parrocchia
san Gennaro all'Olmo
Napoli
"ROM E ROMENI "
spunti di riflessione dinanzi alla presenza dei rom (zingari) in Italia e in Europa

un gruppo di volontari alla cena di Natale con i rom

Alcuni dati sugli zingari possono aiutare a riflettere in modo pacato su quanto è successo nella città di Napoli recentemente.

Una prima precisazione è che rom e romeni non sono la stessa cosa. I rom stanno ai romeni come i nostri zingari (rom anche loro) stanno agli Italiani.

Gli zingari, i rom e gli altri gruppi che portano altri nomi, sono arrivati in Europa dall’India nel Medioevo. In Italia erano già presenti nel XV secolo. Erano calderai ambulanti, più tardi sono diventati commercianti di cavalli. Nell’Europa orientale sono musicisti. Suonano nei matrimoni e nelle altre feste. Alcuni sono diventati grandi interpreti. Ma la gran parte di loro non si è mai assimilata, e nemmeno integrata, né in Italia, né negli altri paesi europei né negli altri continenti dove il loro nomadismo li ha portati: Nord Africa, America. Una parte degli zingari si sono sedentarizzati, ma la gran parte è rimasta nomade. A primavera le loro roulottes riprendono il loro cammino, secondo itinerari noti. Una volta erano carovane tirate da cavalli, ma i percorsi erano gli stessi.

Gli zingari sono ladri, sono pericolosi? Qualche volta sì. Ma il pugno della legge non può essere disgiunto per loro dalla comprensione di un mistero spirituale che da sempre accompagna tutte le “razze maledette” e dal rispetto per i diritti fondamentali dell’uomo.

Anche se Ion Mailat, zingaro romeno, ha ucciso a Roma una donna il 31 ottobre 2007 a Tor di Quinto, non per questo possiamo dire che tutti gli zingari sono assassini. Sappiamo che Mailat ha agito da solo, senza complici, e che il suo atto criminale è stato segnalato alla polizia da un’altra zingara dello stesso campo. Ma questo delitto è diventato, nell’immaginario di molti, il delitto emblematico della presenza dei rom e dei romeni in Italia. Una colpa da punire non sull’individuo, ma sull’intera nazione.

La Comunità di sant’Egidio, in un suo documento dedicato allo stato dei rom romeni in Italia ricorda che negli anni Cinquanta i giudici minorili svizzeri avevano aperto un dibattito sull’alto numero di reati compiuti da minori italiani. Ci si chiese allora, si legge nel documento, se non vi fosse una propensione culturale della popolazione italiana al furto. Una idea avvalorata da molta letteratura europea. Il dibattito si spense appena la popolazione italiana acquisì un migliore status sociale, aprendo negozi e ristoranti e i reati diminuirono, ma gli stessi sospetti si appuntarono subito sui nuovi venuti, portoghesi, poi jugoslavi, infine turchi.

Non sappiamo se i Romeni, rom e non,  arriveranno a migliorare il loro status sociale in Italia, che oggi è spesso marginale, o se, come si ventila, saranno cacciati prima. In quest’ultima ipotesi, non ci resta da chiederci chi saranno i loro successori.

Dobbiamo ricordare che, prima delle decisioni che il governo italiano prenderà, i diritti elementari degli zingari romeni sono già stati violati più volte in Italia. Tra il 2007 e il 2008, a Roma e a Milano e, credo, anche in altre civilissime città italiane, sono state messe in azione le ruspe per distruggere i campi dei rom. A Milano gli zingari, dopo lo sgombero del campo della Bovisasca, sono stati inseguiti e dispersi, e così temo in altre città. Se non fosse stato per la protesta dell’Arcivescovo di Milano, il Cardinal Tettamanzi, la notizia non sarebbe uscita dalle pagine locali dei giornali.

Saremo dunque noi, italiani europei del XXI secolo, i primi a perseguitare un popolo che vive tra di noi da almeno da sei secoli? Viene in mente quanto essi hanno già sofferto nel secolo scorso quando la Germania, nel 1933, li privò di tutti i diritti, poi furono avviati ai forni crematori, dove ne scomparsero circa mezzo milione.

Rom, nella lingua indoeuropea degli zingari, vuol dire uomo. Vengono in mente le parole di Primo Levi: Se questo è un uomo.

a tavola insieme

Dopo gli avvenimenti di Ponticelli, 100 rom sono tornati in Romania, interrompendo un lavoro portato avanti da anni dalla Comunità di Sant’Egidio assieme a due parrocchie del territorio: il lavoro di una vera integrazione con l’inserimento nella scuola dell’obbligo insieme ai bambini napoletani, senza nessun problema.

La parrocchia dei Santi Pietro e Paolo, di Ponticelli, ha voluto documentare con un ampio servizio fotografico, il lavoro bello e importante, che è stato bruscamente interrotto.

Dopo questi fatti, è da sperare che Napoli ritrovi il suo vero spirito di città accogliente, aperta al dialogo, vicina al bisogno dei poveri, una città che riesca davvero ad essere la città di tutti".

Consiglio di visitare il sito della parrocchia dei santi Pietro e Paolo di Ponticelli corredato di numerose foto:

http://www.santipietroepaolo.net/FRATELLI ROMENI.htm