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Libri Sapienziali - Giobbe
 
 

Lunedì 22 giugno

Sapienza 4,7-19. La morte prematura del giusto

   
 

Il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo.Vecchiaia veneranda non è la longevità,né si calcola dal numero degli anni; ma la canizie per gli uomini sta nella sapienza;e un’età senile è una vita senza macchia.Divenuto caro a Dio, fu amato da lui e poiché viveva fra peccatori, fu trasferito. Fu rapito, perché la malizia non ne mutasse i sentimenti o l’inganno non ne traviasse l’animo, poiché il fascino del vizio deturpa anche il bene e il turbine della passione travolge una mente semplice.Giunto in breve alla perfezione, ha compiuto una lunga carriera.

La sua anima fu gradita al Signore;perciò egli lo tolse in fretta da un ambiente malvagio.I popoli vedono senza comprendere;non riflettono nella mente a questo fatto che la grazia e la misericordia sono per i suoi eletti e la protezione per i suoi santi. Il giusto defunto condanna gli empi ancora in vita;una giovinezza, giunta in breve alla perfezione,condanna la lunga vecchiaia dell’ingiusto.

Le folle vedranno la fine del saggio, ma non capiranno ciò che Dio ha deciso a suo riguardo né in vista di che cosa il Signore l’ha posto al sicuro. Vedranno e disprezzeranno,ma il Signore li deriderà. Infine diventeranno un cadavere spregevole,oggetto di scherno fra i morti per sempre. Dio infatti li precipiterà muti, a capofitto,e li schianterà dalle fondamenta; saranno del tutto rovinati,si troveranno tra dolori e il loro ricordo perirà.

 
 

L’autore continua a dissociarsi dalla comune convinzione che riteneva una benedizione di Dio la vita lunga e un castigo di Dio la morte prematura. Ci sono giusti che muoiono prematuramente ma la loro morte non è una disgrazia voluta da Dio a causa dei loro peccati. In verità è una convinzione che ha attraversato i secoli ed è presente anche ai nostri giorni. Quante volte anche noi non sappiamo darci ragione della morte improvvisa o in giovane età di qualcuno! E ci lamentiamo con il Signore o, peggio, ci allontaniamo da Lui come se fosse il responsabile di quanto avvenuto! Il libro della Sapienza ci aiuta ad andare nel profondo della realtà della vita e della morte, senza lasciarci dominare da preoccupazioni istintive e spesso erronee.

L’invito che ci viene rivolto dall’autore è di considerare la forza dell’amore del Signore che custodisce le sue creature ben oltre la morte. Per di più, il Signore vuole la vita degli uomini e non la loro fine. E se la morte è entrata nel mondo, questo avvenuto a causa del diavolo. È grande invece la protezione di Dio per l’uomo che compie il bene: è “divenuto caro a Dio, fu amato da lui” (v. 10). L’amore del Signore ci avvolge e in una vita buona e nella giustizia noi ci avviciniamo a lui. Egli ci protegge dal male, impedendo che si impadronisca di noi. Per descrivere la protezione di Dio per il giusto, l’autore usa espressioni che sembrano contraddire quanto detto finora: “…poiché viveva tra peccatori, fu trasferito. Fu rapito, perché la malizia non ne mutasse i sentimenti e l’inganno non ne traviasse l’animo…La sua anima fu gradita al Signore, perciò egli lo tolse in fretta da un ambiente malvagio” (v. 14).

In verità, il senso di queste parole sta nella decisione del Signore di non permette che il giusto sia sommerso dal male e lo protegge a tal punto, da portarlo accanto a sé: la morte non ha potuto inghiottirlo con la sua forza, perché egli vive con Dio. Anche la morte è inserita nel disegno di vittoria del Dio della vita. È un mistero che culminerà nella morte e resurrezione di Gesù: il giusto che accoglie, ancora giovane, una morte ingiusta ma che diviene fonte di salvezza. Per questa “obbedienza” Gesù è stato risuscitato dal Padre, divenendo il primogenito dei risorti.