di Dio, che ci trasforma e ci apre al mondo, a partire dal vicino della porta accanto, al collega d’ufficio, ai tanti che abbiamo occasione di incontrare. Il Vangelo accolto genera in noi l’amore di Dio, la carità che l’apostolo Paolo descrive nella lettera ai Corinzi (1ª Corinzi, capitolo 13), un fuoco che sgombera il cuore dagli ostacoli che frenano o bloccano. L’amore di Dio, la carità - egli dice - è paziente, è benigna, non invidia, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Trasformati da questo amore, col Signore possiamo andare molto lontano. |