Appena gli angeli si furono allontanati per tornare
al cielo, i pastori dicevano fra loro: "Andiamo fino a Betlemme,
vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere".
Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino,
che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò
che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose
che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste
cose meditandole nel suo cuore. I pastori poi se ne tornarono, glorificando
e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era
stato detto loro.
Quando furon passati gli otto giorni prescritti per
la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato
dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.
Otto giorni dopo il Natale, nel primo giorno dell’anno
civile, la Chiesa ha scelto di fermarsi davanti alla madre di quel
bambino e davanti al mondo sempre più bisognoso di pace. Se da una
parte vediamo crescere il desiderio di unione fra alcune nazioni,
dall’altra vediamo accentuarsi scontri e conflitti etnici che mal
si conciliano con l’unione verso cui si è incamminati.
C’è bisogno di imparare a incontrarsi e unirsi lasciando
che ognuno, ogni popolo, possa esprimere la sua identità, la sua
cultura. Ma senza un atteggiamento di interesse per l’altro, di
apertura, è difficile che questo possa accadere: si rischia sempre
che il più forte tenda ad opprimere il più debole.
Il quadro del Natale, con Maria accanto al Bambino posto
nella mangiatoia, e le prime persone che si mettono a cercarlo,
chiamano tutti noi credenti ad imboccare sempre più decisamente
la via della comprensione e del dialogo, una via che scaturisce
da tutto il Vangelo.
La circoncisione che gli ebrei praticano su tutti i
primogeniti – e Gesù stesso viene sottoposto alla circoncisione
otto giorni dopo la sua nascita – richiama a tutti la nostra appartenenza
a Dio, come membri dell’unica famiglia umana.
Solo riconoscendoci tali possiamo lavorare per la pace,
perché venga sempre di più fra gli uomini. Ancora una volta la pagina
del Vangelo di oggi, come già più volte ci è capitato di sentire
in questo tempo di Natale, ci parla di Maria che osserva attentamente
questo movimento di persone e di cuori verso quel bambino che ha
fra le braccia e registra nel suo cuore i vari messaggi che di volta
in volta percepisce. Osserva, riflette, medita e comprende.
Osservare, riflettere, meditare, comprendere: sono verbi
da imparare a coniugare nella nostra vita perché siano vinti i pregiudizi,
le diffidenze, uscendo da precomprensioni che poggiano sulla non
conoscenza degli altri, di quelli diversi da noi.
Con Gesù, il nostro Dio ci ha manifestato il suo volto
nelle sembianze di quel bambino che porta pace se viene accolto:
come ha sperimentato Maria, i pastori e tutti quelli che guardano
a lui.
Non si può essere cristiani e contemporaneamente settari,
antitetici a quelli che hanno una cultura diversa dalla nostra.
Maria con in braccio il bambino si mostra a questa umanità di oggi
e chiama tutti noi a sperimentare la via della dolcezza, della benevolenza,
a imboccare questa strada con la convinzione che questo porta alla
riconciliazione fra gli uomini.
Possa questo spirito di ascolto e di dialogo caratterizzare
la nostra fede e la nostra vita nell’anno e nel millennio che inizia.