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11Io sono del mio amato e il suo desiderio è verso di me. 12Vieni, amato mio, andiamo nei campi, passiamo la notte nei villaggi. 13Di buon mattino andremo nelle vigne; vedremo se germoglia la vite, se le gemme si schiudono, se fioriscono i melograni: là ti darò il mio amore! 14Le mandragore mandano profumo; alle nostre porte c'è ogni specie di frutti squisiti, freschi e secchi: amato mio, li ho conservati per te.
1Come vorrei che tu fossi mio fratello, allattato al seno di mia madre! Incontrandoti per strada ti potrei baciare senza che altri mi disprezzi. 2Ti condurrei, ti introdurrei nella casa di mia madre; tu mi inizieresti all'arte dell'amore. Ti farei bere vino aromatico e succo del mio melograno. 3La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia. 4Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, non destate, non scuotete dal sonno l'amore, finché non lo desideri.
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Dopo il canto dell’amato risuona ora la voce dell’amata. Due scene raccolgono questo brano, la prima (7,11-14) si svolge all’aperto, nella campagna e tra i villaggi, mentre la seconda (8,1-4) si dovrebbe svolgere nella città, tra le case e nella dimora materna. L’invito dell’amata inizia con la riaffermazione della formula dell’Alleanza, del reciproco ed esclusivo possesso: “io sono del mio amato”. È un possesso che deve consumarsi nell’amore. Lei propone un’escursione primaverile in campagna; dobbiamo quindi supporre che essi si trovino in una città, presumibilmente Gerusalemme: “Vieni, amato mio, andiamo nei campi, passiamo la notte nei villaggi”.
La sua promessa è diretta: “Là ti darò le mie carezze”. È un invito ad una sorta di missione fecondatrice, come a mostrare la bellezza di tale amore. La natura primaverile non solo assiste al loro amore, diviene il frutto del loro amore. Là dove c’è l’amore sorge una nuova primavera, un nuovo eden, un nuovo paradiso. Canta l’amata: “Di buon mattino andremo nelle vigne; vedremo se germoglia la vite, se le gemme si schiudono, se fioriscono i melograni: là ti darò il mio amore!”. E - si potrebbe aggiungere - le viti germoglieranno, le gemme si schiuderanno, i melograni fioriranno. Il profumo dell’amore, dell’amore speciale che c’è tra il Signore e la Chiesa, si espanderà come quello delle “mandragole” e non mancheranno i frutti alle sue porte.
È un’immagine che comprende chiunque abbia fatto l’esperienza della forza straordinaria dell’amore gratuito del Signore: ogni volta che la Chiesa vive di questo amore diviene essa stessa “attraente”: uomini e donne, i poveri soprattutto, si avvicinano perché hanno bisogno di quell’amore. La sposa sembra dire non solo all’amato, ma anche a loro: “Li ho conservati per te”. È un richiamo al passaggio evangelico di Matteo: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare”. Dalla campagna il poeta sposta la scena nella città. Il testo fa supporre una situazione in cui la relazione dell’amata con il suo amato non può essere svelata pubblicamente. Ma vuole amarlo. E desidera che l'uomo sia suo fratello per poterlo baciare in pubblico e in casa ove gli verrebbe offerto “vino aromatico e succo del mio melograno”. Anche tra fratelli e sorelle, sembra suggerire il testo si può e si deve vivere l’amore sponsale del Signore: è un suggerimento all’amore di chi sceglie il celibato e nello stesso tempo al primato assoluto dell’amore per il Signore che deve regnare anche tra gli sposi.
Non conta anzitutto lo “stato di vita”, quel che conta è il primato dell’amore di Dio. Per questo mi pare decisiva l’affermazione che segue: “Tu mi inizieresti nell’arte dell’amore”. È il Signore Gesù che ci insegna ad amare. L’amore non è scontato. Quello del mondo è segnato dall’egoismo e da una mentalità spesso mercantile. L’amore del Signore è diverso da quello di questo mondo: è totalmente gratuito. Più che apprenderlo, dobbiamo riceverlo. Per questo c’è bisogno di entrare nella casa della madre, della santa Madre Chiesa. Qui, Gesù, che ci ha amato sino a dare la sua stessa vita per noi, ci dona il suo Spirito, il suo amore, un amore che non conosce confini, neppure quello della morte. È questo l’amore di cui abbiamo bisogno noi e il mondo.
La Chiesa, all’inizio di questo nuovo millennio, deve riprendere a percorrere, come l’amata del Cantico, le campagne, i villaggi e le città di questo mondo per testimoniare l’amore gratuito del Signore, l’amore che ci salva dalla schiavitù dell’egocentrismo e del materialismo. Questa volta è l’amato che abbraccia l’amata: “La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia”. La forza della Chiesa non è in se stessa, ma in questo abbraccio. Essa invoca ancora: “Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, non destate, non scuotete dal sonno l’amore”. È un’esortazione per noi: lasciamoci amare dal Signore! |