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Napoli
RICORDA CHE QUESTO È STATO

All'alba del 16 ottobre 1943, 1068 ebrei romani vengono portati via, avviati ad Auschwitz. Alla fine della guerra ne ritorneranno solo 17. Nessuno dei 207 bambini deportati è tornato vivo da quel viaggio terribile.

Sono passati più di 60 anni da quel giorno e noi non vogliamo dimenticare. Vogliamo ricordare per rafforzarci in una scelta di solidarietà, perché nessuno venga più preso come capro espiatorio: perché di un'altra religione, o con un altro colore della pelle, perché anziano o solo perché povero o strano.

Erano uomini, donne, anziani, bambini. Dopo cinque giorni di viaggio terribile, giungono ad Auschwitz. Appena arrivati, i più deboli vengono subito mandati a morire nelle camere a gas: erano in 500. Ci fu poi un'altra selezione successivamente.

Delle più di mille persone partite da Roma, rimasero solo 149 uomini e 47 donne avviati ai lavori forzati.

Ricordare tutto questo è importante: perché cose come queste non succedano più, perché impariamo a rispettare gli altri. L'insensibilità a quel dolore diventa facilmente insensibilità a tutti i dolori, estrema debolezza verso il male di oggi e di domani.

Nemmeno oggi possiamo essere acquiescenti alla discriminazione, al male, affermare che gli uomini e le donne non sono tutti uguali.

Viviamo in un mondo difficile e talvolta viene voglia di non vedere e non sapere. C'è bisogno di ricordare e di sperare.

Ha scritto Settimia Spizzichino, una delle sopravvissute ad Auschwitz, recentemente scomparsa:

"Ci sono cose che tutti vogliono dimenticare. Ma io no. Io della mia vita voglio ricordare tutto, anche quella terribile esperienza che si chiama Auschiwitz: due anni in Polonia (e in Germania), due inverni, e in Polonia l'inverno è inverno sul serio, è un assassino ..., anche se non è stato il freddo la cosa peggiore.

Ad Auschwitz si desidera tornare. È come andare al cimitero a portare un fiore e una preghiera. Sul posto parlano le cose, le poche che sono rimaste. Anche se tante cose sono state distrutte".