Appello di pace proclamato
a Palermo

Come pellegrini ci siamo riuniti a Palermo per invocare da Dio, all'inizio del nuovo millennio, il grande dono della pace. Siamo uomini e donne di religioni diverse, provenienti da tante parti del mondo, con l'unico anelito alla pace tra tutti i popoli.

Questo nuovo secolo, già al suo inizio è stato segnato dalla violenza. Molti uomini e molte donne, presi dalla paura per il futuro, si sono lasciati trascinare nella rassegnazione e nel pessimismo. Noi, come uomini di religione e come cercatori di pace, siamo consapevoli dell'enorme potenziale di male che è racchiuso nel nostro mondo. E' facile lasciarsi trascinare dalla violenza, dallo scontro degli uni contro gli altri, dall'opposizione di un mondo contro un altro, dallo scontro di una religione e di una cultura contro un'altra.

Siamo stati raggiunti dalle montagne di sofferenza e di lamenti, a volte silenziosi, di milioni di poveri senza acqua, senza medicine, senza sicurezza, senza cibo, senza libertà, senza terra, senza i fondamentali diritti umani. E conosciamo i rischi di una vita quotidiana segnata dalla paura e dalla diffidenza verso l'altro: il dolore del mondo ci impone di cercare assieme, credenti e non, le vie della pace e della solidarietà.

Il mondo intero ha bisogno di speranza. La speranza di poter vivere con l'altro, la speranza di non essere dominati dalla memoria dei torti subiti, la speranza di costruire un mondo in cui tutti possano vivere con dignità. La globalizzazione non può essere solo la libera circolazione dei beni; deve essere anche globalizzazione della solidarietà, del dialogo, della giustizia e della sicurezza per tutti.

Ci siamo interrogati anche sulle nostre responsabilità di uomini e di donne di religione. Non vogliamo cedere alla tentazione del pessimismo che spinge tanti a chiudersi. Sentiamo ancor più urgente in questo tempo, la necessità di proseguire con decisione la via del dialogo. E' la via per superare la divisione e i conflitti. E' la via per non lasciare il mondo in balia di una globalizzazione senza volto che inevitabilmente diviene crudele. Il dialogo non lascia indifesi: protegge. Non indebolisce: rafforza. Spinge tutti a vedere il meglio dell'altro e a radicarsi nel meglio di sé. Il dialogo trasforma l'estraneo in amico e libera dal demone della violenza.

Nulla è mai perduto con il dialogo. Ed è medicina che cura nel profondo, che libera dalla patologia della memoria, che apre al futuro. A Dio chiediamo di fare crescere nel mondo l'arte del dialogo e del convivere. Il mondo intero ne ha bisogno. Non è il conflitto che salva.

Sappiamo che ci sono coloro che invocano il nome di Dio per giustificare l'odio e la violenza. Noi ancor più solennemente di ieri affermiamo: le religioni non giustificano mai l'odio e la violenza; il nome di Dio è pace. Nessuno può invocarlo per benedire la propria guerra. Solo la pace rende culto a Dio. Il culto dell'odio genera violenza e umilia la speranza.

A chi uccide e fa la guerra in nome di Dio diciamo: "Fermatevi! Non uccidete! La violenza è una sconfitta per tutti! Discutiamo insieme e Dio ci illuminerà!". A chi calpesta l'uomo e il pianeta diciamo: "In nome di Dio, rispettate il creato e ogni creatura! La loro vita è il vostro futuro e la nostra speranza".

Raccolti assieme a Palermo, nel cuore del Mediterraneo, come umili pellegrini di pace, vogliamo dire al mondo intero che nessun conflitto, nessuno odio, nessun rancore può resistere alla preghiera, al perdono e all'amore. Per questo chiediamo perdono e perdoniamo. E Dio trasformerà la diffidenza e la paura in fiducia e amicizia.

Conceda Dio al nostro secolo il dono meraviglioso della pace.