parrocchia
san Gennaro all'Olmo
Napoli
Una madre contro la pena di morte
testimonianza di Tamara Chikunova

Forse non tutti sappiamo dove si trovi l’Uzbekistan, una nazione dell’Asia, che prima faceva parte dell’Unione Sovietica. Adesso l’Uzbekistan è uno degli stati in cui è ancora in vigore la pena di morte. Sulla pena di morte e sulla condizione dei condannati a morte in Uzbekistan in genere qui da noi si sa poco; sui nostri giornali non se ne parla molto spesso; nelle nostre televisioni, così impegnate in programmi futili e così piene di pubblicità, non c’è mai un minuto di tempo per parlare di queste cose.

In questo nostro mondo contemporaneo, che sembra governato dall’informazione, noi spesso non sappiamo niente di quello che succede. E infatti non sapevamo niente dell’Uzbekistan né della condizione dei condannati a morte. Ma nella scorsa settimana è stata a Napoli una signora venuta dall’Uzbekistan che in modo semplice ci ha raccontato la sua storia di questi ultimi anni.

In due incontri, che si sono svolti prima in San Lorenzo Maggiore e poi presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università “Federico II”, la signora Tamara Chikunova, grazie alla Comunità di sant’Egidio e ad Amnesty International, ci ha aiutato a capire qualcosa del nostro mondo: abbiamo sentito come può essere crudele il destino, ma abbiamo anche visto che al male e al dolore, anche al dolore più terribile, si può reagire nel tentativo di evitare che ad altri possa toccare lo stesso dolore.

Nel luglio del 2000, Dimitri Chikunov, che aveva meno di trent’anni, è stato ucciso dopo essere stato condannato a morte per omicidio; Dimitri, che era il figlio di Tamara, si è sempre dichiarato innocente, ma sua madre ha raccontato che lui è stato costretto a firmare una confessione a seguito di una serie di torture fisiche e psicologiche. Con le lacrime agli occhi, ma con una voce ferma, Tamara ha letto a tutti noi l’ultima lettera di suo figlio che così scriveva:

«Ti voglio bene mia cara mammina; se riceverai questa lettera, ti prego di avere cura di te. Questa gente è capace di tutto!! Ti chiedo perdono se non ci dovessimo vedere durante il processo, ricordati che io sono innocente, che io non ho versato il sangue di nessuno!
Preferisco morire ma non permetterò che alcuno ti faccia del male. Ti voglio tanto bene, tu sei l’unica persona a me cara. Ti prego, ricordati di me. Ti abbraccio forte. Tuo figlio Dimitri».

Prima dell’esecuzione della condanna Tamara ha potuto incontrare il figlio per pochi minuti una volta al mese; ma l’ultima volta che è andato da lui non gliel’hanno fatto più vedere; mentre lei aspettava di incontrarlo hanno invece eseguito la condanna e Dimitri è stato messo a morte.

Con la sua testimonianza diretta Tamara dimostra che la pena di morte è un crimine contro la vita, perché è un momento in cui gli uomini decidono della vita o della morte di un proprio simile, innocente o colpevole che sia.

Con la pena di morte inoltre la giustizia umana viene meno al principio secondo cui anche al colpevole di un delitto deve essere offerta la possibilità di espiare una colpa, di correggersi, di cambiare vita: nei paesi in cui c’è la pena di morte, il condannato non può cambiare vita, perché la vita gli viene tolta.

Per di più, come ha raccontato Tamara, può anche accadere che la vita sia tolta a un innocente: infatti i processi non sempre sono infallibili, e la pena di morte rende impossibile qualsiasi revisione o modifica della condanna, perché a un condannato a morte, anche se poi si scopre che è innocente, la vita non potrà mai più essere restituita.

Ma l’insegnamento di umanità che ci ha dato Tamara Chikunova è anche un altro. Dopo la sua terribile esperienza che ha segnato la sua vita, Tamara non si è chiusa nel suo dolore, non si è lasciata andare alla rassegnazione, non ha accettato di essere ridotta al silenzio. Ha invece deciso di far sapere quello che le era successo, ha pensato di rimanere vicina alle tante persone che si trovavano a vivere la stessa tragedia che ha vissuto lei. Perciò, in ricordo di suo figlio Dimitri, ha fondato un’associazione che si chiama “Madri contro la pena di morte e la tortura”: in questo modo fa conoscere al mondo la realtà di paesi in cui esiste la pena di morte, e così riesce in modo pacifico a salvare delle vite umane. Infatti negli ultimi anni con le sue diverse iniziative questa Associazione ha ottenuto che fosse risparmiata la vita a diciannove condannati a morte.

Il messaggio di Tamara è dunque che la violenza è una sconfitta per tutti, e che una riflessione sulla pena di morte può essere un primo passo verso la solidarietà nei confronti di chi soffre, perché come ci ha ricordato Tamara in questi incontri, migliaia di sofferenti ed angosciati attendono la nostra solidarietà e sperano nel nostro aiuto. Pensiamoci ogni volta che senza riflettere, anche in modo superficiale parliamo della pena di morte.

Nicola De Blasi