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Lettere di Paolo - Ebrei
 
 

Mercoledì 10 settembre

Ebrei 4,14-16.5,1-10. Gesù, un sommo sacerdote in grado di compatire

   
 

14 Poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, come a somiglianza di noi, escluso il peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.

1Ogni sommo sacerdote, scelto fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. 2 In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza; 3 a motivo della quale deve offrire anche per se stesso offrire sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo. 4 Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne.

5 Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse: Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato. 6 Come in un altro passo dice: Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchìsedek.

7 Egli nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà. 8 Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì 9 e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, 10 essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchìsedek.

 
 


La seconda parte della Lettera si sviluppa ora con un’affermazione tesa a rincuorare i lettori cristiani che stanno vivendo un momento difficile per le forti opposizioni da parte degli ambienti ostili al Vangelo: “Abbiamo un grande sommo sacerdote che ha attraversato i cieli”. È Gesù. Il titolo di “sommo sacerdote”, già dato in antecedenza a Cristo (2,17), viene ora sviluppato in maniera più ampia. La venuta del Figlio di Dio “grande sommo sacerdote” deve rafforzare la fiducia dei cristiani nell’aiuto di Dio. Essi debbono essere certi di essere ascoltati perché Gesù ci comprende, anzi è pieno di compassione per noi e sa presentare a Dio la nostra vita divenuta più dura. Gesù conosce bene le nostre difficoltà e le nostre debolezze perché lui stesso “è stato provato sotto ogni aspetto similmente a noi, tranne il peccato”. La sua compassione per noi nasce dal fatto che egli è venuto ad abitare in mezzo a noi ed ha conosciuto nella sua stessa carne la nostra debolezza. Esente dal peccato, non ci ha disprezzati.
Anzi, ha fatto sua la nostra debolezza per liberarci da essa. Potremmo dire che l’ha compresa dal di dentro. Nella sua compassione, l’ha portata con il suo corpo sino al cielo. Per questo l’autore esorta: “Avviciniamoci con piena fiducia al trono della grazia”. Saremo non solo ascoltati ma anche soccorsi e aiutati da Dio. L’autore inserisce Gesù nella linea dei sacerdoti, che ricevono tale ministero per appartenenza familiare. Non lo pone nella discendenza di Mosè, di Isaia, di Geremia, di Ezechiele e degli altri profeti, ma in quella di Aronne. Gesù è stato costituito come sacerdote, ereditando questo ministero da Dio stesso, da cui è stato generato come figlio. Gesù esercitò il proprio sacerdozio fin da questa terra, “nei giorni della sua carne”, offrendo “preghiere e suppliche, con un forte grido e con lacrime a colui che poteva salvarlo dalla morte”. Assolutamente gratuito fu l’amore di Gesù per noi: “Benché fosse figlio, ha imparato l’obbedienza dalle cose che ha sofferto”.
La compassione è la ragione del mistero d’amore: è venuto tra noi per salvarci. Come ogni sacerdote, è stato “preso fra gli uomini” e “costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati”. Tuttavia, fatto straordinario, Gesù sacerdote, pur essendo immune dal peccato, è solidale con gli uomini peccatori agli occhi di Dio. È l’amore di Gesù, è la sua straordinaria “pietà” ad aprire le porte del cielo a coloro che sono rivestiti di debolezza.